Pubblicato il 13/02/18 da Riccardo Trillocco

The Fall Part 2: Unbound

L'accompagnatrice, il soldato e il maggiordomo
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Il progetto The Fall nasce nel 2013 dalla mente brillante di John Warner, il quale, dopo aver lavorato alla componente artistica di giochi di successo quali Company of Heroes e Warhammer 40.000: Dawn of War II, decide di mettersi in proprio e di fondare Over The Moon, una software house indipendente con sede a Vancouver. Essendo una piccola realtà, si rivolge al crowdfunding, scegliendo di utilizzare Kickstarter per farsi conoscere dalla community e racimolare finanziamenti.
È così che nel settembre 2013 viene lanciata la campagna per la raccolta fondi di The Fall, un action-adventure a scorrimento orizzontale a tema fantascientifico. Tale campagna riscuote da subito uno strepitoso successo, tanto da riuscire a raccogliere, a fronte dei 17.000 richiesto, ben 38.155 dollari canadesi, ovvero il 224%. Fin dall’inizio, nella mente dell’autore, The Fall viene concepito come una trilogia, tanto che, già dai primi giorni della campagna, tra le varie ricompense è presente: “The Trilogy – All three episodes of The Fall when they are completed, Plus inclusion in the credits as a backer“. Il 30 maggio 2014 The Fall viene lanciato sul mercato, inizialmente per PC, Mac e WiiU, per poi approdare su PS4 e Xbox One nel luglio 2015. Il titolo ottiene da subito un buon successo di pubblico e il plauso della critica, tanto da vincere il premio “Best Story”, assegnatogli dal portale americano Giant Bomb nel 2014. Ma, come ben sanno gli appassionati di musica, “il secondo album è sempre il più difficile”: vediamo quindi se il secondo capitolo di questa ambiziosa saga sci-fi è riuscito a tener fede alle aspettative.

The Fall Part 2: Unbound inizia esattamente dove terminava il suo predecessore. Siamo chiamati a impersonare A.R.I.D. (Autonomous Robotic Interface Device), un’intelligenza artificiale installata su una tuta da combattimento Mark-7, che, nel corso del primo capitolo, era stata incaricata di tenere in vita il suo ospite, il Colonnello Josephs, e di proteggerlo dai pericoli dopo un brusco atterraggio su un pianeta sconosciuto. Chi ha giocato il primo episodio sa a quale destino è andata incontro A.R.I.D. alla fine del suo viaggio, ma, non volendo precludere una bellissima esperienza a quelli tra voi che non lo avessero fatto, mi limiterò a dire che si è ficcata in una situazione dalla quale in pochi riuscirebbero a uscire con tutti i circuiti al loro posto.
In questo seguito la minaccia è rappresentata da un misterioso Utente, che sembra voler porre fine all’autonomia e alla coscienza delle intelligenze artificiali, introducendo un virus volto a disabilitarle tutte.

La storyline, come pure quella del primo capitolo, è estremamente avvincente, e rispecchia un tipo di fantascienza sociologica che, più che porci di fronte a tecnologie aliene o a viaggi spaziali, solleva quesiti estremamente complessi riguardanti, ad esempio, l’autocoscienza, il rapporto uomo-macchina o la singolarità tecnologica. Ma non fatevi spaventare, il tutto è raccontato attraverso dialoghi brevi ed estremamente avvincenti, che trasudano un senso dell’umorismo molto particolare, di un’intelligenza e di un acume che raramente ho riscontrato in questo ambito. Per contestualizzare il tutto, immaginate un racconto scritto a quattro mani da Philip K. Dick e Isaac Asimov, magari dopo una puntata al pub sotto casa.

Per quanto riguarda il gameplay, a un occhio distratto questo secondo capitolo, come il suo predecessore, potrebbe sembrare uno tra i tanti metroidvania usciti negli ultimi anni. Tuttavia, pad alla mano, il gioco si rivela essere una declinazione piuttosto moderna del genere “avventura grafica”: navigando tra i vari livelli a scorrimento orizzontale infatti potremo, attraverso la semplice pressione del dorsale posteriore sinistro, far sì che ARID (che in questo seguito ha perso i punti di interpunzione all’interno del nome, ma non vi svelerò il perché) illumini l’ambiente circostante con un fascio di luce che evidenzierà i punti di interesse con cui potremo interagire. L’interazione si rivelerà fondamentale per risolvere i moltissimi enigmi che dovremo affrontare, i quali rappresentano il vero cuore del gameplay. Rispetto alle vecchie avventure grafiche non sarà possibile combinare oggetti, ma vi assicuro che l’assenza di questa caratteristica non semplifica affatto le dinamiche di gioco, visto che l’inventario dinamico (estremamente user friendly), oltre agli oggetti, può contenere anche gli stati d’animo, aumentando esponenzialmente le possibilità per arrivare alla risoluzione degli enigmi, tutti piuttosto difficili.

