A cavallo dei lontanissimi anni 2002-2003, Capcom strinse un accordo per donare agli acquirenti del piccolo cubo Nintendo cinque esclusive. Mentre su PS2 c’erano Dante e Samanosuke, su GameCube il male era residente in ben 3 giochi, Resident Evil Rebirth, Resident Evil Zero e qualche anno dopo Resident Evil 4, su XBox, intanto, si accontentavano di Dino Crisis 3 con i “dinosauri spaziali “e tutti a casa. Le conversioni arrivarono qualche tempo dopo, ma due di questi sarebbero rimasti ancorati al gamecube per anni a venire, finchè Capcom, l’anno scorso, non ha deciso di ripescarli dal limbo in cui galleggiavano e, dopo 13 anni, riproporli in una veste ad alta risoluzione per PC e console, dando la possibilità anche ai nuovi giocatori di lanciarsi in un meraviglioso viaggio pieno di paura, inquadrature fisse, schermate di porte che si aprono, proiettili che finiscono, mostri schifosi con davvero troppe zampe e macchine da scrivere per salvare i propri progressi.

Graficamente, i due capitoli della lunghissima saga di Capcom si presentano in ottima forma, i modelli 3D di personaggi nemici sono stati ripuliti ed il tutto gira tranquillamente a risoluzioni alte, senza particolari problemi di sorta. Discorso diverso per quanto riguarda gli sfondi ed i filmati di intermezzo, dove la casa di Osaka si è limitata semplicemente ad un upscale, invece di ri-renderizzarli in alta risoluzione, il che li fa sembrare quasi “appiccicati” sul fondale, stonando un po’ con il bel lavoro riservato ai personaggi.
I comandi sono rimasti gli stessi delle loro controparti Nintendo, quindi abbiamo la scelta dei comandi tank, alla vecchia maniera, o di movimenti un po’ più action – ma non troppo che poi vi abituate bene ed è subito Resident Evil 6– starà a voi decidere che tipo di esperienza provare, se classe 1996 o 2016. In ogni caso, sappiate che se il vostro primo impatto con la saga horror di Capcom è stato Resident Evil 5 potreste trovarvi parecchio spaesati.

Messo in chiaro che non vi troverete davanti a giochi action, come può essere un Devil May Cry, ma al papà dei survival horror vecchio stile, passiamo alle cose positive: se Resident Evil Zero presenta una trama non perfetta e delle scelte di gioco che lasciano dubbi (l’intellingenza del vostro partner artificiale non è delle migliori e tende a bruciavi tutte le munizioni), dall’altro lato della medaglia abbiamo una struttura di gioco solida e parecchi motivi per saltare dalla sedia. Resident Evil Rebirth è una roccia, graficamente ottimo, con una trama solida e ben strutturata. Vi catturerà appena messo piede dentro Villa Spencer e non vi lascerà andare prima del gran finale. Raramente ho visto giochi invecchiare cosi bene, per trama e lato artistico, ed il capostipite del genere non mostra il fianco, nonostante la sua prima incarnazione appartenga al lontanissimo 1996, anno di apparizione sulla scatoletta grigia di Sony. Assolutamente da giocare almeno una volta nella vita, ma siete avvertiti, vi lascerà quella voglia di un Resident Evil 2 in HD che i fan richiedono a gran voce da tantissimo tempo. Nota a margine per il sonoro dei giochi, non abbiamo una vera e propria colonna sonora, ma i campionamenti ambientali sono qualcosa di terrificante: se giocate questi titoli di notte preparatevi davvero a diventare paranoici, ogni suono che uscirà dalla vostra TV sembrerà essere direttamente nella vostra stanza. Attenti a quello che fate, sopratutto se decidete di usare le cuffie.

Se siete fan dei giochi horror della buona trama, o semplicemente volete un gioco diverso dal solito, la collection di Capcom è assolutamente consigliata da questo punto di vista. Un tuffo nel passato necessario per affrontare meglio il presente, o per storcere il naso su molte delle produzioni odierne, scegliete voi come vederla, l’importante è sopravvivere all’orrore.

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