Pubblicato il 02/05/25 da Ciro Muso Acanfora

Steel Seed – Recensione

Ragazzi, NON CI SIAMO.
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Non sono molte, in Italia, le aziende che possono vantare di sviluppare giochi da oltre 10 anni. Storm In A Teacup, sede a Roma, è una di queste: nel corso degli ultimi 12 anni ha rilasciato giochi che variano dagli horror ai puzzle narrativi, passando per esperienze VR. Steel Seed, uscito lo scorso 22 Aprile per PC, PS5 e Xbox Series X|S è solo l’ultimo dei loro titoli, questa volta esplorando il mondo degli Action-Adventure Stealth.

Steel Seed – Una Storia Già Vista?

La trama di Steel Seed non brilla per originalità. L’incipit è qualcosa che difficilmente sorprenderà il giocatore: la nostra protagonista si risveglia in un corpo robotico millenni dopo la fine della civiltà umana. Suo padre, un tempo uno straordinario scienziato e inventore che ha cercato di evitare la fine del mondo, ha salvaguardato entrambe le loro coscienze all’interno di supporti meccanici per poter essere risvegliati a tempo debito. Grazie all’aiuto di un paio di amici cibernetici, la nostra Zoe dovrà fare del suo meglio per recuperare la memoria di suo padre e riportarlo in vita per ripristinare i “Seed”, ovvero umani che rimangono in attesa di “rinascere” in un nuovo mondo.

Inutile dirlo, ma gli altri robot che troveremo in giro raramente saranno altrettanto di supporto.

Per quanto sia un po’ grezza, devo dire che la trama è forse il punto più interessante del gioco. L’incipit in sé non è straordinario, lo ripeto, ma verso la fine del gioco la narrativa è stata in grado di regalarmi qualche emozione e sorprendermi un paio di volte.
Anche i pochi personaggi con cui interagiremo nel corso della nostra avventura, dalla durata di circa 8 ore, risultano comunque ben scritti, con argomentazioni e ideali che consentono a qualsiasi giocatore di empatizzare con loro (o quantomeno di comprendere i ragionamenti dietro le loro scelte).

Un Dolore Unico

Il lato che purtroppo ho trovato meno accettabile del gioco è tutto il reparto gameplay. Andiamo con ordine, dopo una dovuta premessa: sulla carta, il gameplay di Steel Seed non ha niente di intrinsecamente errato. Non ci sono mancanze profonde, ma trovo che ci sia una generica carenza di cura e qualità nel complesso.

Partiamo dal lato Action: i nemici sono delle spugne con ingenti quantità di vita e, per quanto ce ne siano di diverse tipologie, a volte sarà difficile distinguere a colpo d’occhio fra quelli con lo scudo, quelli che colpiscono dalla distanza, quelli che attaccano melee e quelli che ti corrono addosso per esplodere come kamikaze. Il sistema di combo rimane identico e invariato per tutta la durata del gioco, tre attacchi leggeri o tre attacchi pesanti. Infine, i feedback visivi e sonori sono carenti, sia sull’attacco del giocatore che su quelli degli avversari (mine nemiche pressoché invisibili, stagger che non si capisce quando finiscano, schivate non particolarmente prestanti…).

Passiamo poi allo Stealth che in realtà dovrebbe corrispondere alla maggioranza delle sezioni, considerando che solitamente la quantità di avversari presenti dovrebbe disincentivare il giocatore a cercare lo scontro diretto: lo stealth di Steel Seed è molto di vecchio stampo, prevede spesso di attendere per interminabili secondi che i robot si spostino con discreta calma da un punto all’altro ripetendo sempre le stesse routine (a essere oggettivi, cosa che ha effettivamente senso all’interno del mondo di gioco). L’attesa snervante non è però la carenza più grave, sarà infatti spesso possibile “cheesare” i nemici utilizzando strategie che sfruttano la mancanza di intelligenza degli avversari per superare in maniera poco convincente le varie sezioni, per non parlare del fatto che è possibile nascondersi dietro le pareti, ma NON DIETRO TUTTE! Quali sono quelle dietro cui puoi nasconderti? Non si sa! E se premi il tasto per nasconderti dietro di esse rischi di passare dallo stealth al tornare in piedi e farti vedere da tutti i nemici circostanti.

Parliamo infine di Level Design che è spesso ampio, ma altrettanto confusionario. Nelle aree più ampie, addirittura, sarà difficile capire a prima vista dove il gioco vuole farci andare per proseguire, e a poco servirà l’indicatore obiettivo che mostrerà genericamente il punto da raggiungere, ma non la strada corretta per raggiungerlo.
Persino durante le fasi di platform ho riscontrato problemi, con un sistema di rilevamento delle collisioni (per intenderci, ciò che consente alla protagonista di aggrapparsi ad alcune sporgenze) e animazioni di salto che spesso mi ha portato a morire cascando nel vuoto, a mio parere, senza alcuna buona ragione.

steel seed recensione
E se vi dicessi che in questa schermata dovrebbe esserci un EVIDENTE segnale, necessario per indicare al giocatore dove andare, e che non ha niente a che vedere con quel fatiscente cavo appeso sulla sinistra? Forse usare LED gialli in un ambiente giallastro non è stata una furbata.

Passando Ai Lati Positivi…

Dal punto di vista grafico e sonoro, però, Steel Seed mi ha piacevolmente sorpreso.
Per quanto la grafica non faccia urlare al miracolo, è comunque una grafica di tutto rispetto per una produzione così ridotta. Sorprendentemente, la parte che forse mostra meno cura è la protagonista stessa: gli altri personaggi principali del gioco hanno un design e una caratterizzazione estetica piuttosto ben definita e apprezzabile, così come il mondo di gioco che risulta variegato e quasi sempre piacevole da osservare sia a livello di qualità delle texture che come illuminazione. Ad onor del vero, un Unreal Engine 5 usato discretamente bene.

Anche il comparto sonoro è piuttosto curato. Dagli effetti sonori alla sountrack in sé per sé (specialmente la OST che viene riprodotta nel menù principale) mi sono piaciuti parecchio.

Traiamo delle conclusioni.

Metto le mani avanti: nel momento in cui sto scrivendo questa recensione, Steel Seed ha su Steam 116 recensioni, 95% delle quali sono positive. Per onestà intellettuale devo ammettere che può essere che semplicemente io non abbia capito l’opera, o che semplicemente mi aspettassi più di quanto si aspettasse la media dei giocatori.

Detto questo, però, Storm In A Teacup è un’azienda che sviluppa videogiochi da oltre un decennio. Nonostante questo sia il loro primo tentativo con un Action-Adventure, personalmente non ritengo neanche lontanamente sufficiente la qualità del titolo nel suo complesso, specialmente lato gameplay. Troppi, TROPPI problemi a destra e a manca, ingiustificabile per chi sviluppa giochi da più di due lustri.

Lo dico con molta tristezza, perché sono sempre il primo ad augurare il meglio a qualsiasi prodotto videoludico italiano, e cerco in prima persona di spingere quanto possibile anche gli indie più sconosciuti. Per la prima volta, però, mi ritrovo a non voler consigliare l’acquisto di un titolo che rientra nella categoria degli “Indie nostrani”.

  • Unreal Engine 5 utilizzato discretamente
  • Trama interessante nelle parti finali.

 

  • Gameplay decisamente da rivedere sotto tutti i punti di vista
  • Level Design confusionario e poco chiaro in molti punti.

Muso - Biografia

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