Pubblicato il 27/09/24 da Fahrenheit

Enotria: The Last Song – Recensione

L'italian souls di Jyamma Games
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Enotria: The Last Song è un soulslike ideato, sviluppato e prodotto dal team italiano Jyamma Games. Inutile nascondervi quanto io personalmente aspettassi il titolo per diversi motivi, primo fra tutti il fatto che fosse sviluppato da alcuni miei connazionali. Non conoscevo il progetto o il team inizialmente, e quando scoprii il tutto provai immediatamente una sorta di eccitazione, insomma non vedevo davvero l’ora di giocarlo. Prima di parlarne in maniera approfondita però, vorrei dedicare poche parole proprio alla tipologia che contraddistingue questo prodotto.

Il genere soulslike è per me un qualcosa di unico al quale sono appassionato da ormai tanti, tantissimi anni. Una categoria di videogiochi che si contraddistingue per una trama più o meno presente e frammentata, accostata all’elevata difficoltà che continuamente mette alla prova l’abilità di molti. Seguo questi giochi da tempo e ho passato svariate ore su numerosi titoli, dai più famosi a quelli meno conosciuti rimasti tutt’oggi in sordina; sinceramente non ricordo neanche quanti ne ho effettivamente giocati il che è tutto dire. Detto questo, però, non potrò mai dimenticare ciò che mi iniziò al genere, ovvero Demon’s Souls e l’ancor più famoso Dark Souls. Entrambi sono titoli ai quali non si può non pensare quando si parla del genere: opere videoludiche che hanno introdotto una tipologia completamente nuova nel sistema, rivoluzionando il modo di vivere un’esperienza e incidendo prepotentemente su tutta l’industria.

Quella che prima era una vera e propria nicchia, col tempo, si è trasformata in una forma di “culto”, un qualcosa di inestimabile e di addirittura incriticabile per molti. Sebbene io non concordi con questa idea generale è innegabile quanto il soulslike sia diventato ai giorni nostri virale e conosciuto da chiunque. Di conseguenza la critica non si risparmia mai quando c’è da discutere su un nuovo progetto videoludico che rientra nel suddetto genere, e i giudizi spesso e volentieri possono nascere da esagerazioni e confronti con altre opere non richiesti. Ad oggi questa è una costante nel mondo dei videogiochi, che spesso porta i giocatori a non essere mai contenti di nulla in generale, a maggior ragione quando si parla di soulslike, ed è proprio qui che entra in gioco il nostro Enotria: The Last Song.

Senza ulteriori indugi, e citando gli sviluppatori, parliamo quindi di questo “Summer Soul”.

La storia di Enotria

La trama di Enotria è… particolare.

Fonda le proprie radici sulla Commedia dell’Arte e da questa prende spunto e sviluppa un intero pantheon narrativo degno di nota. Nel gioco infatti sono presenti figure di spicco ben note a noi italiani, personaggi come Pulcinella, Arlecchino, Pantalone, Balanzone e così via, ma andiamo con ordine.

Dal silenzio nasce la prima nota che a sua volta genera la musica. L’umanità viene al mondo grazie a quest’ultima e con essa le arti a renderle omaggio; col tempo però gli umani iniziano ad appellarsi ad entità “sovrannaturali”, e indovinate un po’? La continua fede dà vita agli dei. Le divinità create ad immagine e somiglianza dell’uomo commettono atroci peccati, e tra guerre e distruzione vengono messe da parte. All’apice della piramide si ergono quindi i nostri famosi attori che creano il Canovaccio, un copione che ha come palcoscenico il mondo intero. Grazie all’uso delle arti in grado di alterare la realtà, utilizzano l’artefatto per rendere il pianeta un posto migliore ma ahimé ottengono il risultato opposto. Il Canovaccio intrappola ogni cosa in un circolo vizios in cui gli umani, privi del libero arbitrio, rimangono per sempre incatenati al loro ruolo. Insomma non proprio una bella situazione, ma non c’è da preoccuparsi perché la soluzione si chiama “Senza Maschera”.

Come suggerisce la parola, noi, i protagonisti del gioco, siamo gli unici in grado di spezzare le catene che vincolano l’umanità a questa stagnazione eterna, e possiamo riuscire in ciò proprio perché privi di un ruolo da interpretare. Chi l’avrebbe mai detto eh?

