Pubblicato il 03/05/19 da Riccardo Trillocco

Ghost Giant

Il valore dell'amicizia
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Introduzione – Lo stralunato umorismo di Zoink

Il mio primo impatto con Zoink risale al maggio 2014: PlayStation 4 era uscita da appena cinque mesi e i giochi scarseggiavano. Tra cross-gen come Assassin’s Creed IV: Black Flag ed esclusive ancora acerbe quali Knack e Killzone: Shadow Fall a farla da padrone erano gli indie, anche nella Instant Game Collection riservata agli abbonati PlayStation Plus.
Tra novembre 2013 e maggio 2014 Sony offrì ai propri abbonati vere e proprie perle come Resogun, Contrast, Don’t Starve, Hotline Miami e Stick it to The Man!. Quest’ultimo in particolare fece breccia nel mio cuore di vecchio videogiocatore, grazie a un senso dell’umorismo bizzarro e a delle meccaniche innovative e originali. Uscita nel dicembre 2013, l’avventura telepatica con protagonista il collaudatore di elmetti Ray Doewood ha rappresentato la chiave di volta per il team di sviluppo svedese, rendendolo noto al grande pubblico.

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Stick it to The Man!, con il suo stile grafico immediatamente riconoscibile e il suo umorismo sopra le righe.

Quasi sei anni dopo i talentuosi ragazzi di Göteborg, che nel frattempo hanno sviluppato altre tre perle quali Zombie Vikings, Fe e Flipping Death, si cimentano con la realtà virtuale, piattaforma ideale per sperimentare nuove soluzioni di storytelling.
Ghost Giant rappresenta il perfetto esempio di come l’avvento di una nuova tecnologia porti spesso con sé nuove tecniche narrative, andiamo ad analizzarle in maniera dettagliata…

Trama – Una dramedy edificante sull’importanza delle relazioni

L’inizio di Ghost Giant vede Louis, un ragazzino che vive in campagna con la madre, piangere da solo sulle rive di uno stagno. Chino sulle torbide acque rigate dalle lacrime, non si avvede del gigantesco fantasma che gli si para davanti. Appena ci facciamo notare, toccandogli una spalla (il gigante siamo noi, ça va sans dire), il giovane, spaventato a morte, si rifugia nella casetta sull’albero che ha costruito con il suo migliore amico, Maurice. I due hanno litigato di recente: avrebbero dovuto partecipare a un saggio musicale, ma Louis ha dato buca all’ultimo.
Come avrete capito non è proprio un bel momento nella vita dell’adolescente che, oltre alle incombenze scolastiche, deve anche provvedere al sostentamento della famiglia, coltivando il terreno di proprietà della madre. Per fortuna è arrivato il gigante fantasma in soccorso, non fosse per il fatto che la sola nostra presenza lo spaventa a morte.

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Il nostro primo incontro con Louis. La realizzazione tecnica sopraffina e l’ispirato character design fanno sì che i personaggi risultino estremamente espressivi.

Per prima cosa quindi dovremo conquistare la sua fiducia, aiutandolo nelle piccole incombenze quotidiane fino a farci accettare per quello che siamo: un gigante buono che ha a cuore la felicità di questo sfortunato ragazzino. L’avventura è divisa in 13 scene che ci introducono gradualmente nella vita di Sancourt, il ridente paesino sul mare nel quale Louis svolge la maggior parte delle sue attività, dalla scuola all’acquisto del necessario per coltivare il campo.
Presto faremo la conoscenza con molti dei suoi abitanti: da Madame La Feve, grande amica della madre di Louis, proprietaria di una fattoria con l’ambizione di vincere l’ambito premio di zucca dell’anno, a Monsieur Tulipe, proprietario del locale negozio di fiori, fino a Monsieur Debussy, l’insegnante di musica. Il cast è variegato e ricco di personalità, grazie a una caratterizzazione antropomorfa a metà tra Animal CrossingNight in the Woods, che rende ogni personaggio adorabile e immediatamente riconoscibile, dal protagonista fino all’ultimo comprimario.
Non mi sono dilungato, per scelta, sulla madre di Louis, mi limiterò a dire che ricopre un ruolo chiave nella storia, rendendola dolorosa e agrodolce. Un grande merito va a alla scrittura di Sara B. Elfgren, scrittrice svedese conosciuta per la trilogia di Engelfors e per la graphic novel Vei, ispirata alla mitologia norrena. La sceneggiatura infatti denota un’attenzione maniacale nella costruzione delle scene e un livello di qualità elevatissimo, con dialoghi plausibili e personaggi (letteralmente) tridimensionali.

