Indice
Introduzione – A volte ritornano
Dopo l’insuccesso commerciale di Pillars of Eternity II: Deadfire, Obsidian Entertainment, recentemente acquisita da Microsoft, aveva molto da dimostrare per riconfermare la propria posizione tra i developer di punta del genere RPG di stampo occidentale. La risposta del team californiano è un ritorno alle origini, in particolar modo al titolo che ha consacrato il loro ingresso a pieno diritto fra le star dei videogiochi di ruolo.
The Outer Worlds, infatti, strizza l’occhio a quel Fallout: New Vegas che molti, me compreso, considerano il migliore dei titoli della saga gestita da Bethesda (escludendo, dunque, i primi due capitoli, sviluppati da Black Isle Studio). The Outer Worlds, infatti, presenta la stessa irriverenza e stile narrativo del Fallout made in Obsidian, simulandone anche le meccaniche di gioco e i temi trattati, ma con una rivisitazione più moderna e un setting completamente diverso.
Il gioco ci catapulta infatti nel bel mezzo della Colonia di Halcyon, un inferno corporativo dove il capitalismo sfrenato regna sovrano, nel quale svariate corporazioni si fanno giornalmente la guerra a vicenda a suon di sfruttamento del lavoro umano, spionaggio, contrabbando, il tutto condito con gli inevitabili gruppi di ribelli il cui unico interesse è uccidere (e depredare dei propri beni) qualsiasi umanoide che si azzardi ad avvicinarsi a loro. Decisamente un posto poco indicato per una vacanza, ma perfetto per un videogiocatore.
Trama – Una Colonia da esplorare
La nostra avventura nella Colonia comincia con Phineas Welles, uno scienziato ricercato dal Consiglio di Amministrazione (da ora in poi Board) della Halcyon Holdings Corporation, irrompere nella nave coloniale Hope, dove migliaia di coloni provenienti dalla Terra sono stati abbandonati in criostasi per motivi sconosciuti. Il bizzarro scienziato riuscirà a risvegliare dal sonno criogenico uno dei coloni (esatto, proprio il nostro alter ego), prima di venire immediatamente localizzato dagli agenti del Board, i quali lo inviteranno ad arrendersi… a colpi di razzi.
Phineas ci spiegherà rapidamente che ha scoperto una formula in grado di risvegliare il resto dei membri della colonia, prevenendo i danni causati dalla criostasi eccessivamente prolungata (80 anni contro i previsti 10), e che necessita del nostro aiuto per riuscire a procurarsi i materiali necessari. Sarà nostro compito aiutarlo nella sua impresa… o consegnarlo al Board.
Dopo questo cappello introduttivo, il gioco ci catapulta (letteralmente, verremo lanciati dalla navetta di Phineas tramite una drop-ship à la Halo 3: ODST) immediatamente a Emerald Vale, sul pianeta Terra 2 (non avrei mai potuto immaginare un nome più corporativo di questo), dove affronteremo il tutorial del gioco e ci approcceremo al distopico vilaggio di Edgewater.
Sin dalle prime battute, The Outer Worlds mostra un’incredibile capacità narrativa: nonostante il titolo made in Obsidian spieghi ben poco di quel che sta succedendo durante la sua introduzione, ha catturato la mia totale attenzione nel giro di dieci minuti, grazie a un sagace utilizzo di dialoghi, temi affrontati e missioni secondarie che, anche quando non sono altro che fetch quest, hanno una capacità descrittiva tale da accalappiare la mente di chi si approccia a questo titolo. Per rendervi le idee più chiare, vi accenno solo alcuni dei temi esposti nel primi trenta minuti di gioco: sfruttamento della forza lavoro, credenze mediche medioevali, religione come strumento di controllo, ogni aspetto psicologico degli abitanti di Edgewater riflette il lavaggio del cervello da parte delle corporazioni, che ha tramutato gli uomini e le donne della cittadina in animali da gregge. Tanto per dirne una: i malati vengono confinati in un lazzaretto e tacciati di essere indegni di cure da parte del resto della popolazione, chi lavora bene, nella mente malata degli abitanti della cittadina, è inevitabilmente sano come un pesce.
Ovviamente esistono realtà di ribellione a questa ordinaria follia e sarete voi, con le vostre scelte, a determinare da che parte penderà l’ago della bilancia. Ci tengo a precisare che, essendo questo un gioco pesantemente story-driven, ho deciso volontariamente di limitare la mia narrazione ai primi minuti di gioco: il sistema solare dov’è situata la Colonia è una location estremamente ampia e variegata, nella quale non faticherete a trovare altre situazioni, altre fazioni, altre folli distopie.
Altro elemento fondamentale del comparto narrativo di The Outer Worlds è, indubbiamente, la propria squadra. Il giocatore avrà infatti a disposizione un vero e proprio roster di compagni, tra i quali potrà sceglierne due (Mass Effect, anyone?) da portare con sé ogni volta che scenderà dall’astronave di cui è capitano, la (un)Reliable. Ogni membro del party ha una personalità ben caratterizzata: non passavo così tanto tempo semplicemente a dialogare con i miei sottoposti dai tempi, per l’appunto, dell’epopea del comandate Shepard.
Non intendo dilungarmi ulteriormente sui membri della crew, in quanto ritengo che siano uno degli aspetti più interessanti dell’intero gioco. Sappiate però che, se state cercando un RPG con NPC così ben caratterizzati da sembrare vivi, state guardando nel posto giusto.
Gameplay – Borderlands? Mass Effect? Fallout? Tutti e tre?
Ricordate il macchinoso gunplay di Fallout: New Vegas, dove il pesante scheletro RPG era piuttosto evidente e dove di FPS c’era ben poco? Beh, dimenticatelo.