Arlecchino e Pulcinella. Chi sa, sa.

Anche se ve ne ho parlato in maniera molto stringata, trovo che la storia di Enotria abbia al suo interno moltissimi richiami ad altri titoli del genere, alcuni di questi anche abbastanza palesi, primo fra tutti Dark Souls. Le somiglianze nella trama sono tante e piuttosto marcate, ma in questo caso non credo che ciò rappresenti un problema. Innanzitutto bisogna dire che i luoghi comuni del genere soulslike sono fin troppo presenti, le varie vicende difficilmente variano, d’altronde si parla sempre di mondi collassati e allo sbaraglio, gente che muore, mostri, dei e chi più ne ha più ne metta. La minestra è sempre quella più o meno, ed Enotria reinterpretando la Commedia dell’Arte crea un contesto che mai avrei pensato di vedere.

In questo mondo così luminoso ma allo stesso tempo così oscuro e distorto, c’è del bello che può essere ancora preservato, e il fatto che un finto attore sia la soluzione è un concetto davvero molto interessante. Detto in parole povere, per quanto mi riguarda, la storia è valida sotto ogni punto di vista.

Il mondo e la musica di Enotria

Questo paragrafo è la parte che più preferisco della recensione.

Quello che Enotria: The Last Song propone con il suo mondo di gioco tocca livelli secondo me molto alti e ben definiti, ed è palese quanto Jyamma Games abbia curato tutto nei minimi dettagli. Ambientazioni, cutscene, personaggi, armi, maschere, descrizioni degli oggetti: qualsiasi cosa è piena d’amore da parte del team, ed è bellissimo come senza troppe difficoltà lo si riesca a percepire. Se a ciò sommiamo poi la musica composta appositamente per l’opera beh, il risultato è più che positivo.

Quinta, città degli attori.

L’impatto visivo di Enotria non è certamente quello di un gioco “low budget”, ed infatti ne sono rimasto molto compiaciuto. Il character e il level design sono ricchi di particolari che attraggono lo sguardo e suscitano interesse; i “livelli” di gioco poi, presentano anche i classici shortcut che permettono di tornare sui propri passi con facilità. Il mondo di gioco è divertente da osservare ed ancor più da esplorare.

La colonna sonora è meravigliosa, nulla da dire. Già dalla schermata del menù principale ci si accorge di quanto anche questa parte dell’opera sia stata curata, e da un titolo che unisce musica e maschere per creare una trama non potevo aspettarmi di meglio. L’unica pecca che mi sento di evidenziare sono gli NPC (ad eccezione dei più importanti) privi di una propria voce, di conseguenza l’interazione con essi si verifica solo tramite un testo scritto. Un grande peccato perché, come Dark Souls insegna, alla lunga i giocatori si affezionano agli NPC e li ricordano anche e soprattutto grazie alle loro battute. D’altro canto però, il gioco è doppiato in italiano, inglese e giapponese e come in tutte le cose, spesso e volentieri una scelta ne limita un’altra. Non si può avere tutto dalla vita, purtroppo.

Il pesto miracoloso servirebbe anche nella vita vera.

Gameplay e combat system

Qui a malincuore cominciano le cattive notizie, ma ce ne sono anche di buone, giuro.

Ci tengo a precisare che il gameplay di Enotria: The Last Song funziona ed è sicuramente quello di un soulslike; è intrigante e possiede quel pizzico di varietà che fa sempre bene ad un titolo di questo stampo. Il problema vero sta nel combat system, che risulta essere effettivamente macchinoso. Pad alla mano non ho potuto fare a meno di avvertire continuamente una sensazione tipica di un qualcosa che sì funziona, ma non è completo al 100%. Un grande, grandissimo peccato, ma mi spiego meglio.

Iniziamo col dire che l’impatto degli attacchi sui nemici manca di mordente, cosa che all’inverso, invece, si verifica e fin troppo. Quando si ricevono dei colpi il personaggio rimane fermo per millesimi di secondo, e spesso in quelle finestre si subiscono più danni del dovuto: persino quando veniamo schiacciati a terra non sono presenti dei “frame di invincibilità” che ci permettono di non riceverne di ulteriori. I nemici difficilmente vengono sbilanciati e nemmeno l’utilizzo di armi pesanti aiuta in tutto ciò, soprattutto con i boss. Alcuni addirittura spammano diversi attacchi ad alto danno, che non permettono al giocatore di reagire prontamente per evitare l’inevitabile, e in un opera in cui il parry è la principale meccanica di gioco trovo molto limitata la finestra d’efficacia di quest’ultimo.

