Fin dal suo trailer di annuncio mostrato nel corso del 2024, Clair Obscur: Expedition 33, realizzato dal neonato studio francese Sandfall Interactive, ha saputo catturare con forza l’attenzione degli appassionati di giochi di ruolo classici. Gli scenari mozzafiato dai tratti onirici e decadenti che presentava, uniti ad un combat system a turni che all’apparenza faceva tanto rimpiangere i bei tempi andati e da cui molte serie famose, tra cui in primis Final Fantasy, si sono nel corso degli anni slegate, hanno acceso una forte curiosità nei cuori dei fan che non vedevano l’ora di viverlo in prima persona, proprio per le vibes old school che trasudava.
L’attesa è finalmente giunta a termine e il 24 aprile Clair Obscur: Expedition 33 ha fatto finalmente capolino sui nostri scaffali fisici e digitali.
Si sarà rivelato il “giocone” in grado di riportare in auge quel modo di fare GDR, in cui i turni, le emozioni ma soprattutto la passione creativa degli sviluppatori sono gli elementi fondanti dell’esperienza?
Dopo 40 ore dedicate al completamento della trama e all’esplorazione delle numerose attività secondarie di cui il titolo è costellato, sono pronto a raccontarvi la mia personale Spedizione 33, ricca di luci ma… anche di ombre.
Una trama toccante, complessa e coraggiosa fino ad un certo punto
Da sessantasette anni, la Pittrice, un’entità comparsa improvvisamente dalle profondità marine insieme ad un enorme Monolito, minaccia la vita degli abitanti della città di Lumière. Ella è dotata di un singolare potere, per il quale, una volta l’anno, scrive un numero sulla roccia emersa con lei, in grado di far dissolvere le persone che hanno l’età corrispondente alla cifra disegnata. L’umanità è quindi rassegnata e conduce una vita mesta e desolata, conscia di essere segnata un destino inesorabile da cui è impossibile sfuggire. A opporsi a questo folle sistema, messo in atto da una sorta di divinità malvagia giunta da chissà dove per motivi non precisati, vi sono però alcuni uomini e donne coraggiosi, i quali danno inizio alle Spedizioni, vere e proprie missioni verso il Monolito che si prefiggono distruggere la minaccia rappresentata dalla Pittrice. Nessuna di queste però ha mai avuto buon esito e puntualmente coloro che sono partiti con le migliori intenzioni mai hanno fatto ritorno a Lumière, perendo miseramente nell’impresa.
Noi vestiremo i panni di Gustave, un ingegnere trentaduenne dotato di un braccio meccanico, che dopo aver detto addio all’amata Sophie, scomparsa a causa dell’età corrispondente al numero dipinto sul Monolito, s’imbarcherà anch’egli verso il Continente con la Spedizione 33 – a cui prenderà parte insieme alla sorella adottiva Maelle – intenzionato a mettere fine una volta per tutte a questo ciclo di disperazione e miseria che attanaglia l’umanità.
Con queste premesse parte un viaggio molto intenso, dalle tinte dark e mature che nelle prime quindici ore si rivela davvero intrigante e da cui è difficile staccarsi, complice un colpo di scena inaspettato e coraggioso che onestamente non ci saremmo mai aspettati e che ci ha letteralmente fatto applaudire davanti allo schermo.
Lo stesso può dirsi per la caratterizzazione dei personaggi, tutti quanti segnati da backstories drammatiche, ben contestualizzate nel mondo di gioco e con i quali empatizzare risulta molto naturale grazie anche alle numerose cutscene che è possibile gustarsi mentre ci si trova a riposare all’accampamento. Protagonisti come Maelle, dotata di un coraggio e di una tenacia senza eguali, nonostante la sua giovane età, o come Gustave, animato da un buon cuore e dall’intelligenza sopraffina, sono messi in scena in maniera convincente e affezionarsi a loro verrà molto facile.
Nonostante l’atmosfera sia comunque per la maggior parte cupa, non mancheranno avvenimenti dai toni più leggeri, regalati da Esquie, una creatura corpulenta che fungerà anche da utile mezzo di trasporto e dai Gestral, degli esserini di legno simpatici quanto, talvolta, temibili.
Il ritmo narrativo è quindi eccellente, grazie anche all’assenza di dialoghi troppo verbosi e prolissi tipici delle opere nipponiche da cui Clair Obscur si ispira, come fortunatamente non vi sono in generale momenti utili solo ad allungare inutilmente la minestra.