Il combattimento di The Outer Worlds scorre liscio come l’olio: rapido, ben calibrato, divertente. Il feeling che ho provato è stato, più o meno, quello di giocare ad un Borderlands, per intenderci. Sono rimasto positivamente sorpreso, inoltre, dall’intelligenza dei nemici: tenteranno continuamente di stanarvi, nel caso vi nascondiate. Al contrario, quello che mi ha lasciato leggermente di stucco è il fatto che, sebbene li renda più intelligenti della media, l’IA dei nemici sia comunque molto poco “umana”: aspettatevi i classici elementi che rendono la difficoltà artificiosa, come una mira perfetta e dei colpi istantanei al vostro personaggio non appena si azzarderà a mostrare mezzo indice fuori dalla copertura, soprattutto a difficoltà Hard (con la quale ho testato questo titolo) e superiore.
Nonostante questi piccoli difetti, tutto sommato i combattimenti in The Outer Worlds mi hanno soddisfatto, anche grazie ad alcune chicche come le abilità d’azione dei nostri companion, che vi permetteranno di applicare condizioni nefaste ai vostri nemici (knockdown, stun, vulnerabilità, etc.) e di prendere un momento di respiro grazie alle scene animate che le accompagnano, oltre all’immancabile bullet-time che tanto famoso rese Fallout, qui riproposto col nome di Tactical Time Dilation.
Questa modalità ci permetterà, infatti, di rallentare il tempo, consentendoci di mirare e spostarci senza ripercussione alcuna. La barra del T.T.D. si esaurirà lentamente finché è attivo, mentre, sparando, ne verrà consumato un quantitativo considerevole, quindi pensate prima di premere il grilletto. Altro elemento simpatico di questa meccanica è la capacità di infliggere crowd control ai nemici, in base alla locazione del colpo e all’arma utilizzata.
Parlando di strumenti di morte, avrete a disposizione una modesta selezione di armi, sia corpo a corpo che a distanza, prodotte dalle varie corporazioni che popolano la Colonia di Halcyon (Borderlands, di nuovo), le quali, siccome sono state realizzate con scarti industriali di scarti industriali, necessiteranno di continua manutenzione per funzionare al meglio. Inoltre, potrete applicare mod in grado di modificare il tipo di danni inflitti da un’arma (plasma, elettrico, etc.), montare mirini, aumentare la capacità del caricatore e quant’altro.
Dulcis in fundo, il sistema di abilità, vera ciliegina sulla torta del gameplay di The Outer Worlds. Il rapporto tra semplicità e profondità dello skill system dell’ultima fatica di Obsidian è, semplicemente, perfetto: ogni abilità viene raggruppata in un albero di appartenenza che, fino al valore 50, permette di far salire contemporaneamente l’interezza del ramo, piuttosto che spendere punti specificatamente in una sola abilità, creando così personaggi molto più bilanciati.
Inoltre, ogni abilità ha degli unlock speciali dopo 20 punti, e così via (40, 60, etc.), che forniranno al personaggio capacità uniche, come, ad esempio, la chance di terrorizzare i nemici in combattimento potenziandone le abilità sociali.
Sono inoltre presenti gli immancabili perk alla Fallout, ma il vero succo delle meccaniche GDR di The Outer Worlds sta nelle skill, ve lo assicuro.
Comparto Tecnico – Sì, ma…
The Outer Worlds utilizza Unreal Engine 4 come motore grafico e, come quasi tutti i primi titoli sviluppati con un engine non familiare alla casa di sviluppo, graficamente parlando mostra alcune incertezze: per essere un gioco pubblicato nel 2019, non aspettatevi un comparto tecnico da urlo. Sebbene sia vero che The Outer Worlds è stato chiaramente sviluppato senza il budget di un tripla A e che, di conseguenza, sorvolerò su alcuni difetti riguardanti una resa grafica non stellare, non posso ignorare alcune pecche: l’ottimizzazione non è un granché, in particolar modo su PC con qualche anno sulle spalle (come ad esempio il mio, sul quale però riesco a far girare a dettagli elevati giochi decisamente più appaganti graficamente); la personalizzazione dei dettagli grafici non è ampia come molti altri titoli ci hanno abituato (sì, se non lo avete capito abbiamo provato la versione PC) e, infine, sembra che la palette dei colori sia stata iper-saturata, eccessivamente.
È comunque un’opera che riesce ad avere uno stile unico, con alcuni punti di forza (come le animazioni facciali), ma si notano immediatamente i limiti di budget che Obsidian ha affrontato sviluppando The Outer Worlds.
Tutt’altra musica è, letteralmente, la colonna sonora: un vero gioiello che unisce vibe western a sonorità da vera e propria orchestra, un connubio che potrebbe sembrare strambo sulla carta ma che, all’atto pratico, rende molto bene, ve lo garantisco
Conclusioni – Come una lama di ossidiana
Al fin della fiera, The Outer Worlds è un piccolo gioiello che merita un posto nella libreria di tutti gli appassionati di GDR in stile Fallout e similari. La qualità della scrittura riesce a surclassare tutti i difetti dell’ultimo nato di casa Obsidian.
I perfezionisti fra di voi probabilmente si lamenteranno dell’IA dei companion, del comparto tecnico e del fatto che il gunplay, sebbene sia anni luce avanti ad altri titoli dello stesso genere, sia carente paragonato a titoli come Borderlands, oppure della ridotta longevità in confronto ad altri giochi di ruolo moderni (circa 40 ore) ma, a mio avviso, le sensazioni che The Outer Worlds è in grado di evocare in un appassionato di RPG sono assolutamente irripetibili, senza considerare che stiamo parlando di una nuova IP che, spero, ha ancora molto da dare alla community videoludica.
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