Pubblicato il 06/03/15 da Neko Polpo

Dying Light: buona notte e buona fortuna

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“Sono trascorsi pochi giorni e non faccio altro che correre. Se qualcuno mi avesse chiesto cosa sarebbe potuto andare storto da un semplice lancio con un paracadute avrei risposto “Niente, l’ho fatto miliardi di altre volte”. E invece continuo a ripensare a quanto una frazione di secondo possa sconvolgerti la vita, totalmente. Come uno sberla potente ricevuta con una violenza inaudita.

Sono trascorsi pochi giorni e non riesco a togliermi il sapore della terra, della polvere e del cemento che ogni volta ingoio quando per un pelo riesco ad afferrare un cornicione, un tetto o una lamiera. Il sapore ferruginoso del sangue mi ricorda che tutta la fatica non la sto impiegando solo per gli altri, ma anche per la mia pelle. Il senso di dover lottare contro la morte certa, la fatica, le lacrime e le false speranze di chi tenta di sopravvivere mi stanca mentalmente, mi esaurisce, mi stordisce, mi rende vulnerabile. Ma è proprio in quei momenti che trovo la forza per guardare le mie mani ormai piene di graffi, di unghie spezzate e di calli duri come l’acciaio. Le stesse che come strumenti mi portano sempre più in alto. Le stesse che preparano inevitabili oggetti di morte, le stesse che donano carezze di speranza e che gesticolano vani tentativi di accordo e disaccordo.

E con l’affanno, il sudore e la stanchezza, non faccio altro che correre. Correre per sperare di sopravvivere fino all’alba, correre per vedere quei pochi bambini giocare nelle aree sicure, correre per essere parte di un disegno più grande: quello della sopravvivenza.

Correre, saltare, correre, saltare, correre, uccidere, saltare, rubare, mentire, piangere, gridare, soffrire.

Se qualcuno mi avesse chiesto cosa sarebbe potuto andare storto da un semplice lancio con un paracadute, oggi avrei risposto “Se qualcosa di brutto accade, prega di morire in fretta. Ma se il destino decide di lasciarti in vita, fa che sia importante”.

Al sole tutto questo non importa. Continua a tramontare così come continua a sorgere, e ciò che mi fa più rabbia è che il cielo rimane lo stesso per tutti. E l’ironia più grande è quella racchiusa in questa città, nella sua essenza: un’area così vasta e così altrettanto morta, che allo stesso tempo è maledettamente viva. Viva, per così dire. Sono Kyle Crane, ero un agente del GRE che se la passava bene, con il suo lavoro rischioso ma ben pagato. Ed oggi, sono soltanto un numero, uno dei tanti sopravvissuti che corrono, corrono e corrono. Ma per quanto io possa correre niente mi permette di fuggire dalla più grande minaccia che il mondo abbia mia visto, che adesso scorre nel mio sangue.”

La ballata dell’Isola Morta. Morta a causa di complicazioni tecniche.

Techland ormai sa il fatto suo. Quando qualche anno fa presentò al mondo il suo ambizioso progetto chiamato Dead Island, colse i media di sorpresa: l’impresa titanica di narrare la storia di un manipolo di turisti, intrappolati nel mezzo di un’infezione zombie di proporzioni epiche con meccaniche FPS / RPG era veramente tanta roba sul piatto.

La salivazione si faceva sempre più cospicua con il passare dei mesi e le anticipazioni di certo non rendevano l’attesa meno tediosa: quando Dead Island vide luce fu chiaramente l’esempio di come una trovata a dir poco geniale potesse irrimediabilmente essere minata dalla stessa ambizione con la quale fu partorita. Per intenderci, non sto dicendo che il titolo fu una delusione colossale, ma il sistema pensato per questo titolo riscontrava problematiche tecniche non da poco, come problemi all’inventario e alle missioni, salvataggi che avevano il vizio di auto distruggersi e corrompersi, giocabilità non sempre liscia e pulita bensì colma di sbavature, di collisioni assurde, di fisica pazzerella e ballerina.