In tutte queste luci però vi sono anche delle ombre, rappresentate da ciò che accade dal termine del secondo atto. Senza fare anticipazioni, il racconto nelle ultime fasi non convince del tutto; alcune rivelazioni sono un po’ confuse, raffazzonate e non articolate a dovere, ma soprattutto hanno il difetto di vanificare parte del dramma vissuto in precedenza, fornendo una spiegazione un po’ troppo “comoda” a misteri e interrogativi presentati nel corso dell’intreccio, rivelandosi non all’altezza delle magnifiche battute iniziali. Un po’ un peccato scoprire quindi che un’avventura partita in pompa magna si perda, nell’atto conclusivo, in alcuni clichè che non glorificano per nulla tutta la lore presentata in precedenza, abbassando un po’ la qualità generale del racconto.
Nonostante questo però l’amore e l’impegno profusi da Guillame Broche e il suo team nell’intento di raccontare una storia toccante sono palpabili, ma purtroppo la qualità narrativa non riesce a mantenersi sullo stesso livello per tutta la durata dell’esperienza, almeno per noi.
Turni, schivate, parate e colpi di pistola: un combat system più dinamico di quanto sembri
Sebbene la narrazione sia uno dei cardini più importanti di Clair Obscur: Expedition 33, il suo cuore pulsante è rappresentato dal combat system. Per quanto esso sia fondamentalmente a turni, schivare e parare i colpi dei nostri avversari sarà fondamentale, soprattutto ai livello di difficoltà “Spedizione” (equivalente a “Normale”) o “Difficile”, rendendo il tutto molto più dinamico di quanto non sia all’apparenza.
Il “game over” sarà costantemente dietro l’angolo se non sarete capaci di padroneggiare questa meccanica, al di là delle ottime build che potrete aver costruito per i tre personaggi schierati in campo, e spesso e volentieri si avrà quasi la sensazione di giocare ad una sorta di rhythm game o a Sekiro – altra dichiarata fonte di ispirazione – con però dei turni da gestire.
Chi non ama particolarmente la meccanica delparry&dodgenon si sentirà particolarmente a proprio agio, considerando anche che spesso e volentieri i moveset dei nemici andranno studiati ricorrendo al trial&error, dato che non tutti gli avversari forniranno un input visivo o uditivo utile a farci comprendere quando staranno per colpire.
Soprattutto nelle fasi avanzate, un buon tempismo sarà imprescindibile e questo potrebbe portare alla frustrazione dei giocatori meno avvezzi a questo tipo di gameplay. Vi è comunque sempre la modalità Storia, più semplice e in cui i nemici infliggono meno danni, che viene parzialmente incontro a questa necessità. Va detto che se si arriva da serie come Final Fantasy o Dragon Quest e si è giocato poco altro, sicuramente ci si sentirà leggermente spaesati, almeno all’inizio, per quanto una meccanica similare a questa si sia già vista in grandi classici del genere come Super Mario RPG o The Legend of Dragoon.
Al di là comunque dell’assenza, non costante, di segnali chiari su quando eseguire le mosse difensive, il timing di reazione è gestito in maniera efficiente e coloro che hanno il ritmo nel sangue non avranno grosse difficoltà, nonostante certi scontri si riveleranno parecchio impegnativi sotto questo aspetto.
Oltre al parry&dodge, in battaglia si potranno eseguire delle abilità, uniche per ciascun personaggio, che consumeranno un determinato quantitativo di PA (Punti abilità), guadagnabili, principalmente tramite l’esecuzione di semplici attacchi fisici, oppure sparare all’avversario, grazie ad un sistema di mira libera, per infliggere ad esso danno, status alterati o colpire determinati punti deboli per danneggiarlo e renderlo meno offensivo.
Il combat system è quindi più dinamico di quanto sembri e al di là della presenza di turni, il cui ordine è rappresentato da una colonna a schermo, a contare saranno principalmente il tempismo e la concatenazione delle giuste abilità per fare più male possibile al malcapitato nemico.
Apprezzabile inoltre che ogni protagonista abbia un proprio specifico stile di combattimento, completamente diversificato da quello dei suo compagni di squadra: Lune ad esempio farà utilizzo di magie elementali, Sciel potrà apporre sul nemico dei segnalini di “Presagio”: maggiori saranno in numero, maggiori saranno gli HP che andrà togliere con le sue skills, mentre Maelle se la giocherà su pose Difensive, Offensive e Virtuose le quali le permetteranno di ricevere o arrecare più o meno danni.
Ci sarà quindi da sbizzarrirsi, anche grazie alla possibilità di assegnare punti per potenziare varie statistiche (Potenza, Difesa, Fortuna ecc.) per ogni personaggio, esattamente come accade nei Souls, o nello scegliere le sei abilità da usare durante i fight, tutte sbloccabili tramite skill point da degli specifici alberi dedicati.
Non mancano anche le abilità passive, che potremo apprendere dopo un tot di scontri grazie a degli oggetti equipaggiabili chiamati Picto. Ogni personaggio potrà inserirne fino a tre nel proprio equipaggiamento e una volta che ne avrà appreso la skill ad esso collegata, questa diventerà disponibile anche per tutti gli altri membri del party, sottoforma di Lumina, ossia una skill passiva che potremo applicare al nostro PG a patto che esso abbia abbastanza punti dedicati a disposizione.