Non mancano i riferimenti al primo episodio.

Tra un enigma e l’altro non mancano fasi spiccatamente action ma, come nel primo episodio, sembrano inserite più per alternare il ritmo di gioco che per una reale esigenza di gameplay. Rispetto al primo capitolo, a variare ancora di più la formula, è stato introdotto il salto, utilizzabile sia durante i combattimenti che nelle fasi di esplorazione, ma rimane sempre l’impressione che l’autore  prediliga nettamente la parte narrativa del pacchetto.
La vera novità di questo seguito però è un’altra, ed talmente rilevante da far sfigurare il predecessore nel confronto diretto: l’introduzione di tre nuove intelligenze artificiali che il giocatore potrà controllare. Come ricorda il sottotitolo, “Unbound” (“senza restrizioni“), ARID può infatti interfacciarsi con tre differenti unità, ognuna con una precisa funzione all’interno del mondo di gioco. Questa caratteristica è una vera e propria rivoluzione rispetto al primo capitolo, sia in termini di gameplay che dal lato strettamente narrativo. La protagonista si troverà così a interagire con un maggiordomo, un’accompagnatrice e un soldato chiamato Uno. Ognuno di essi ha un background e una storia ben definiti e, per completare le varie fasi che li vedranno protagonisti, dovremo fare un uso abbondante del pensiero laterale. Inizialmente sarà possibile utilizzare un solo personaggio per volta ma, da un certo punto dell’avventura, potremo alternarli in qualsiasi momento: è allora che The Fall 2 spicca definitivamente il volo.
Ognuno di essi è programmato con delle subroutine, che lo rendono il robot ideale per svolgere una determinata funzione. Il maggiordomo è quindi estremamente servizievole, dotato di una parlata forbita, e nulla può distoglierlo dallo svolgere i compiti per cui è stato creato: portare il tè al suo padrone (rigorosamente Earl Grey) e imbellettare la sua padrona.

E poi dicono che il tè faccia bene.

L’accompagnatrice invece nasce per compiacere gli uomini di una nave spaziale, mezzo su cui si trova l’Utente, la misteriosa entità che ha diffuso il virus che ARID sta cercando di debellare. Inizialmente confinata in un angusto ripostiglio, l’accompagnatrice passa il suo tempo in attesa che un membro dell’equipaggio la chiami nella sua stanza per, beh, soddisfare i propri istinti corporali. Se già questo non vi sembra il massimo della vita, pensate che la poveretta viene anche vessata continuamente dal comandante della nave, il quale ritiene che la presenza a bordo di una escort, anche se robotica, sia destinata a portare a un’inevitabile deriva morale.

Comunque migliore della mia ragazza immaginaria.

Tra un maggiordomo costretto a compiere le stesse due azioni all’infinito e un’accompagnatrice umiliata nonostante faccia letteralmente di tutto per rendere felice l’equipaggio della sua nave, forse quello che se la passa meglio è Uno. Si tratta di un soldato-robot iperavanzato, dotato di un algoritmo che gli permette di sviluppare tecniche di arti marziali sempre nuove, che  vengono poi caricate all’interno degli altri automi. Peccato però che la sua vera ossessione sia proprio il voler essere un individuo unico: tra una mossa di Ju-Jitsu e una di Jeet Kune Do, Uno dipinge, ascolta musica classica e pratica meditazione spirituale… è difficile conservare la propria identità quando si è circondati da migliaia di individui identici a noi.
Se utilizzando il maggiordomo e l’accompagnatrice le differenze rispetto alle fasi in cui si utilizza ARID sono perlopiù estetiche e nel tono dei dialoghi, con Uno viene introdotta una nuova meccanica. Tra un enigma e l’altro verremo attaccati dai Molti, gli automi destinati ad apprendere da Uno le tecniche di arti marziali e programmati per distruggere qualsiasi cosa si avvicini loro. Questa dinamica viene declinata nel gioco come una sorta di incrocio tra un picchiaduro e un rhythm game, con Uno al centro dello schermo e i suoi nemici che arrivano dai due lati. Il tutto si risolve attraverso la pressione di due tasti, uno per colpire a sinistra, l’altro per colpire a destra. Per quanto sia una dinamica piuttosto basilare, si tratta di un piacevole diversivo e, man mano che si avanza nella storia, vengono introdotte nuove tipologie di nemici, alcuni da colpire due volte, altri che sono in grado di cambiare lato. Tutto è inoltre condito da un abbondante uso di slow-motion e zoomate, che contribuiscono a rendere molto coreografici questi intermezzi.