Ma dal canto suo ci donava lo spettacolo di un’isola tropicale, di una città enorme da visitare e scoprire ove razziare tutto l’impensabile. Dalle piscine alle case private, dai residence miliardari al settore più povero: tutto era a portata di mano e tutto aspettava solo di essere vissuto, scoperto, ammirato e apprezzato, condito da una modalità cooperativa online a dir poco eccezionale ma non infallibile, anch’essa con il suo bel bagaglio di disastri tecnici.

Dead Island Riptide cercò di sistemare il grosso dei problemi del primo episodio migliorandolo praticamente sotto ogni aspetto, settando il livello al quale gli zombie games dovevano fare riferimento. Tornano alcuni personaggi visti nella precedente storia, viene migliorata la grafica, l’isola risulta ancora più bella di prima e ci sono molte più cose da fare. Tutto fantastico, ma alcuni problemi rimasero gli stessi e quindi anche lì, onestamente, la situazione poteva passare rapidamente da “vivo una vita alternativa in un posto dove probabilmente non metterò mai piede” a “ora disinstallo tutto e appicco il fuoco agli hard disk”.

Insomma, in parole povere, il fiore all’occhiello dei due titoli era soltanto uno: il suo carattere. Immenso, tropicale, assolato, ricco di cose da fare e posti da vedere. Una semplice passeggiata sulla spiaggia vi poteva rilassare tra teste mozzate e forzieri da scassinare con la stessa semplicità con la quale era possibile montare su un’auto con quattro amici e impostare mete inesplorate. Dying Light, invece, cosa ci propone? Se già i due giochi precedenti avevano detto un po’ tutto sulla questione zombie games, poteva Techland innovarsi a tal punto da rendere i precedenti sforzi solo un ricordo, di quelli che ti lasciano il sorriso sulla bocca, ma al quale non torneresti? In soldoni la risposta è: .

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Uno scorcio dei bassifondi di Harran dalla prima base a vostra disposizione, la torre di Brecken.

Harran: benvenuti nella città delle Olimpiadi 2014!

Il problema principale dei precedenti titoli era uno: il Chrome Engine. L’engine che muoveva il gioco era potente e di certo si prestava a questa tipologia di titoli: tuttavia nonostante due episodi, mostrava chiaramente che  per risolvere molti dei problemi principali occorreva correre di nuovo alla scrivania e riscrivere molte delle sue parti nella speranza che stavolta tutto avrebbe funzionato decentemente.

Il Chrome Engine 6 che muove Dying Light risolve tanti orrori del passato, appoggiandosi ad un sub-engine per la fisica chiamato, in maniera molto originale, Chrome Engine 4. Con l’integrazione della suite Nvidia Gameworks stavolta si rifà il trucco: entrano in gioco il Depth of Field dinamico e l’occlusione ambientale HBAO+, coadiuvati da effetti grafici in post-process per lo più odiati ma molto cinematografici, come la grana pellicola (Film Grain) e l’aberrazione cromatica (Chromatic Aberration) che rendono i toni vagamenti seppia di Harran leggermente più belli da vedere. Presenti mappature ambientali dinamiche, rifrazione delle luci e delle ombre proiettate allo stesso modo, dinamiche appunto, così come una cura enorme nel dettaglio della città, delle sue mille sfaccettature. Che siano interni, sempre realizzati con una cura eccellente dove niente è lasciato al caso o che siano spazi aperti quali laghetti, parchi, scogliere o grattacieli la direzione artistica è sempre di altissimo livello, sempre giusta e pertinente, mai troppo esagerata ne troppo esuberante.

Gli effetti atmosferici come nebbia, pioggia e tempeste sono realizzati con grande cura e vanno ad influire pesantemente su tutto l’aspetto grafico: cambiano così i toni e i colori, appaiono pozzanghere che riflettono l’ambiente circostante, il nostro punto di vista sarà soggetto alla pioggia e a veri e propri bagni di sangue, che spesso porteranno la nostra visuale a zero. Anche il sole fa la sua parte, abbagliandoci quando si leva o quando tramonta, simulando l’adattamento dell’occhio umano a fonti eccessive di luce e a zone di completa oscurità, rapidamente cambiando l’apertura focale quando si passa da una all’altra. I raggi solari troveranno la via naturalmente tra le fronde degli alberi (God Rays), tra lenzuoli e tendaggi, tra vetri e recinzioni, proiettando in tempo reale le loro forme sul terreno così come illumineranno le polveri, il fumo e gli insetti, osservabili anche di notte con la torcia.