Assicuriamo che nella pratica è molto più semplice da farsi che spiegarsi, ma se si conosce il sistema di apprendimento delle abilità di Final Fantasy IX si è cavallo, perché quello di Clair Obscur è pressoché identico, solo che al posto dei vari pezzi di equipaggiamento vi sono i Picto che fanno apprendere a tutti i personaggi – non ad un solo – tutte le abilità che poi possono equipaggiare nel menù dedicato ai Lumina.
In sostanza quindi, i sistemi di building del personaggio e di combattimento sono sfaccettati, ma anch’essi, come detto per la trama in precedenza, nelle fasi finali andranno un po’ a perdere di valore, dato che si giocherà tutto sull’avere equipaggiati i Picto più funzionali e nell’essere veloci a evitare o parare i fendenti degli avversari. Considerando tutto il lavoro che è stato fatto per creare un gameplay profondo, ridurre il tutto a schivare o parare sembra quasi un tradimento che gli sviluppatori hanno fatto a sé stessi e al complesso sistema di gioco che hanno ideato.
Altro neo è poi rappresentato anche dal non poter sostituire in tempo reale – alla Final Fantasy X per intenderci – i membri attivi con quelli schierati tra le riserve, che entreranno in campo solo quando i primi verranno totalmente spazzati via. In un combat system caratterizzato da un certo dinamismo, una rigidità di questo tipo stride in maniera piuttosto pesante, togliendo la possibilità di gestirsi con più scioltezza le unità in situazioni un po’ più ostiche e per le quali un cambio rapido potrebbe essere di vitale importanza.
Al di là dei difetti elencati, una volta che ci si prende la mano, a riempire di spadate o di magie i nemici comunque ci si diverte e si prova anche parecchia soddisfazione quando si riescono ad eseguire le giuste combo o a pararle, per quanto, forse, i puristi più indomiti dei turni old school non saranno così entusiasmati da questa frenesia.
Tanti bivi, tanti oggetti, tante attività ma la mappa l’ho dimenticata a casa
Oltre a devastare Nevron, ossia i nemici che popolano il mondo di Clair Obscur: Expedition 33, le aree da esplorare saranno numerose, se si contano anche quelle legate a compiti secondari.
In ogni zona ci saranno Picto, Chroma (la valuta di gioco), costumi e pettinature extra per i nostri beniamini da scovare, ma non sempre sarà facile orientarsi. Per quanto le aree non siano eccessivamente estese, l’assenza di una minimappa farà infuriare coloro che sono afflitti dalla sindrome del completismo, perchè non vi sarà alcun riferimento, se non l’ago di una bussola nel menù o il proprio senso di orientamento, per capire dove ci si trovi con precisione o se ci sia lasciati qualcosa indietro. A detta degli sviluppatori, questa mancanza è voluta per far sì che il giocatore si immedesimi maggiormente nella situazione, considerando che anche per Gustave e compagnia i luoghi del Continente sono misteriosi e sconosciuti. Trovata sicuramente interessante a livello di metanarrativa, un po’ meno ai fini pratici, e che si sarebbe potuta risolvere con l’offrire al giocatore l’occasione di disattivare o attivare a piacimento una mappa, in modo da rendere più facile la vita a chi vuole ripulire totalmente una zona dai suoi tesori.
Adorabile, per quanto inizialmente straniante, dato il realismo generale, l’idea di inserire una world map non in scala, con personaggi giganti ed elementi dell’ambientazione in miniatura, proprio per strizzare l’occhio ai GDR degli anni ’90 e a tutti i loro fan. Per quanto sia anacronistica è comunque in grado di regalare una sensazione di viaggio e di continuità tra una zona e l’altra, ben più di certi freddi menù di selezione di luoghi visti in più produzioni di recente uscita.
A ricalcare il passato ci penserà anche Esquie, che una volta rinvenute le giuste pietre, sarà in grado di condurci in zone prima irraggiungibili, diventando di fatto una “nave” in grado di solcare le acque del mare e di librarsi nel cielo.
Questo permetterà di scoprire una marea di luoghi nascosti in cui affrontare super-boss e attività secondarie che renderanno più corposa la durata dell’esperienza, per un totale di circa sessanta ore per portare a termine il tutto.
Non mancheranno nemmeno i minigiochi, non poco tosti, in cui ci si potrà cimentare nelle spiagge dei Gestral, che comprendono percorsi parkour – che quasi sembrano omaggiare il dungeon di Pitioss di Final Fantasy XV – o le scalate di una parete mentre alcune palle magiche velocissime cercheranno di colpire il personaggio per farlo cadere. La ricompensa e il fine però sono di importanza epocale: completare questi minigiochi permetterà di sbloccare i costumi da bagno per gli eroi principali, giusto per ricalcare in toto il fan service tipico dei prodotti nipponici, la cui matrice è in tutto e per tutto alla base di Clair Obscur: Expedition 33, nonostante la sua provenienza Europea.
