Non è da poco che i fan di One Piece Chiedevano a gran voce qualcosa di diverso da un musou, il problema principale è che l’ultima risposta alle loro richieste fu One Piece: World Seekers, risposta che forse era meglio tenersi.
One Piece Odyssey risponde a quelle richieste in maniera decisamente più convincente, consegnando al pubblico un titolo sì pieno di fan service, ma che ha addirittura un gioco carino dentro. Pazzesco.
One Piece Odyssey: trama, gente, Oda e macguffin
La Sunny procede tranquilla nella sua navigazione quando all’improvviso, una sorta di knock up stream (vi ricordate Skypeia?) sbalza in alto la nave facendola precipitare su una strana isola apparentemente inaccessibile: Waford.
Waford è un’isola piena di tecnologia, ma la natura ha ormai divorato quelle che sembrano le vestigia abbandonate di una civiltà avanzatissima. Gli unici due abitanti sono Aldio, un avventuriero anch’egli naufragato tempo addietro e Lim, una ragazzina che sembra odiare i pirati in modo viscerale, sorta di macguffin su gambe che servirà da punto di partenza vero e proprio dell’avventura.
In che senso macguffin su gambe? Beh, la storia di One Piece Odyssey è originale, scritta da Oda e, ovviamente, non in continuity con il manga. Come ambientazione temporale siamo all’incirca tra Whole Cake e Wano, guardando poteri e taglie della ciurma a inizio gioco. Come si comincia quindi un jrpg nel quale la gente è già fatta e finita? Easy, la si risbatte a livello uno: Lim, che come abbiamo detto odia i pirati, possiede il bizzarro potere di trasformare ricordi e abilità in cubi, abilità che usa sull’intera ciurma facendogli letteralmente dimenticare come si usano le proprie abilità.
Il nostro compito sarà, indovinate un po’? Andarcene dall’isola e nel frattempo recuperare la nostra forza.
Problema: i cubi più grandi, quelli con dentro le skills, sono in possesso dei colossi elementali sparsi sulla mappa di Waford, colossi che non solo dovremo far fuori, ma per poter riassorbire il relativo cubo ci toccherà rivivere le avventure del passate basate sui ricordi dei membri della ciurma.
Lim, tramite il suo potere, ci farà rivivere alcuni dei più importanti archi narrativi di One Piece, con qualche cambiamento ad arte basato sulla scusa di essere ricostruzioni di ricordi.
Devo dire di aver trovato lo scusone narrativo abbastanza banalotto all’inizio, ma dopo aver visto com’è stata gestita la storia di base mi sono ricreduto: le ricostruzioni sono interessanti e le reazioni dei personaggi alle vicende che gli si ripresentano davanti parecchio coerenti. Il “remake” della famosa scena della Merry a Water Seven è spaziale. Davvero.
Ma c’è un ma.
Restando in tema di trama e gente… troppi dialoghi. Troppi dialoghi inutili e troppe camminate per arrivare da un dialogo inutile all’altro. Lasciamo da parte il fatto di dover allungare in qualche modo il brodo, cosa della quale tra l’altro non c’è bisogno perché i contenuti ci sono, l’esplorazione c’è, i collezionabili da raccogliere anche, ma è lo spezzettamento a farmi impazzire.
Già stiamo parlando di un gioco di ruolo a turni, non la cosa più fulminante dell’universo visto che già, sfiorando ogni nemico visibile su mappa, parte la scena di combat, ma se ci metti anche il fatto che ogni 2 minuti di camminata qualcuno si mette a parlare spezzando ulteriormente l’azione… EHW.
Tolto questo è un tripudio di fan service a tutto spiano e si vede che ILCA ci ha messo davvero il cuore.
One Piece Odyssey: ah ma questa roba è a turni
Sì, One Piece Odyssey è un rpg a turni, lo dico perché giuro di aver letto gente che se lo è comprato senza saperlo a quanto pare e poi è andato a piangere sotto il profilo di Namco dicendo “ah, ma questa roba è a turni, che palle, a saperlo”. Non dico che sarebbe bastato un video, ma un’immagine.
