Introduzione
È un’afosa giornata estiva come tante per i membri di Judgment 7, una piccola software house nipponica indipendente che purtroppo naviga in cattive acque: l’ultimo gioco sviluppato si è rivelato un fiasco e si è quindi deciso di puntare tutto sui New World Goggles, un particolare paio di lenti dalla fattura raffazzonata e amatoriale in grado di sfruttare la realtà aumentata a scopo ludico.
Nei panni del novello tuttofare Reiji, inizieremo l’avventura proprio con un test delle sopracitate lenti e, sebbene inizialmente tutto sembri andare per il meglio, l’esperienza non tarderà ad assumere connotati sovrannaturali: a pochi minuti dall’inizio della prova infatti, il software denominato W.O.R.L.D. Program – ma pensa un po’ – deciderà di dare di matto, presentando una marea di glitch grafici culminanti in uno schermo nero che a sua volta farà da preambolo a una visione tutt’altro che rassicurante.
Tramite gli occhi del nostro sconcertato protagonista, avremo modo di osservare un mondo ridotto a un cumulo di macerie tra cui spiccheranno alcuni ragazzi, apparentemente volti conosciuti, letteralmente crocifissi su una parete. Poco prima di un blackout totale, una ragazza ci avviserà che “il mondo sta per iniziare“…

Trama (e gameplay?)
Our World Is Ended è una visual novel di stampo classico: ad aspettarci quindi non ci saranno sequenze investigative alla Ace Attorney o Danganronpa, bensì solo fiumi di testo da leggere e risposte da dare per cambiare un minimo lo svolgersi della storia.
Forse l’unica parvenza di “gameplay” è data dal sistema denominato Selection of Soul, ovvero momenti in cui, entro un certo lasso di tempo, dovremo scegliere uno tra i tanti pensieri del protagonista, che scorreranno repentinamente su schermo per rapportarci con l’interlocutore di turno.
Sul piano prettamente narrativo, il titolo fa di tutto per stuzzicare l’interesse del giocatore e spronarlo a proseguire nell’avventura, riuscendoci purtroppo solo a metà: a premesse inizialmente interessanti, fanno da contrappeso scene di una lentezza invidiabile e siparietti dalla qualità altalenante, lasciando così davvero poco spazio alla trama vera e propria.
Se da un lato i personaggi possono risultare ben caratterizzati e tutto sommato capaci di strappare più di un sorriso dall’altro, mai come in questo caso, l’abuso più totale degli stereotipi si fa sentire sin dalle prime battute: c’è il pervertito, quello che vive nel suo mondo immaginario perché non riesce ad accettare la realtà, la svampita con un corpo da modella, la tipa scontrosa fuori ma dolce dentro, quella cinica ma comprensiva e la ragazzina-genio dai comportamenti infantili ma capace di destreggiarsi magistralmente tra apparecchiature elettroniche di ogni tipo.
E se queste descrizioni non vi dicono niente buon per voi, siccome vi troverete di fronte a un’esperienza tutta nuova; quelli che, come il sottoscritto, invece masticano tale materia da tempo riusciranno a prevedere senza fatica l’andazzo della quasi totalità delle situazioni, limitando al minimo sindacale il fattore sorpresa, a cui spetta l’infausto compito di tenere incollati allo schermo.

Comparto tecnico
Sul piano prettamente visivo, il titolo si difende bene ma non benissimo: i disegni di personaggi e sfondi risultano dettagliati e belli da vedere, anche se la staticità generale non contribuisce particolarmente all’immedesimazione del giocatore.
Discorso differente per l’interfaccia, che paga a caro prezzo la sua natura stilosa: i menu risultano sì gradevoli e in linea col contesto, ma al contempo confusionari e mal strutturati. Ad aggiungere macchinosità ci pensa poi una pessima ripartizione dei comandi su Switch, che si rifà al layout di PlayStation Vita (sull’ammiraglia Nintendo viene impiegata B per confermare e A per tornare sui propri passi, una scelta non brillantissima che, almeno inizialmente, porterà a qualche strafalcione).
Va detto che è possibile personalizzare un minimo i controlli, ma ciò si applica solo durante le fasi di “gioco” e non nei menu; apprezzabile invece la scelta di riservare dorsali e grilletti a funzioni come il fast forward, il salvataggio e il caricamento veloce (è inoltre possibile tornare in qualsiasi momento alla scena desiderata tramite il consueto log degli eventi).
Parlando del sonoro invece son più dolori che gioie, dato che l’ottimo doppiaggio nipponico non riesce a far chiudere un occhio – o un orecchio – su una colonna sonora piuttosto detestabile, se si esclude la sigla d’apertura.

Conclusioni
Our World Is Ended aspirava a essere molto di più, ma le ottime premesse iniziali non riescono a concretizzarsi, traducendosi nell’ennesimo prodotto destinato a quella nicchia di giocatori capaci di soprassedere sull’intensivo impiego di stereotipi: una visual novel senza infamia e senza lode, in grado di intrattenere per qualche ora ma che difficilmente rigiocherete spinti dall’irrefrenabile voglia di scoprirne ogni anfratto narrativo. Perché semplicemente non ne vale la pena.
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