Il doppio lato della medaglia si trova nella rappresentazione del benessere e della povertà, nei cieli ricchi di storni di uccelli e avvoltoi, descrivendoci anche un aspetto sociale ed economico che troppo spesso è comodo ignorare: la prima porzione dell’avventura prenderà vita nei bassifondi, un posto a metà tra lo sviluppo socio-economico e la desolazione mista a disperazione dei quartieri, simili alle Favelas Brasiliane, che la circondano.

Lontanto da essa, si erge la Città Vecchia, accessibile dalla seconda metà dell’avventura che di vecchio porta solo il nome, probabilmente dovuto dall’impronta pseudo-medievale storica sulla quale si erge. Trovano spazio hotel lussuosi, emittenti televisive e radio, negozi all’avanguardia e un’architettura urbana moderna e accattivante, seppur mista ad un aspetto architettonico che sembra fondere in se diversi stili e influenze come il Vittoriano, il Rinascimentale e l’Arabo Persiano (dettagli che si è vincono anche dalle armi che troverete, che spaziano da spadoni medievali a kopesh egiziani).

La percezione che si ha nel vivere e trascorrere del tempo nella città di Harran passa dall’eccitante alla depressione più totale rapidamente: l’infezione sembra essere esplosa, violentemente, proprio nel momento di maggior spicco ed esposizione mondiale in quanto si ospitavano le Olimpiadi del 2014, secondo la story line. Non sarà una novità infatti incontrare bus per turisti e delle relative squadre, così come gli stessi partecipanti ormai diventati zombie ambulanti (mordicarne, come li chiama il gioco) privi di ogni assetto cognitivo ma ricchi di un grande appetito. E come tutte le buone storie che si rispetti dovremmo fare i conti con un certo Rais Suleiman, il cattivone di turno che sta piegando le speranze e le fazioni di sopravvissuti al proprio volere forte di una potenza militare ben armata. Il perno centrale della vicenda è l’Antizin, farmaco ritardante che consente, appunto, di ritardare fino a quando è possibile somministrarlo con cadenza regolare la mutazione in zombie per chi è stato morso, monopolizzato in grandi quantità da Rais stesso ed usato come oggetto di ricatto per soddisfare le proprie richieste.

Va detto che ho gradito moltissimo che Techland abbia optato di farci giocare il ruolo di un agente che parte come uno pseudo eroe infallibile, per finire immediatamente con i guai fino al collo perché viene morso proprio nelle fasi iniziali. Qui va a dipanarsi la figura del solito eroe, di quelli che non devono chiedere mai, l’uomo con il gene della cura nel sangue, come tutti si aspetterebbero e come accadde nei Dead Island, o quello capace di resistere ad ogni possibile danno subito. Invece no, vestirete i panni di un uomo che diventerà un runner per necessità, mentre conduce un doppio ruolo di agente e di spia nel vano tentativo di salvarsi la pelle e di dare qualche speranza in più alle persone che incontrerà sul suo cammino.

Dying Mirror’s Light Edge.

Ciò che rende diverso questo gioco dai precedenti zombie game è la sua meccanica principale, vero e proprio fulcro del gameplay: il parkour. Via le grandi strade ricche di automobili da guidare con le quali scorrazzare in compagnia, entrino in campo tetti, cornicioni, palazzi e capanne, poiché questo sarà il vostro personale playground. Il nostro protagonista può sprintare, saltare, arrampicarsi e continuare a farlo purché il moto non si interrompa, e per fare ciò ci torneranno utili le abilità divise in tre rami: Sopravvivenza, Forza e Agilità. L’esperienza si ottiene facendo tutto, anche semplicemente saltando da tetto in tetto, evitando zombie o sfuggendo dagli inseguimenti.

25 livelli a disposizione per ogni ramo di abilità racchiudono 23 perk da sbloccare con 1 punto esperienza ciascuno, che chiaramente viene attribuito al raggiungimento di una certa soglia di punti: ad esempio a livello 12 sarà possibile sbloccare il rampino, oggetto praticamente vitale nel corso dell’avventura che, se unito ad altri perk, ci consente letteralmente di fondere il parkour a vere e proprie sessioni di volo, in puro stile supereroe come Superman, Spider-Man e Batman.