La cosa peggiore però, è come tutti gli attacchi, soprattutto se in successione, soffrano di una sorta di “delay” se così vogliamo chiamarlo, che non permette al gameplay di essere completamente fluido e alla portata di chiunque. Più grande è l’arma più questa cosa si verifica, ed alcune mosse come l’attacco in corsa col martello pesante risultano inutilizzabili. Trovo assurdo come questo delay rovini il timing di moltissimi scontri, ed è ancor più assurdo quanto la maggior parte dei nemici sia tutt’altro che lenta nei propri movimenti. Per me la fluidità delle meccaniche e la velocità degli input sono componenti fondamentali per un soulslike, e non devono mai, per nessuna ragione al mondo, essere compromessi. Il combat system ha bisogno di essere veloce e reattivo affinché chiunque possa riuscire a padroneggiarlo, e nel caso di Enotria, a meno che non si sia davvero esperti del settore, il giudizio comune a riguardo sarà spesso negativo.

Il combat system è l’essenza stessa di un soulslike, non importa quanto curato il resto possa essere, se quella cosa non funziona l’opera verrà dimenticata in tempi molto brevi da chiunque, e questa purtroppo è una verità imprescindibile. Fortunatamente però, Enotria alla fin fine funziona nonostante le sue evidenti problematiche.

“Feccia colossale” un nome e una garanzia.

La meccanica delle maschere è senza alcun dubbio una genialata: ognuna ha il suo personale effetto ed insieme costituiscono il cuore di una build. A queste si aggiungono poi buff e versi di ogni tipo che una volta equipaggiati faranno la differenza in battaglia. Nell’insieme però, bisogna tenere in considerazione anche gli “elementi” gratia, fatuo, vis e malanno, ognuno con i suoi pro e i suoi contro. I nemici, influenzati a loro volta da questa meccanica, subiranno più danni se attaccati con l’elemento giusto ed è proprio in momenti del genere che il cambio di maschera risulta essere una trovata azzeccatissima sia a livello di trama che di gameplay. “Switchare” a seconda del caso ci permetterà contemporaneamente di usufruire di diverse build, senza essere vincolati ad una sola ed unica variabile. Gyamma Games è stata inoltre, molto generosa con il numero di memorie (anime) rilasciate dai boss e l’avanzamento di livello, infatti, non risulta essere troppo ostico. Gli oggetti in game sono efficaci anche se situazionali, le cure, invece, presenti sin da subito in un discreto numero, permettono di recuperare salute molto velocemente e godono inoltre di un’ottima animazione in movimento.

Il combat system è ben lontano dall’essere perfetto, ma le tante scelte di personalizzazione all’interno del gameplay ne migliorano alcuni aspetti, anche se solo in parte.

Conclusione

Enotria: The Last Song è un titolo che a mio parere è riuscito a racchiudere nella propria formula tantissimi elementi iconici del soulslike in generale. La lore, la colonna sonora ed il mondo di gioco sono curati nei minimi dettagli e realizzati con attenzione ed amore. Purtroppo il prodotto non è adatto a chiunque. Il combat system, come ho già spiegato, poteva e doveva essere fatto meglio e presenta dei problemi che peggiorano ancor più se il giocatore è poco pratico del genere. Se però vi ritenete degli appassionati e come me siete sempre alla ricerca di nuove sfide nelle quali potervi cimentare, allora dovete provarlo e su questo non ho il minimo dubbio.

  • Lore interessante
  • Mondo di gioco affascinante
  • Colonna sonora davvero bella
  • Meccanica delle maschere innovativa
  • Avanzamento del pg equilibrato e ben funzionale
  • Un vero e proprio Italian Souls

 

  • Combat system macchinoso
  • Alcune animazioni d'attacco estremamente lente
  • Delay che influisce sul comparto mosse
  • Nemici che non si sbilanciano e attaccano ripetutamente

Fahrenheit - Biografia

"Giriamo il foglio allora, giriamo il foglio ancora, giriamo il foglio e dimmi cosa ci vedi."

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