L’idraulico italiano dai bei baffoni nel 1996 spopolava più che mai. L’uscita di Super Mario 64 su Nintendo 64 aveva letteralmente fatto impazzire i videogiocatori dell’intero globo terrestre, con i suoi meravigliosi mondi tutti da esplorare e ricchi di segreti da scoprire che per la prima volta si presentavano in un fantastico quanto futuristico 3D. Il gioco del secolo aveva sconvolto e spaccato mascelle a grandi e piccini.
Questa è una storia che tutti i videogiocatori con un po’ di cultura di base conoscono, la quale però nasconde un risvolto che ai più è probabilmente sconosciuto.
Nintendo negli anni ’90 aveva lavorato con Argonaut Software – gli sviluppatori del chip Super FX per le cartucce SNES, che permetteva alla console di renderizzare una rudimentale grafica 3D – alla realizzazione del primo capitolo di Star Fox. Entusiasti da questa collaborazione che sarebbe dovuta proseguire negli anni, la software house inglese propose alla grande N un pitch dettagliatissimo per sviluppare un innovativo titolo in tre dimensioni con Yoshi come protagonista. Shigeru Miyamoto, con garbo ma con l’orgoglio tipico del popolo giapponese, rifiutò l’offerta, dato che nessun titolo in 3D con l’idraulico baffuto era mai stato internamente neanche concepito e di certo non poteva essere uno studio esterno ad occuparsi di un progetto così grande quanto rivoluzionario.
Qualche tempo dopo questo particolare avvenimento, Super Mario 64 e le sue splendenti centoventi stelle fecero il loro trionfale debutto e molte delle meccaniche che presentava erano, secondo alcune voci, identiche a quelle ideate da Argonaut per il progetto dedicato a Yoshi.
E in seguito ad una cessata collaborazione tra i ragazzi di Londra e la casa videoludica di Kyoto, l’opera incentrata su Yoshi venne rivista da zero da Nic Cusworth e il suo team e diventò quello che è conosciuto al secolo come Croc: Legend of The Gobbos.
Il titolo targato Argonaut era quindi di fatto lo stesso gioco che era stato proposto a Nintendo ma con protagonisti e luoghi tutti originali e ideati interamente. Nonostante la grande N avesse inferto loro questo duro colpo, i ragazzi non si erano arresi e imperterriti avevano dato forma ad un loro progetto, rendendolo totalmente personale e frutto della loro creatività, in barba a chi aveva scosso la testa davanti alle loro proposte.
Tutta questo lunga premessa per rispondere ad una domanda che mi è capitato di vedere spesso girare per il web in questo periodo: ma perché proprio una remastered di Croc?
Le risposte in realtà sono due: la prima che è i suoi creatori lo amano ancora alla follia, tanto da essersi ricongiunti per riportarlo in vita dopo aver chiuso i battenti della loro software house vent’anni fa esatti. La seconda è che Croc: Legend of the Gobbos, al di là di tutti i suoi difetti e del suo essere meno accattivante rispetto ad uno Spyro o ad un Crash Bandicoot, è il cadavere da cui Nintendo si è ispirata per la creazione di uno dei suoi successi planetari.
Un cadavere però, che nonostante l’epiteto ben poco lusinghiero, risplende di potente luce propria e che sul finire del millennio riscosse un buonissimo successo, entrando di prepotenza nella collana Platinum, ossia tra i titoli bestseller in Europa della prima Playstation e arrivando ad avere, un paio di anni dopo, un seguito a lui dedicato, oltre ad una serie di spin-off di cui pochi hanno memoria.
Detto ciò, non mi resta che spiegarvi quali sono le ragioni per cui Croc: Legend of The Gobbos è ancora divertentissimo da giocare oggi, elencando anche tutte le novità introdotte da questa preziosa edizione remastered.