Comunque… andiamo avanti.
Così come la storia, anche il combat system non si distacca molto dal mood del titolo “questo gioco è di One Piece, facciamolo vedere tutto”.
Parte il combattimento, i nostri 4 personaggi in frontline saranno più o meno casualmente divisi in varie zone, così come i nemici da affontare. Ogni personaggio potrà contare su un attacco base che, sempre a seconda del personaggio, sarà meele e potrà colpire un nemico nella propria zona o ranged e potrà colpire qualsiasi nemico in qualsiasi zona.
Poi ci sono gli attacchi speciali, sempre di varie tiplogie:
- Singolo meele
- Singolo ranged
- aoe meele (colpisce tutti i nemici nella propria zona)
- aoe ranged (colpisce tutti i nemici in qualsiasi zona)
- aoe a tutto campo (colpisce tutti i nemici in tutte le zone)
Non c’è mana per gli attacchi speciali, ma punti tecnica che si ricaricheranno semplicemente eseguendo attacchi normali, tra l’altro a un ritmo serratissimo: con due o tre attacchi normali si ricaricano tranquillamente tutta la barra in modo da permetterci davvero di spammare tutte le abilità della ciurma.
Le distanze e i gruppi non saranno le uniche cose da tenere in considerazione durante i combattimenti. Col fatto che forse, alla fine, il gioco di maggior successo del brand di One Piece è il gatcha per smartphone, ILCA ha pensato bene di inserire qualche meccanica del genere anche qui. Rufy e co. sono infatti divisi in 3 classi: forza, velocità e tecnica, con il classico sistema di debolezze e resistenze circolare (forza batte velocità, velocità batte tecnica e tecnica batte forza).
Non è tutto un One Piece quello che luccica
Sembra parecchia roba da tenere a mente, ma non è così, anzi. Il difetto principale di One Piece Odyssey è l’essere davvero troppo facile per tutta la sua durata, ma non è l’unico difetto del titolo purtroppo.
Chiariamo, è un bel titolo, c’è poco da dire: soddisfacente, divertente, benchè facilotto, ma qualche angolo da smussare sicuramente c’è e quasi tutti gli angoli portano all’esplorazione.
Allora: le varie mappe, da Waford ai ricordi, sono imballate di frammenti di cubi per potenziare le abilità e collezionabili vari, da consumabili a pezzi di storia eccetera eccetera blabla già sapete. Ogni personaggio ha un’abilità esplorativa peculiare: Robin scova scritti antichi sepolti, Sanji ingredienti rari, Zoro abbatte cancelli e barili di ferro, Nami trova i soldi nascosti, Usopp spara ai nidi per far cadere oggetti e via dicendo per ogni membro della ciurma. E poi c’è Rufy.
Rufy si aggrappa a punti di ancoraggio distanti per saltare i precipizi, Rufy raccoglie i collezionabili a distanza, Rufy è imprescindibile in qualsiasi momento del gioco. Questo a cosa vi fa pensare? Beh, al fatto che qualsiasi cosa succeda tocca scambiare Rufy con qualcun’altro per fare un’azione e poi tornare a Rufy.
Sono 2 pulsanti eh, non stiamo parlando di Genshin Impact dove per attivare un altarino elementale bisogna passare da 4 schermate per cambiare squadra, ma in un gioco dove, come scritto poco sopra, il difetto narrativo peggiore è lo spezzettamento, qua si aggiunge un tassello.
Detto ciò, se siete fan del manga di Oda e vi piacciono i jrpg anche solo alla lontana, è un titolo assolutamente da avere: divertente, parecchio longevo e piacevole da vedere al netto di qualche texture ripetuta alla nausea, soprattutto per quanto riguarda il parco nemici, molto spesso semplicemente ricolorati, ma non è na roba poi così fastidiosa dai.
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