Uno guarda disgustato gli altri robot, intenti ad assimilare le sue tecniche.

Sviluppato con Unity, dal punto di vista tecnico The Fall Part 2: Unbound non fa certo gridare al miracolo, ma, rispetto al suo predecessore, risulta molto più vario, specialmente dal lato cromatico. Se nel primo episodio la palette utilizzata era quasi esclusivamente cupa e opprimente, in questo seguito lo spettro di colori a schermo è ben più ampio, grazie anche all’ottima intuizione di differenziarlo a seconda del personaggio in scena, tecnica che ho già visto applicare nel mondo del cinema. Le parti in cui si utilizza ARID sono cupe e tendenti al blu, mentre quelle con il maggiordomo vedono predominare il color seppia, quasi a voler comunicare austerità e una sorta di effetto “foto invecchiata”. Le parti con l’accompagnatrice hanno come colori predominanti il rosso e il rosa confetto, che rievocano una lussuria e un’allegria in netto contrasto con la vita triste a cui la povera robot viene costretta. Quando il nostro alter ego è Uno a farla da padrone è invece il verde militare e, dato che il robot è un soldato, non credo ci sia bisogno di ulteriori spiegazioni.

Il vero punto forte dell’intera produzione, oltre all’eccellente livello di scrittura e all’intelligenza e varietà degli enigmi proposti, è però il sonoro, e in particolare il voice acting. A dare voce ad ARID ritroviamo la bravissima Alison Kumar, che regala un’altra interpretazione magistrale. L’accompagnatrice è doppiata da Starlise Waschuk, anche lei molto efficace nel donare personalità alla povera robot. Nel ruolo di Uno Lee Majdoub, eccellente nel fornire un’interpretazione volutamente monocorde. Ma il vero fuoriclasse è Caleb Allacas, perfetto nel personaggio del maggiordomo, in particolare nella parte finale del gioco, veramente da applausi. Anche gli effetti sonori e le musiche sono di buon livello, e il tema principale è molto orecchiabile, tanto che spesso mi sono ritrovato a canticchiarlo inconsciamente. Il titolo è doppiato in inglese e sottotitolato in italiano.

Poverina, è convinta di trovarsi in una SPA, un esempio del macabro umorismo presente in The Fall 2.

Concludendo, The Fall Part 2: Unbound è l’esempio perfetto di come vada sviluppato un seguito: migliora sensibilmente ogni meccanica introdotta nel primo episodio, risponde a tutte le domande lasciate in sospeso, aumenta esponenzialmente la longevità introducendo tre nuovi personaggi giocabili ed è un netto passo avanti anche dal punto di vista tecnico. Certamente non può essere apprezzato da ogni tiplogia di giocatore, e alcuni enigmi sono un po’ contorti, tanto da avermi portato a usare il vecchio espediente dell’avventuriero, il “prova tutto su tutti”.
In ogni caso è innegabile che si tratti di un titolo riuscito sotto tutti gli aspetti, e mi sento di consigliarlo, oltre ovviamente agli estimatori del primo episodio, a chiunque apprezzi tematiche come l’evoluzione della società umana, l’esercizio del libero arbitrio, l’invasività della tecnologia e il concetto di unicità… il tutto permeato da un notevole senso dell’umorismo.

Che vi piaccia o meno, state pur certi che dopo aver completato The Fall Part 2: Unbound non guarderete più il led lampeggiante del vostro robot da cucina con gli stessi occhi.

  • Quattro personaggi giocabili
  • Migliora il suo predecessore in tutto
  • Longevità notevole
  • Un Kickstarter che mantiene le promesse

 

  • Fasi action dimenticabili

Doppiaggio eccellente

Black Humour

Atmosfera

Tematiche profonde

Maggiordomo

trillo81 - Biografia

È passato da Basketball per Atari 2600 al 4K HDR in soli 38 anni. Crede che il gioco più bello sia sempre quello che deve ancora iniziare ed è fermamente convinto che, come tutte le tendenze transitorie del web, le biografie in terza persona siano destinate a sparire. Aiutatelo ad azzeccare questa profezia iniziando col non leggere la sua.

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