Introduzione – Galeotto fu Svilupparty
Svilupparty, Bologna, era un sabato di maggio nel 2015 quando, grazie ad alcune conoscenze nel team di sviluppo, venni a conoscenza di Dry Drowning, la visual novel italiana che ho completato appena prima di scrivere queste righe, mentre ancora mi asciugavo le lacrime e attendevo che il brivido passasse, nonostante fosse tutt’altro che freddo.
OK, sto esagerando (forse), ma nulla toglie che quello che ho giocato nella scorsa settimana fosse, in parte, quello che avevo visto quattro anni fa, ma i miglioramenti ci sono stati in questi anni, nonostante le premesse fossero già buone ai tempi.
Trama – Come lacrime nella pioggia
È chiaro che quando si parla di una visual novel qualsiasi elemento ludico passi, relativamente, in secondo piano in favore di una cosa ben più importante, ovvero la narrazione. Potremmo avere per le mani una visual novel innovativa, con le migliori meccaniche di gameplay mai ideate per il genere, ma senza una trama quantomeno decente a supportarle il castello di carte crollerebbe in pochissimo tempo, facendo sprofondare il giocatore nella noia, cosa che con Dry Drowning non succede.
Il contesto è molto più vicino a noi di quanto si possa pensare, o almeno è lo specchio di come la nostra società potrebbe diventare in futuro: un regime totalitario imperversa da anni a Nova Polemos, distopica città europea totalmente isolata dal mondo esterno dove si svolge la trama, e il razzismo è comune tra i suoi abitanti. In questa melma ci sguazzano gli investigatori privati Mordred e Hera, i protagonisti, i quali avranno a che fare con una serie di omicidi ispirati alla mitologia greca architettati dal famigerato Pandora, serial killer che cinque anni prima ha rovinato la loro carriera.

Ma non sono tanto la scrittura e i temi trattati (seppur molto profondi entrambi) ad avermi convinto, quanto più la struttura della narrazione. Mi spiego meglio: di tanto in tanto, tra un interrogatorio al sospettato di turno e l’indagine della scena del crimine, capiterà che accada un evento particolarmente cruciale e starà a noi decidere come comportarci di conseguenza; questi momenti sono simili ai classici tizio si ricorderà della tua scelta, un tempo marchio di fabbrica delle avventure TellTale, solo che stavolta ho sentito davvero il peso delle mie scelte, ho visto davvero cosa le mie scelte hanno causato, non solo alla mia storia personale, conclusasi con uno dei vari finali che il gioco offre, ma anche al mondo di gioco.
Aggiungiamo a tutto questo un cast di personaggi variegato e ben scritto, che in più di un’occasione mi ha instillato un’empatia assurda, un’ambientazione cyberpunk noir ben congegnata ed evocativa ed il nostro cocktail è pronto, e che cocktail.
Gameplay – Who are you? I am you, but darker
In redazione mi hanno chiesto di descrivere il gameplay di Dry Drowning varie volte e la mia risposta è sempre stata la stessa: è Ace Attorney, ma è sempre l’ultimo caso del secondo gioco.
Chi conosce la saga di Capcom sa di cosa sto parlando e quindi può capire il perché del titolo di questo capitolo: il gameplay, appunto, è molto simile all’avventura legale dell’uomo del Giappone, ma è supportato da una trama molto più scura, come già ho scritto, con le varie meccaniche (e gli asset che le accompagnano) che seguono l’atmosfera generale del gioco. Niente lucchetti psichici quindi a farci capire che la persona davanti a noi sta mentendo, ecco che compaiono delle grottesche maschere d’animale a sostituirli, le quali si sciolgono ad ogni bugia letteralmente smascherata.

Il gameplay quindi non brilla per originalità ma si adatta egregiamente al contesto e indagare sui casi, smascherare i bugiardi, risolvere gli enigmi (ben strutturati tra l’altro, né troppo difficili ma nemmeno troppo facili) e prendere decisioni di vitale importanza non annoia, anzi, richiede attenzione e sangue freddo in certi casi.

Forse l’unica cosa che ho trovato fuori posto durante la mia avventura era lo stile scelto per il puntatore del mouse, perfetto per le fasi investigative, molto meno per le altre; meno male che il team di sviluppo ha ascoltato i feedback e l’ha sostituito con un puntatore meno invadente in tempi molto brevi, il che mi ha fatto godere al meglio l’ultima parte del gioco.
Comparto Artistico – Scale di grigi e neon
Altro lato molto importante per una visual novel è quello artistico, il quale dona unicità all’opera, e Dry Drowning trasuda unicità da ogni pixel. Ho apprezzato l’accostamento tra gli artwork in bianco e nero dei personaggi e i colori al neon degli sfondi: all’inizio temevo creassero una discordanza troppo marcata, che potesse infastidirmi, invece mi sono dovuto ricredere. Ogni personaggio inoltre risulta unico e ben caratterizzato anche dal lato artistico, con alcuni design notevoli (Mordred su tutti).

Ho apprezzato anche la colonna sonora, con i suoi pezzi al pianoforte messi lì apposta per farmi scendere le lacrime nei momenti giusti, anche se avrei apprezzato qualche synth qua e là, per replicare l’accostamento noir/cyberpunk presente nel lato grafico; in ogni caso, Dry Drowning si difende bene pure musicalmente.
La luce alla fine del tunnel – Conclusioni
Dry Drowning è l’opera prima che non ti aspetti, quell’indie sviluppato quasi totalmente da persone al loro primo approccio alla programmazione, persone dalle quali uno strafalcione magari te lo aspetti e saresti anche pronto a perdonarglielo, vista l’inesperienza, e invece no, si impegnano e ti sfornano un manicaretto mica male, certo non perfetto, certo non un pilastro del genere, ma delle ottime fondamenta per il futuro di Studio V.
Date una possibilità a questa visual novel che, grazie alla trama, ai temi trattati e a uno stile artistico unico brilla al centro del panorama indie italiano.
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