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Madame La Feve e Louis discutono una questione importante davanti al banco di frutta di Monsieur Bonbon.

Per quanto composto da animali antropomorfi, l’insieme di personaggi di Ghost Giant  trasuda umanità da ogni piccolo scambio di battute, grazie anche a un eccellente lavoro di voice acting di un cast particolarmente ispirato. Una curiosità: se vi state chiedendo il perché dei nomi francofoni la risposta viene da un film del 1964, Les Parapluies de Cherbourg, un musical che ha lanciato la carriera di Catherine Deneuve e che è stato fonte d’ispirazione per Sara B. Elfgren.
Comparto narrativo promosso a pieni voti quindi, con tanto di lode!

Gameplay – Tra un enigma e un tiro a canestro

Ghost Giant è una puzzle adventure, ovvero un puzzle game contaminato da una spiccata componente narrativa. Giocabile esclusivamente utilizzando due PlayStation Move, che rappresentano le braccia del gigante, nel corso delle 13 scene che lo compongono saremo chiamati ad aiutare Louis  e gli abitanti di Sancourt in ogni modo possibile, risolvendo enigmi molto variegati per tipologia e soluzione. Si passa dal dover estirpare erbacce da un campo di girasoli al liberare una strada dai massi che ostruiscono il passaggio, fino ad interazioni più complesse quali dipingere un hot dog o installare un impianto TV satellitare.
Uno dei rompicapo più memorabili del gioco richiede di aggiustare una gru recuperandone le componenti: una di esse è in possesso di una gazza ladra e per ottenerla dovremo scambiarla con un oggetto altrettanto luminoso; per fortuna nei pressi del porto vive un’ostrica gigante che, dopo un po’ di sano solletico, non riuscirà a trattenere le risate e, tossendo, si libererà della sua preziosa perla.

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Prendi questo, girasole appassito!

Come avrete capito l’eccentricità delle situazioni è degna delle migliori avventure LucasArts ma Zoink è andata persino oltre, grazie a un uso geniale della tridimensionalità intrinseca alla realtà virtuale: molti elementi presentano una componente di ottone, afferrandola potremo ruotarli, alzarli o scoperchiarli, osservando così ciò che avviene al loro interno. Immaginate di essere un gigante che, a proprio piacimento, possa sollevare tetti, afferrare e strizzare nuvole, o addirittura scuotere delle galline per ottenere delle uova, vi assicuro che il livello d’immersione è tale che spesso mi sono a dir poco galvanizzato.
Come piacevole diversivo inoltre i programmatori hanno inserito quattro tipologie di collezionabili: degli eccentrici cappelli, con i quali potremo anche personalizzare gli abitanti di Sancourt, un buffo bruco, delle girandole e un pallone da basket. Voglio soffermarmi su quest’ultimo perché mi ha veramente divertito: in ogni scena c’è un canestro nascosto, in genere si trova piuttosto lontano, sullo sfondo. Trovato il pallone potremo fare qualche tiro a canestro e, una volta andati a segno, avremo ottenuto il relativo collezionabile.
Non so se è questa la ragione per la quale gli sviluppatori lo abbiano incluso, ma giocare a basket mentre pensavo alla risoluzione di un enigma ha rappresentato un gradevole passatempo e un egregio antidoto alla frustrazione.