Una storia e un gameplay tipici del genere ancora godibili ad oggi
Croc è un coccodrillino appena nato quando viene trascinato dalle correnti impetuose su un isolotto abitato dai Gobbos, piccole e adorabili creaturine pelose con grandi occhioni che lo crescono con amore e come fosse un loro simile. L’idillio si spezza però nel giorno in cui i Dantini e il loro capo, il temibile Barone Dante, arrivano sull’isola e la conquistano, imprigionando tutti i Gobbos in fredde gabbie di ferro. Risoluto nel salvare i suoi amici, Croc parte all’avventura con il suo fidato zaino di pelle in spalla deciso a sconfiggere colui che ha rapito i suoi cari e gli ha strappato con forza la sua vita felice.
Questa è la semplice – quanto tipica per il genere – premessa con cui il titolo e si apre e che vedrà il coccodrillo affrontare un totale di 45 livelli, suddivisi in 5 mondi che rappresentano cinque biomi differenti, tra cui una isola ricoperta di neve e un’altra popolata da lava e sabbia a perdita d’occhio. All’interno di ogni stage ci saranno Dantini da eliminare, minati dalle solite hitbox imprecise che non sono state corrette, tante piattaforme su cui saltare, ma soprattutto sei Gobbos e cinque gemme colorate da trovare. Ritrovare tutte le creaturine pelose sbloccherà dei veri e propri livelli a parte in cui in ciascuno sarà possibile trovare un pezzo di puzzle (chissà che anche una certa Rare non si sia ispirata a Croc…) e una volta che li avrete raccolti tutti vi daranno accesso al quinto mondo finale e al vero finale del gioco.
Le gemme invece vi permetteranno di aprire una porta onnipresente, che reca il loro disegno sulle ante e che vi permetterà di raggiungere una zona extra in cui vi sarà una sfida aggiuntiva da affrontare per portare in salvo l’ultimo Gobbos dell’area.
Croc: Legend of The Gobbos è però anche un maestro nell’ingannare il giocatore, sia grazie al design “puccioso” di tutte le creature che incontrerete – boss inclusi – ma soprattutto in merito alla facilità delle prime fasi. Il primo mondo di gioco è infatti paragonabile ad un allegra passeggiata in campagna, che già dal secondo però si tramuta in una scampagnata in un bosco irto di rovi, dato che la difficoltà aumenterà a dismisura e rischio di Game Over sarà sempre dietro l’angolo se non vi guarderete dal cadere in burroni saltando in maniera imprecisa su piattaforme sempre più piccole.
A complicare il tutto è il fatto che il tenero coccodrillo potrà essere colpito due sole volte dai nemici o da elementi ambientali come la lava prima di passare a miglior vita; la prima farà cadere lui tutte le gemme raccolte, esattamente come accade con gli anelli in Sonic, mentre la seconda sarà quella fatale che gli farà perdere una vita.
Insomma, chi cerca una sfida intrigante avrà pane per i suoi denti, nonostante i vari livelli siano molto corti, buonissimi anche per una partita mordi-e-fuggi, utile per chi magari ha una vita quotidiana oberata di impegni.
A rendere l’esperienza più godibile è anche il rinnovato sistema di controllo, in linea con quelli moderni, che permette ora di muovere Croc in maniera molto più agile, sebbene il coccodrillino sia sempre caratterizzato da movimenti un po’ scivolosi, soprattutto se paragoniamo le sue movenze a quelle di cui sono provvisti colleghi come Banjo, Spyro o il fin troppo citato Super Mario.
Se qualcuno invece sentisse la mancanza dei classici tank control, non tema: grazie alle frecce direzionali è possibile muovere il nostro beniamino esattamente come facevamo ventisette anni fa, con annesse imprecazioni. Argonaut ha deciso di strizzare un occhio anche i masochisti.
In sostanza quindi, Croc: Legend of the Gobbos nell’essenza è rimasto esattamente il platform divertente ma a tratti frustrante che ricordavate, trasposto però su piattaforme moderne, senza alcun rifacimento o aggiunta sotto il profilo della giocabilità.