Correre per centinaia di metri mentre si salta, si schiva e si rotola spesso può essere intramezzato da veri e propri salti della fede in stile Assassin’s Creed, che potranno essere ammortizzati da una caduta su cumuli di sacchi d’immondizia usati come materassi per le cadute. Oppure, con l’ausilio del suddetto rampino, continuare la vostra corsa semplicemente gettandovi nel vuoto da un grattacielo di 20 piani agganciando un cornicione o un tetto alla portata del rampino: il limite sarà soltanto il vostro campo visivo, la fantasia e i percorsi che possono essere intravisti nell’orizzonte la vostra via di fuga. E così, oltre che contare sulle vostre abilità e oggetti, vi sarà possibile sfruttare anche l’ambiente circostante come teleferiche di fortuna create tramite l’ausilio di cavi telefonici o di corrente, tendaggi e tetti di automobili sul quale atterrare o posti di blocco, strisce chiodiate e trincee acuminate come vere e proprie armi ambientali sul quale impalare i malcapitati tramite un sonoro calcio o spintone.

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Le automobili, così come altri ritrovati, possono fungere sia da armi che da momentanei mezzi di distrazione, specialmente durante la notte.

La bellissima sensazione che restituisce è proprio quella che ho citato prima, ossia il sentirsi come il buon vecchio Spidey, che fa sua la città sia a livello aereo che terrestre: e in quei brevi ma intensi frangenti sentirsi intoccabile, inattaccabile, immortale. Permettetemi di affermare che se un titolo restituisce tutto questo ad ogni singola sessione che affronterete è una cosa a dir poco magistrale, specialmente alla luce del fatto che tutto è implementato in maniera a dir poco eccellente, omogeneo, fluido, con un flow naturale.

Techland ha rischiato grosso allontanandosi dai criteri e dai clichè degli FPS / RPG visti fino ad oggi implementando un gameplay che ruota attorno a questa disciplina bellissima che è il parkour: spesso il gioco sembra vendicare l’eccellente lavoro svolto da DICE proprio con Mirror’s Edge con una certa rabbia, poiché nessun altro titolo rese giustizia ad una fluidità e padronanza tale del personaggio. E di pari passo questa meccanica ci restituisce una punizione pesante: sbagliate l’aggancio di un salto, magari per la troppa arroganza nell’affrontarlo, e vi sarà fatale. Il succo della questione sarà una lezione che il gioco tenterà di insegnarci da subito: pianificare, correre e evadere.

I mordicarne, ossia gli zombie in salsa Dying Light, sono degli esseri che vagano senza meta, spesso nutrendosi dei loro stessi esemplari, fondamentalmente deboli e lenti, ma assicuratevi sempre di mantenere una certa distanza tra voi e loro: spinti da un’istinto famelico e animale sapranno sopraffarvi in gruppo, con balzi in avanti spesso all’apice della loro poca forza residente nelle carni dilaniate dal virus (nel caso fallissero l’attacco, cadendo goffamente a terra), che nonostante tutto risulteranno quasi sempre fatali. Pochi morsi e potrebbero seriamente mettervi al tappeto, uccidendovi e sottolineando quanto il nostro personaggio sia debole, quasi a smontare l’ennesimo clichè che vede l’eroe principale dotato di una resistenza sovraumana, da una barra di energia che a fatica scende o che si ricarica da sola.

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Il Marcio è una sorta di tank dotato di una forza spaventosa, che può attaccare da solo o accompagnato da altri zombie. Come detto, cercate di stargli lontano almeno che non siate sicuri di abbaterlo.

Sebbene ci sia un accenno di auto healing, vi sarà solo marginalmente utile: Techland infatti ha pensato di trasformare il livello critico di energia in uno pseudo affanno, accompagnato da un sonoro battito cardiaco, vista offuscata e sfinimento. Vi trascinerete pertanto lentamente, affannati, incapaci di difendervi e di correre, fino a quando con la dovuta distanza quel breve auto healing vi donerà di nuovo il “fiato” per continuare a tenere il passo e, magari, rimandare una morte sciocca: con questa trovata geniale sarà necessario, come accennato, imparare l’arte dell’evitare gli scontri in aree affollate sfruttando il più possibile scappatoie a terra o aeree; fuggire non sarà più una questione di codardia, ma piuttosto l’unica arma a vostra disposizione, oltretutto con il pulsante del salto sarà possibile schivare in tre direzioni, tecnica che vi tornerà molto utile se padroneggiata a dovere in quanto sarà la base per aggirare grossi gruppi di mordicarne lenti e poco avvezzi ai cambi rapidi di direzione.