Di cose da fare e di segreti da scoprire quindi ce ne sono a bizzeffe e in perfetto stile retrò non avrete neanche un quest log in cui le quest secondarie sono segnate. Per un titolo venduto al prezzo budget di 49.99 euro la quantità di contenuti opzionali è quindi ottima e non è un aspetto da sottovalutare.
Una magia audiovisiva dai movimenti incerti
Clair Obscur: Expedition 33 è stato realizzato con Unreal Engine 5 e presenta delle ambientazioni e dei paesaggi mozzafiato. La maggior parte dei luoghi che si visitano sono impervi e ricchi di nemici, ma capita spesso e volentieri di volersi soffermare a guardarne i dettagli, perdendosi nella loro poesia. La zona di “Acque Volanti” interamente sott’acqua, con i suoi magnifici colori e le alghe galleggianti è realizzata con cura certosina e si potrebbero trascorrere ore a guardarla, così come è stupenda l’illuminazione crepuscolare, che conferisce un tono drammatico ad un campo di battaglia che ci troveremo ad attraversare in cui Nevron e umani si sono affrontati all’ultimo sangue. Sebbene, per ragioni saldamente collegate alla trama, manchino grandi città da esplorare, tutte le aree “selvagge” che si visitano sono evocative e grazie a numerosi dettagli, che possono essere corpi o oggetti appartenenti a uomini periti in una spedizione precedente, hanno sempre una storia da raccontare.
A far storcere un po’ il naso sono invece le animazioni un po’ scattose e ingessate dei vari personaggi, soprattutto quando corrono o durante certe cutscene minori, in cui anche le espressioni facciali appaiono piuttosto statiche.
Considerando il budget per la realizzazione, non esagerato, a disposizione del team su certi difetti si può comunque chiudere un occhio, considerando che l’ottima direzione artistica riesce a compensare.
Di pregio anche la colonna sonora, realizzata principalmente da Lorien Testard, con l’ausilio di una trentina di altri musicisti e di un coro composto di nove voci differenti, con tracce cantate dalle melodie dolci e drammatiche, molto vicine al mood percepito in Nier: Automata.
Buonissimo anche il doppiaggio inglese – è presente anche quello in lingua francese ma non lo abbiamo testato, quindi non possiamo esprimerci a riguardo – che vede nel cast figure talentuose come Ben Starr, che aveva prestato la sua voce a Clive Rosfield in Final Fantasy XVI e Jennifer English che ha interpretato la mai troppo amata Cuorescuro in Baldur’s Gate III, qui nei panni della dolce Maelle.
Un chiaroscuro di elementi buoni e altri da affinare, votato ad un futuro radioso
Clair Obscur: Expedition 33 è un titolo ambizioso, che a detta di Sandfall Interactive vuole essere il capostipite di un brand che avrà ulteriori iterazioni nel corso degli anni; basti pensare che è già previsto un film di prossima uscita per questo primo capitolo.
Al netto di una trama che, purtroppo, non regge la sua qualità fino alle battute finali e che ad un certo punto scade con dei risvolti un po’ banali raccontati in maniera confusa e di un combat system che verso le fasi conclusive fa eccessivo affidamento sulla meccanica del parry&dodge, il titolo realizzato dal team francese è comunque figlio di una grande passione e di un’amore folle verso numerose opere del passato che è capace di omaggiare in maniera intelligente.
Sicuramente gli appassionati di giochi di ruolo lo ameranno perché sa emozionare e divertire, a patto però che godano di buoni riflessi e che siano disposti a chiudere un occhio su una storia in grado di toccare in maniera profonda alcune corde del cuore ma che pecca quando si tratta di sciogliere alcuni intrecci narrativi fondamentali.
Va detto però che in Sandfall, che comunque è pur sempre composta da alcuni ex membri di Ubisoft, sanno come sviluppare un videogioco in grado di divertire e attirare l’attenzione del pubblico e che Clair Obscur: Expedition 33, nonostante le luci e le ombre, sia un’ottimo risultato al banco di prova, essendo pur sempre la loro prima opera.
Probabilmente siamo davanti alla punta dell’iceberg di un team che ha davanti a sé un futuro più che radioso e ad un gioco che di certo non è un capolavoro, ma da cui risulta difficile staccarsi una volta che lo si comincia, perché al di là di alcuni difetti limabili sa come coinvolgere emotivamente e divertire profondamente con il suo gameplay classico ma dinamico.
Versione testata: PlayStation 5
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