La remastered però porta con sé dei contenuti piuttosto succosi.
Una veste grafica rivista, una marea di contenuti relativi al making of
Il primo elemento che salta, giustamente, all’occhio è pulizia grafica generale e l’ottima definizione di personaggi e ambienti. Le texture ora sono tutte in HD e i modelli poligonali di Croc, i Dantini e i Gobbos, sono stati rifatti e risultano molto più “curvilinei” e meno spigolosi nelle forme, in linea generale quindi più piacevoli da vedere rispetto al passato. Permangono anche gli sfondi realizzati con immagini statiche come era prassi comune all’epoca, però opportunamente “upscalati” e ripuliti per risultare meglio amalgamanti con gli altri elementi. Apprezzabile anche l’opzione che consente di passare dalla grafica moderna a quella classica con la semplice pressione di un tasto (assegnata al touchpad su PS5), così come avviene nelle remastered dei vari capitoli di Tomb Raider, in modo da potersi gustare in tempo reale i cambiamenti tra passato e presente. Volendo potrete inoltre aggiungere dei filtri CRT per darvi l’illusione di giocare su un televisore catodico, per non dimenticare i bei tempi ormai andati. Insomma, chicche che faranno molto piacere ai nostalgici, ma anche a coloro che amano studiare l’evoluzione del videogioco.
Parlando di piccoli tesori, un’aggiunta assai gradita nel pacchetto è la Crocipedia, una vera e propria Shangri-La per gli amanti di Croc. In questa sezione, che potrete aprire dal menù di avvio del gioco, sarà possibile sguazzare in un mare di contenuti speciale tra cui bozzetti, schizzi preparatori, guide strategiche in giapponese e addirittura un tutorial che vi spiegherà come realizzare un pupazzo del coccodrillino all’uncinetto. Non mancano poi video legati a livelli per i test del gameplay o che sono stati tagliati in fase di sviluppo, un documentario con interviste ai developer e per i fan più indomiti sarà possibile addirittura leggere il lunghissimo documento di pitch per la serie a cartoni animati di Croc che non ha purtroppo mai visto la luce.
La Crocipedia è quindi un vero e proprio scrigno ricco di delizie per coloro che vogliono studiare l’opera a fondo e conoscerne ogni aspetto del making of ma allo stesso anche un gesto d’amore da parte del team di sviluppo, che senza alcun filtro ha deciso di condividere con il pubblico di appassionati tutto il materiale che è stato scritto e disegnato per dare vita alla loro creazione.
Un classico che ha silenziosamente fatto la storia che va giocato dagli appassionati
Per quanto Croc: Legend of The Gobbos non sia accattivante quanto altri platform usciti in sua contemporanea (non come un certo Glover) è un titolo che ha un’importanza storica fondamentale che è giusto che venga riconosciuta. I livelli corti ma impegnativi, la colonna sonora d’eccellenza, di cui Nintendo ha deciso di omaggiare – o forse plagiare – alcune note del main theme in Super Mario 3D World per WiiU e la sua “purezza” generale fanno della creatura nata in grembo ad Argonaut Software un grande classico di culto che gli appassionati del genere dovrebbero provare almeno una volta.
Per chi lo conoscesse a menadito, la remastered è un’ottima occasione per rigiocarlo sulle macchine attuali, seppur al di là della Crocipedia e della grafica, non vi sia alcuna aggiunta contenutistica degna di nota.
Di fatto, questa riedizione è, a tutti gli effetti, un’operazione di conservazione di un’opera del passato, che nell’ombra ha influito più di quanto la storia voglia narrarci.
E che forse ci dice anche, che il buon idraulico baffuto, non ha l’anima pura quanto quella di un tenero coccodrillino rimasto nell’oblio per troppo tempo e che magari, se le cose andassero nel verso giusto, potrebbe sorprenderci con un inedito terzo capitolo.
Versione testata: PlayStation5
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