Nella città saranno disponibili trappole da utilizzare che tramite i livelli di abilità potranno diventare più efficaci: con lo stesso ritmo, troverete nuovi schemi e ricette per costruire in tempo reale nuove armi utilizzando le infinite risorse che troverete in tutta Harran, che siano esse vegetali (come erbe, funghi velenosi, alghe acquatiche) o di altri materiali, come nel caso di armi da taglio o da fuoco.

Altra sostanziale differenza con Dead Island è l’assenza del banco da lavoro: se avrete con voi i giusti componenti da utilizzare, in base alla ricetta, potrete fonderli con un’arma in vostro possesso per crearne una più potente in qualsiasi momento. Ogni arma creata può essere equipaggiata con dei Modificatori, che andranno a migliorare sostanzialmente i campi durevolezza, maneggevolezza e danno dell’arma in questione, così come ogni arma inutile può essere smontata per ricavarne oggetti o può essere abbandonata, per essere raccolta in caso da un’altro giocatore in sessione. La modalità coop fino a quattro giocatori è leggermente diversa da altri titoli simili: il giocatore partecipante non avanzerà nella storia, ma fungerà da supporto. Tutti i materiali, le armi, i livelli e gli oggetti trovati, così come alcune tipologie di side missions come lo sgombero delle aree infette, saranno aggiornati nella partita del partecipante. La storia principale e alcune quest invece non lo saranno (ve ne renderete conto da un’icona di un floppy disk sbarrata da una X rossa, posta di fianco al nome della quest), costringendo gli altri giocatori a proseguire per conto loro e all’occorrenza chiedere aiuto ospitando la partita a loro volto.

Come in Dead Island, le armi non hanno un uso illimitato. Così come si è scelto di rendere più realistico e umano possibile il fisico del nostro personaggio agli attacchi, lo stesso si applica ai nostri arnesi da guerra: si deterioreranno con facilità, anche colpendo semplici muri e inferiate, e si danneggeranno con la stessa facilità con le quali le brandirete. Vi sarà concesso di ripararle usando i pezzi di metallo da un minimo di zero volte ad un massimo di quattro: vengono utili a questo fine alcune abilità che vi permetteranno di riparare le armi senza far decrescere l’indicatore di riparazioni disponibili, seppure soltanto per poche volte.

Dovrete pertanto abbracciare l’idea che presto abbandonerete la vostra fidata arma che con tanto sforzo vi siete costruiti, magari aggiungendo proprietà intossicanti e elettriche. Come il senso e l’idea dietro tutto il gioco, anche i vostri strumenti rientrano nel messaggio generale che Techland tenta di trasmettervi: non affezionatevi troppo a ciò che avete e a chi incontrate, perché tutto, brutalmente, avrà una fine. Spesso molto prima di quanto vi aspettate.

Good Night and Good Luck.

Il dualismo notte e giorno è dettato dallo scorrere, secondo un clock interno del gioco, con tanto di orologio e comunicazioni varie da parte degli NPC, del tempo: tramite i rifugi, che precedentemente vanno “sterilizzati” per così dire, vi è possibile riposare e far trascorrere del tempo in modo da pianificare strategicamente la prossima mossa, ma anche cambiarvi d’abito e gestire l’inventario.

Strategia, anche questo un’aspetto vitale del titolo. Sebbene alcune missioni siano espressamente richieste di essere portate a termine di notte, l’oscurità di per se è qualcosa che va assolutamente evitata almeno per una buona porzione del gioco, e non temete che il titolo, la storia e i personaggi vi faranno sempre presente di quanto questo aspetto non debba essere sottovalutato. Gli abitanti della notte si differenziano dai mordicarne standard, che saranno comunque presenti, perché sono molto più potenti e di specie diverse. Gli Oscuri tendono a insidiarsi in luoghi bui anche di giorno, creando veri e propri nidi che col progredire della storia vi verrà chiesto di far saltare in aria. Gli infetti che generalmente appaiono durante il giorno solo in presenza di rumori troppo forti, di notte saranno presenti in gran numero e spesso si muoveranno insieme a branchi di zombie standard, rendendo la cosa ancora più difficile di prima. Questi nemici sono tendenzialmente sovradimensionati in quanto a potenza: sono capaci di uccidervi con due colpi soltanto, ma saranno anche evitabili. Sulla mini mappa vi sarà possibile tenere sotto controllo i loro coni visuali, in modo da raggirarli e in caso tenervi al sicuro.

