Il primo Valfaris mi ricordava Turrican sotto steroidi: musica metal altissima, ambientazioni futuristiche decadenti e un gameplay vario degno del titolo appena citato, insomma sembrava uscito da qualche canzone dei Gamma Ray, e per ovvi motivi mi era piaciuto un sacco. Adesso i ragazzi di Steel Mantis ci riprovano, cambiando genere e pescando a piene mani dagli sparacchini più famosi sfornando Valfaris: Mecha Therion! Ora alziamo la musica a stecca e vediamo come sono cambiate le carte in tavola.
Fighting the world
Sin dal primo sguardo, Valfaris: Mecha Therion cattura l’attenzione con una pioggia di colori saturi e neon che contrastano con ambientazioni oscure e inquietanti. Ogni pixel è intriso di una crudezza che ricorda i migliori lavori di H.R. Giger e Zdzisław Beksiński, un’ode alle forme biomeccaniche e alle distorsioni organiche; l’ambientazione è quella di un futuro distopico, dove la carne e il metallo si fondono in un balletto macabro, dando vita a creature tanto affascinanti quanto terrificanti, e credetemi, vi sembrerà di aver visto più di una copertina di qualche disco metal nelle ambientazioni, perché l’amore per il genere è davvero onnipresente.
Il gameplay è brutale quanto semplice, e non fa prigionieri. Valfaris: Mecha Therion è decisamente un’esperienza old-school, da questo punto di vista, ricordando i grandi classici del genere giapponese sfoderando un sistema di combattimento a 3 tipologie: lo sparo verticale, che ovviamente può contare su diverse varianti e power up, quello in corpo a corpo (e anche qui, di armi per tritare i nemici ne abbiamo un bel numero) e infine il lock con i missili, utilissimo nelle situazioni più intense. Nonostante l’inizio sia straniante, per il cambio di tipologia, Valfaris: Mecha Therion vi immerge subito in un gameplay veloce e cattivo, richiamando a grandi mani il suo predecessore, quindi molte cose vi sembreranno stranamente familiari. L’introduzione del mech come estensione del protagonista aggiunge una nuova dimensione al gameplay, con sezioni che mescolano combattimenti a piedi e momenti a bordo della tua macchina da guerra, amplificando la sensazione di potenza distruttiva: è come se “Metal Slug” incontrasse “Gradius” e il risultato è davvero sorprendente, anche se con qualche piccola sbavatura.
Loud as you can be!
La colonna sonora è l’anima pulsante di Valfaris: Mecha Therion! Se il gameplay è la carne, la musica è il sangue che scorre potente nelle sue vene. Composta da Curt Victor Bryant, ex membro dei leggendari Celtic Frost, la soundtrack è un assalto sonoro che spazia dal metal estremo a passaggi più melodici, ma sempre mantenendo una ferocia che si sposa perfettamente con l’azione su schermo. Ogni nota, ogni riff è un colpo di martello che martella il giocatore, spingendolo a superare i propri limiti. È una colonna sonora che non si limita ad accompagnare l’azione, ma la esalta, rendendo ogni scontro, ogni momento, un’esperienza quasi mistica. Sebbene la narrazione non sia il punto focale di Valfaris: Mecha Therion, il gioco riesce comunque a costruire un mondo ricco di lore e dettagli; non c’è un vero e proprio racconto lineare, ma piuttosto una serie di frammenti, di storie sussurrate tra i rottami, che il giocatore può scoprire e interpretare. È un approccio narrativo che lascia molto all’immaginazione, permettendo a chi gioca di riempire i vuoti e di immergersi ancora di più in questa realtà devastata: l’atmosfera è palpabile, densa, quasi soffocante. Ogni passo nel mondo di Valfaris è un viaggio attraverso un incubo di metallo e carne, dove la speranza è morta e l’unica cosa che rimane è la sopravvivenza. È un gioco che trasuda disperazione, ma lo fa in modo sublime, trasformando la sofferenza in arte.
Valfaris: Mecha Therion non è solo un videogioco: è un’esperienza sensoriale totale, un viaggio nella follia che non lascia indifferenti. È brutale, viscerale, ma allo stesso tempo incredibilmente affascinante, come un’opera d’arte maledetta. Se sei un amante del metal, dei giochi hardcore e delle atmosfere disturbanti, Valfaris: Mecha Therion è un must-play; per chi non è avvezzo agli shooter potrebbe invece non essere la migliore delle scelte.