Molti di voi conosceranno la Supergiant Games per il loro ultimo titolo: Hades. Con il successo del rogue-lite uscito dall’early access nel 2020, la software house californiana ha avuto un enorme successo sia a livello di critica che fra i videogiocatori. Hades è ormai un titolo famoso, ma pochi conoscono le opere pubblicate in precedenza da Supergiant. Una di queste, a mio parere la più meritevole in assoluto, è Transistor, e la miglior parola da associare a questo titolo è una sola: Arte.
Indice
“I love you Red. You know that, right?”
La trama di Transistor è semplice, ma allo stesso tempo complicata.
Red, la protagonista, era una famosa cantante amata da tutta Cloudbank, un’utopica città in cui la scelta popolare ha la possibilità di decidere qualsiasi cosa (persino il meteo). Un giorno però qualcuno cerca di aggredirla, causando la morte del suo fidanzato e la perdita della voce da parte di Red.
Successivamente a questa aggressione, qualcosa trasforma Cloudbank in un campo di battaglia. Nemici che somigliano a dei bug iniziano ad apparire, e la popolazione della città viene quasi azzerata. Red dovrà farsi largo fra le schiere di avversari (umani e non) per scoprire il modo di far tornare tutto come prima. Sempre che esista.
Ciò che forse ha lasciato di più il segno in me, però, è il finale. Completamente folle, ma assolutamente geniale e incredibilmente poetico e romantico.

La trama del gioco, di per sé, è piuttosto lineare. La vera sfida per il giocatore sarà quella di capire cosa trarne da questa storia: una semplice storia d’amore? Il “viaggio dell’eroe” standard? Un parallelo su come persino chi non ha una voce (figurativamente, ma nel gioco letteralmente) può cambiare le cose? O forse una critica sociale a quella che è l’insaziabilità della società moderna sotto tutti i punti di vista?
La verità è che Transistor può essere tutto questo. E forse anche di più.
Mescolare le carte in tavola.
Una delle cose che più ho apprezzato di questo gioco è il suo gameplay: Transistor è allo stesso tempo un frenetico action in isometrica e un ragionatissimo tattico “a turni”. Il giocatore avrà infatti la possibilità di scegliere se combattere in tempo reale o gestendo con cura le sue azioni per poi riversarle rapidamente sui nemici (salvo poi un breve periodo di ricarica in cui la protagonista sarà vulnerabile).

Nonostante il gameplay sia già di per sé accattivante, oltre che bilanciato benissimo, la vera chicca del gioco deriva dalle “Funzioni“: durante il gioco infatti il giocatore si troverà a sbloccare diversi di questi attacchi, fra sfide e incontri di trama. Queste sono numerose, più di una dozzina. Come è possibile vedere dallo screen sopra, però, il giocatore potrà avere un massimo di 4 attacchi diversi a disposizione durante il combattimento.
Cosa ne sarà delle altre “Funzioni”, allora? Semplice: il giocatore potrà equipaggiarle ad un’altra funzione per aggiungere effetti aggiuntivi!
E non solo gli attacchi! Queste “Funzioni” possono anche essere equipaggiate come bonus passivi direttamente a Red, andando a incrementare la sua vita o conferendole il potere di creare unità alleate una volta sconfitti gli avversari.
Colpi che esplodono a contatto con il nemico, scatti che incantano gli avversari, aumenti di gittata, ricarica più rapida… Le combinazioni sono pressoché infinite, lasciando un’enorme libertà al giocatore di decidere ciò che più gli aggrada usare.
O per meglio dire, questa libertà non sarò solo “lasciata”, ma anche imposta! Nel momento in cui la vita di Red dovesse scendere a zero il gioco non verrà concluso con un misero “Game Over”: il giocatore verrà riportato in vita, ma privato per un certo tempo di uno delle quattro “Funzioni” principali che questi aveva equipaggiato. Sarebbe un peccato usare sempre le stesse mosse quando hai una scelta così ampia, no?
“We are Paper Boats floating on a stream…”
Credo di essermi dilungato più che abbastanza nello spiegare perché secondo me il gameplay di Transistor sia fenomenale e ricchissimo, ma se c’è qualcosa in cui Transistor supera pressoché ogni altro gioco è il suo lato artistico.
La bellezza degli scenari, dei background e delle immagini utilizzate per le cutscenes è impareggiabile. Ogni volta che la parte ludica si prende una pausa, il giocatore viene rapito da dei veri e propri quadri stupefacenti.

E la parte sonora, per quanto sia incredibile, non è da meno! La soundtrack è curata da Darren Korb con la meravigliosa voce di Ashley Barrett (entrambi presenti anche per Hades) ed è a dir poco favolosa.
So che le righe che ho dedicato sia alla grafica che alla musica di Transistor sembrano poche, ma è una bellezza che per essere compresa deve essere vissuta.
Transistor: Perché giocarlo?
Sarò sincero, sono stato felicissimo quando Supergiant ha ricevuto il tanto meritato clamore mediatico e successo critico per Hades, che ho giocato e adorato nella sua interezza come tutti i loro altri titoli, ma non posso esimermi dall’ammettere che a mio parere Transistor è la vera Magnum Opus della software house californiana. Molte delle idee sviluppate in Transistor si sono poi trasposte nel loro recente rogue-like, che ha un gameplay sicuramente più frenetico e accattivante ma che sotto molti altri punti purtroppo non regge il passo del capolavoro del 2014.
Transistor è un titolo consigliato a tutti, dagli amanti della trama agli appassionati di gameplay frenetici o tattici, da coloro che vogliono una sfida a coloro che vogliono semplicemente godersi un titolo artistico in ogni senso possibile.
Semplicemente eccezionale.