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Mezzi della polizia, ma anche auto civili, contengono spesso armi e oggetti di valore. Di lato potete ammirare una palizzata di spuntoni utile per effettuare un controllo folla un poco più violento.

Agire di soppiatto è un buon metodo per non farvi notare, come sarà utile allo stesso modo tenere la torcia spenta: sfruttando l’istinto di sopravvivenza che può essere usato tramite un apposito pulsante, Crane farà una scansione dalla portata limitata dell’ambiente circostante mettendo in risalto oggetti con i quali interagire, ma anche la silhouette dei nemici più temibili che appariranno di una arancio acceso. Questa abilità sarà con voi da subito così come la torcia, e si rivelerà utile specialmente quando esplorerete la città, che sia in free roaming o nelle missioni, al fine di visualizzare oggetti e collezionabili che  potrebbero facilmente sfuggirvi nella ricca Harran.

Oltre alla notte, come se non bastasse, la situazione può farsi più difficile a causa degli agenti atmosferici che abbiamo descritto nella parte tecnica: la pioggia può passare da una leggera spruzzata ad una vera e propria tempesta ricca di tuoni che rischiarano il cielo e il vostro cammino, rendendo la visuale ancora più bassa poiché le gocce andranno a inondare il vostro viso, rendendo l’esperienza più complicata e confusionaria seppur realistica. Ma gli stessi agenti atmosferici possono essere usati a proprio vantaggio, come sappiamo la pioggia è un buon conduttore di elettricità: pozze d’acqua stagnante nel quale nuota un cavo elettrico o semplici armi con proprietà elettriche saranno drammaticamente più efficaci e letali e se sfruttate con intelligenza, saranno ottime alleate nelle battaglie. Taniche di gasolio riverse a terra o bombole del gas possono funzionare benissimo da pozze col quale infiammare i nostri nemici a bombe di fortuna che deflagrandosi attireranno una maggiore concentrazione di infetti.

Come la pioggia ci sarà anche nebbia, specie al mattino, così come giorni di nuvolosità eccessiva e di cieli blu. In tutto questo si nota l’immensa cura da parte di Techland nel proporre una situazione di quanto più possibile vicino alla realtà, spalleggiata dal sublime ciclo notte e giorno, che è capace di rafforzare ulteriormente il carattere e l’ambientazione nel quale vi troverete in questa pseudo vita parallela.

Come detto in precedenza le trappole saranno utili anche durante la notte e subiranno una leggera variazione: ad esse saranno collegate delle lampade ultraviolette (ne avrete in dotazione anche una voi, insieme a razzi di segnalazione ultravioletti da creare ed usare, così come un’altra dozzina di altri strumenti che variano da shuriken esplosive a coltelli da lancio e granate) che con un sistema di suoni che variano da semplici clacson a radio sveglie, prima attraggono e poi friggono le carni dei nemici più temibili che saranno attratti dal rumore. La tecnica del rumore può tornarvi utile poiché essendo la “popolazione” attratta da esso, può fungere da diversivo, consentendovi di risparmiarvi la pelle e attrezzature.

Di notte i punti esperienza valgono doppio così come i punti forza: a voi sta decidere se affrontare pertanto l’oscurità nel tentativo di arrivare all’alba e incassare un cospicuo ricompenso, oppure riposare nei rifugi e ottenere così un semplice bonus di sopravvivenza.

The Neverending Quest and the Sound of the death.

