Lo ricordo come fosse ieri: notte fonda, un televisore a tubo catodico illumina i volti estasiati di due amici. I due adolescenti, agghindati in pigiama improbabili, osservano un giovane eroe attraversare un misterioso ponte, ponte che di lì a breve diverrà inagibile, mettendo subito in chiaro una cosa: da quel punto non si torna indietro. Come l’eroe, impossibilitato a tornare sui suoi passi a causa del crollo, i due giovani amici rimarranno legati per sempre a quell’avventura, cosi malinconica e allo stesso tempo così epica.

Salto in avanti, anno domini 2011, esce Ico & Shadow of The Colossus Collection, versione HD sulla quale tornai in solitaria: attraversare il grande ponte di pietra, battermi con Wander e Agro contro ogni colosso per un amore perduto, per oppormi al destino; niente era cambiato dalla mia ultima visita, se non la grafica migliorata della versione PS3. Già che c’ero feci una visitina anche a Ico, ma questa è un’altra storia.
Il giorno prima del mio compleanno, torno ancora una volta a cavalcare per le lande desolate di Shadow of the Colossus, rimanendone incantato come la prima volta, complice la bellezza senza fiato regalataci dalla PS4, che rende ancora più arduo guardare alcuni colossi dritti negli occhi, e poi abbatterli.

Non deve essere stato facile per i ragazzi di Bluepoint Games tornare sul loro precedente lavoro di adattamento, uscito su PS3, e riuscire a migliorarsi… eppure ce l’hanno fatta, non fermandosi a un mero rifacimento HD ma ridando nuova vita a una creatura bellissima, creatura che aveva un potenziale incredibile già sulla seconda generazione di console Sony; ammettiamolo, nessuno si aspettava che una PS2 riuscisse a gestire effetti di High Dynamic Range per l’illuminazione, l’uso della cinematica inversa per le animazioni o che potesse persino simulare ad arte la peluria dei vari colossi. Tutte cose per cui una PlayStation2 non era stata neanche lontanamente pensata; fluidità e framerate non ottimali non rappresentavano un problema davanti alla bellezza estrema di quell’avventura.
La PS4 e sopratutto la sua versione Pro sono state progettate per far sfoggio di tutti gli effetti sopraelencati senza troppi problemi, e da qui la scelta di ridisegnare Shadow of the Colossus da zero, usando l’impianto grafico originale solo come base, era quasi obbligata. Senza più limiti tecnici con cui fare i conti, la creatura del Team Ico può finalmente essere identica ai bozzetti che l’avevano ispirata tanti anni prima.

L’impatto visivo iniziale è da mozzare il fiato: ogni montagna, ogni roccia, cascata, valle o rudere fa sfoggio di un numero di poligoni neanche lontanamente paragonabile al titolo originale.
La vastità delle ambientazioni e la landa che si estende a perdita d’occhio, vere e proprie icone di questo titolo, qui sembrano realmente sconfinate, tanto che più volte vi soffermerete, incantati, a osservare una cascata, o a fissare l’orizzonte che si estende a perdita d’occhio; questo amplifica la sensazione di vastità del mondo che vi circonda, mondo che, colossi e qualche fugace animale a parte, è totalmente disabitato. Questa desolazione rende l’esperienza del giocatore ancora più nostalgica, amplificando continuamente la sensazione di essere soli contro tutti, ospiti inattesi in una terra sacra, anch’essa ostile.
L’acqua, molto presente all’interno del gioco, è forse una delle cose più notevoli di questo remake.
È difficile rimanere impassibili di fronte alle increspature che si formano e aumentano di dimensione all’avvicinarsi di un colosso, o anche solo nel vedere Agro correre, formando spruzzi realistici e muovendosi in maniera impeccabile.
Questo è solo uno degli infiniti esempi del lavoro eccelso svolto da Bluepoint Games, che si è concentrata sia sullo svecchiamento e la pulizia degli ambienti, ma anche sulla conservazione e il rispetto delle decisioni stilistiche prese a suo tampo dal Team Ico, svolgendo una vera e propria opera di restauro.

Potrei andare avanti a elogiare la qualità di questo remake citando mille altri dettagli, come il muoversi degli alberi, o la maestosità dei colossi, veri protagonisti del gioco, che ora beneficiano non solo di un senso artistico sconvolgente ma anche di un livello di dettaglio pazzesco, in particolare nella riproduzione della peluria. La prima volta che li incontrerete sarà difficile non fermarsi a contemplarli, rischiando di finire sotto le loro possenti zampe.
Questa nuova versione non presenta solo migliorie grafiche, ma anche piccole aggiunte, come il riposizionamento dei tasti che rende il sistema di controllo molto più moderno e intelligente, o i nuovi collezionabili, che se recuperati vi permetteranno di mettere le mani sulla spada di Dormin.
La mia recensione, come avrete notato, non si è soffermata affatto sulla trama: visto che siamo arrivati alla terza incarnazione ho pensato, forse erroneamente, che sia ormai conosciuta da tutti. Per chi ne fosse totalmente all’oscuro posso dire che Shadow of the Colossus è una delle storie d’amore più belle di sempre. Wander, eroe muto di questa avventura, porta la sua defunta amata in un tempio sperduto all’interno di una valle dimenticata, sfidando le leggi del proprio villaggio, alla disperata ricerca di qualcosa che possa riportarla in vita. Qui incontra Dormin, creatura sovrannaturale che gli promette di far tornare indietro la sua bella, ma che in cambio gli chiede di abbattere i sedici colossi che vagano per le immense terre in cui lui è imprigionato.
Wander accetta senza esitare, e ha così inizio una delle avventure più belle e malinconiche della storia dei videogiochi.

Il remake di Shadow of the Colossus è semplicemente perfetto, c’è tanta passione nel lavoro svolto da Bluepoint Games, passione che dona nuova linfa a un gioco che già possedeva un cuore enorme. Mi viene da pensare che se fossero stati loro a occuparsi di The Last Guardian magari il gioco finale avrebbe ottenuto critiche migliori.
Se non avete mai giocato a Shadow of the Colossus, credetemi, è giunto il momento di farlo.
Se invece, come il sottoscritto, avete solcato più volte le lande perdute, scontrandovi con i colossi in nome del vero amore, beh rifatelo, ne vale davvero la pena, magari con una persona speciale al vostro fianco; perché quello del Team Ico è un gioco che rimane dentro, e può confermarlo chiunque abbia avuto la fortuna di partire per questa avventura.