Le quest si suddividono in quelle primarie, in quelle secondarie, nelle sfide e nelle missioni di scorta. Quest’ultime avvengono random e nei posti più impensabili: anche avendo terminato il titolo mi sono imbattuto in gente da aiutare, magari posizionati in ambienti o sezioni della mappa che per qualche motivo non avevo esplorato a fondo. In questo senso il gioco premia il giocatore che esplora, incuriosito dalla città e dalla sua estensione, con missioni spesso divertenti, esilaranti e originali, senza risparmiare purtroppo la futilità di alcune di esse.

Le secondarie sono molto varie, spesso più interessanti delle principali, e ci richiedono di fare letteralmente di tutto: dalla consegna dei medicinali al reperimento di specifici oggetti, giusto per citarne alcune. Allo stesso modo le sfide saranno di livelli incrementali e ci verranno affidati da personalità spesso stravaganti, e andranno a coprire il combattimento, l’agilità e la sopravvivenza, come le tre abilità. Al completamento di un albero di sfide, verremo cospicuamente ricompensati.

Gl incontri casuali si suddividono in gente da aiutare perché momentaneamente sopraffatta, ad esempio, da un gruppo di zombie o possono consistere nel reperimento delle casse di provviste che verranno continuamente paracadutate dal governo tramite C-130, che sarà possibile osservare in cielo al fine di capire grossomodo dove atterrerà il carico.

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I rifornimenti aerei verranno paracadutati in tempo reale e vi sarà possibile notare l’aereo e la sua probabile zona d’atterraggio.

Se saremo rapidi ci sarà possibile razziare completamente il contenuto e consegnarlo ai fornitori sparsi nei rifugi (i quali ci ricompenseranno con una larga quantità di punti esperienza, materiali e oggetti), ove saranno presenti anche i venditori che accetteranno soldi in cambio di elementi, oggetti e armi. Se non lo saremo, le forze militari di Rais conquisteranno per un tempo limitato la zona d’atterraggio dei rifornimenti e ci toccherà sgomberarla, uccidendoli, per reperire circa il 50% del contenuto iniziale (e vorrei dirvi che combattere gli umani non ha niente a che vedere con gli zombie e può diventare rapidamente un problema in quanto possono schivare, parare e attaccare in gruppo o con armi da fuoco, con risultati che immaginerete).

Harran dopotutto era viva e prosperosa nei suoi ultimi istanti di splendore e l’infezione, esplosa con una rapidità mostruosa, ha gettato immediatamente la città e la sua popolazione nella desolazione: reperire soldi e oggetti di valore non sarà difficile e spesso scassinare automobili della polizia o ambulanze porterà sempre ad un cospicuo bottino, pertanto la moneta di scambio rimarrà sempre e comunque il dollaro, ad eccezione di alcuni oggetti che verranno richiesti (e quindi ben pagati) da alcuni fornitori, come a significare che durante la vostra avventura la vita va avanti su un binario tutto suo. La meccanica dello scassinare bauli o porte di per se è copiato di sana pianta da Skyrim: anche qui si usano grimaldelli ed è necessario trovare la giusta angolazione per ruotare così la nostra chiave di fortuna ed accedere al contenuto di bauli, armadietti o semplicemente stanze e abitazioni. Si usa anche la stessa impostazione di visuale, la stessa meccanica e la stessa rappresentazione. È una copia bella e buona, ma è funzionale e dopo tutto non dispiace affatto.

Come detto poc’anzi nelle prime patch il gioco ha ricevuto anche l’inclusione di due zone di quarantena, insieme a quelle già disponibili, da sgomberare: tali zone funzionavano da contenimento per la fase iniziale dell’infezione, come spiegato in abbondanza dalle note e dai collezionabili sparsi nel gioco, nascondendo al proprio interno provviste mediche in abbondanza. Giocate con altri utenti, partirà una sfida a chi trova, per primo, il maggior numero di provviste mediche: l’esito comunque sia sarà sempre quello di una cospicua ricompensa in denaro e in esperienza, che va a sommarsi a tutto ciò che sarete in grado di trasportare al di fuori della zona.

Riguardo l’aspetto sonoro del gioco posso dirvi che siamo di fronte ad una localizzazione completa, con attori di discreta fattura che spesso e purtroppo interpreteranno più di un ruolo: tuttavia Crane è doppiato in maniera magistrale, non è mai forzato e risulta molto carismatico e naturale. Ogni linea di testo, compresi gli incontri casuali o le semplici chiacchierate di sottofondo, è totalmente doppiato: è interessante notare come Crane commenti, brevemente, la missione che state affrontando (purché sia primaria) durante le schermate di caricamento, un tocco ben accolto e dalla riuscita fenomenale. L’audio ambientale si assesta su livelli di eccellenza, pochi titolo hanno raggiunto una complessità tale: la città risulta viva, si odono in lontananza gli aerei, cigolii e porte cadenti, impalcature che tremano e tendoni e tessuti violentemente mossi dal vento, così come è possibile semplicemente ascoltare il vento tra gli alberi, tra le foglie e i cespugli, le onde che si increspano e che si infrangono sugli scogli. Giocato con delle buone cuffie che permettono l’uso della tecnologia Dolby 5.1 l’esperienza diventa qualcosa di eccellente e di immersivo.

Conclusion: the life of a runner.

Potrei andare avanti ancora e ancora, ma se siete giunti fino a qui mi auguro quantomeno di avervi trasmesso la ricchezza e la grandezza di questo titolo. Techland ha creato un vero e proprio colosso difficile da superare e sconfiggere: porta a livelli mai visti prima la creazione di una città virtuale ricca di ogni cosa, accompagnata dallo scorrere del tempo, da fattori ambientali e dalla vostra insistente battaglia per la sopravvivenza.

L’avventura si estende a livelli altissimi in termini di tempo: per completare completamente il gioco con tutte le sue side quest e incontri casuali sono richieste sicuramente più di 50 ore, e posso personalmente attestarne la veridicità: giocato in coop con un’altro giocatore (che vestirà comunque i panni di Crane, mossa studiata per non interrompere il senso della storia) fino ad un massimo di 4 vi sarà possibile attuare delle mini sfide come la ricerca del bottino più prezioso o il raggiungimento di un posto specifico, incrementando ulteriormente il tempo e elevando, pertanto, il gameplay a livelli ancora più alti di quello che è già di base.

Il gioco non è esente da problemi: ancora oggi dopo 4 patch uscire e rientrare dal titolo, almeno su pc, può portarvi al non riconoscimento della partita salvata facendovi rischiare un infarto. È un bug stupido, in quanto vi basta fare una pausa di qualche secondo e rilanciare il gioco per ritrovare i vostri progressi al punto giusto. Le performance anche su sistemi che vanno oltre i requisiti ottimali sono altalenanti, si notano cali di framerate (ma non eccessivi, nell’ordine di 2 o 4 fps) e un leggero micro-stutter, problemi che comunque risultano in parte migliorati grazie proprio alle ultime patch.

La modalità Be The Zombie vi consente di indossare  i panni di una bestia notturna che può entrare nelle partite reali tramite matchmaking, un po’ come succede con Evolve e Left 4 Dead, nella speranza di uccidere altri giocatori umani e donando al titolo un tocco cattivo e da bad guy che vi regalerà ore di divertimento. È una modalità simpatica che aggiunge quel pizzico di novità che non dispiace affatto, ed è anche ben realizzata partendo dalla base solida del sistema parkour che fa da perno a tutto il titolo.

Tralasciando questi problemi, che possono essere tranquillamente sorvolati, ci troviamo davanti ad un titolo che merita senza ombra di dubbio tutto il tempo che strapperà dalla vostra vita sociale e i soldi dal vostro portafogli: l’acquisto del Season Pass è obbligatorio in quanto Techland è già in procinto, proprio per la fine di marzo, di rilasciare altri due DLC, che vanno ulteriormente ad incrementare l’estensione del titolo.

Fatelo vostro senza pensarci due volte e gustatevelo fino in fondo: Techland ha centrato appieno il suo obbiettivo e lo ha fatto con grande stile. Resterà da vedere quanto Dead Island 2, ad opera di Yager, sarà in grado di spodestare questa perla degli zombie game e sarà anche interessante vedere il raffronto tra i due, dato che si gioca totalmente in casa. Magari un probabile Dying Light 2 potrebbe benissimo prendere forma come un MMO sulle note di titoli più blasonati, purché mantenga intatto tutto il lavoro svolto sul primo.

Da parte mia è tutto, scusatemi che devo assolutamente raccogliere alcune provviste che ho visto essere paracadutate proprio adesso. A voi vi auguro buona notte e buona fortuna.

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