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Un gigante che tira da 3. Dirk Nowitzki sei tu?

Tirando le somme, il gameplay di Ghost Giant risulta fresco e piacevole, grazie a enigmi intelligenti, fantasiosi, mai frustranti e a quella fisicità che solo la realtà virtuale può conferire.

Comparto Tecnico – Meglio di un film Pixar

Visivamente Ghost Giant è stupefacente, a partire dal menu di selezione delle scene, allestito come fosse una scenografia teatrale. La fisicità degli elementi a schermo è un po’ il leitmotiv di tutta la direzione artistica, con gli scenari che sembrano allestiti in cartapesta e i personaggi che ricordano i vecchi giocattoli in legno tipici delle culture nordiche.
Trovarsi “dentro” un mondo tanto ben ricreato, quasi tangibile, restituisce una sensazione straniante, come se all’improvviso venissimo proiettati all’interno di un film Pixar e ci trovassimo a interagire con Remy di Ratatouille o con Mike e Sulley di Monsters & Co., praticamente un sogno.
Un pensiero mi rimbalzava spesso in testa durante il mio playthrough: “Ma quanto sono fortunato a vivere in quest’epoca e a poter sperimentare sensazioni del genere?”, davvero, me lo sono chiesto più e più volte, tanto Ghost Giant risulta bello da vedere. Non trovo abbastanza aggettivi per lodare il lavoro svolto da Olov Redmalm, direttore creativo e artistico del progetto, che ha dichiarato di aver attinto dai suoi ricordi infantili, quando costruiva intere città con del cartone di scarto o dei ramoscelli trovati per caso. Le splendide texture realizzate da Leo Brynielsson trasmettono proprio quella sensazione di artigianato ricercata da Redmalm, dando l’impressione di essere state letteralmente dipinte a mano.

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Le texture donano un senso di tangibilità agli ambienti.

L’infanzia viene costantemente rievocata mentre osserviamo gli abitanti di Sancourt, quella sensazione di gioia pura che si prova soltanto nei voli pindarici di quando si è bambini.
A rendere ancora più dolce questa continua madeleine contribuisce la colonna sonora composta da Joel Bille, che culla il giocatore in una piacevole malinconia, attingendo anche a classici senza tempo come Clair de Lune di Debussy.
Il comparto tecnico non è l’aspetto più riuscito dell’opera, ne è piuttosto parte integrante e fiore all’occhiello, perché Ghost Giant arriva al cuore del giocatore come un unicum, una perla rarissima composta da bellezza e sentimenti.

Conclusioni – La realtà virtuale continua a stupire

Come scrivevo poche righe più su, mi ritengo fortunato a vivere in questa vera e propria età dell’oro del medium videoludico. Anche limitandoci alla nicchia dei giochi VR, solo nell’ultimo anno e mezzo ho avuto la fortuna e il privilegio di giocare e recensire tre giochi meravigliosi quali Moss, Astro Bot Rescue Mission e il qui trattato Ghost Giant, che ha moltissimo in comune con i titoli Polyarc e SIE JAPAN Studio: un protagonista adorabile e carismatico col quale si crea un legame istantaneo, degli scenari modificabili attraverso l’intervento del giocatore e delle tipologie di gioco “classiche” plasmate e reinventate in funzione della realtà virtuale; Moss eleva gli action adventure a un nuovo livello, mentre Astro Bot Rescue Mission è probabilmente il miglior platform 3D di sempre.
Ghost Giant
fa di più: oltre a essere un eccellente puzzle game di per sé, attraverso la sua componente narrativa e l’immersione intrinseca alla VR travalica il concetto stesso di videogioco, travolgendo il giocatore con un treno di emozioni.

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Qualcuno stava affettando un sacco di cipolle durante questa scena…

Le lacrime di Louis saranno le vostre lacrime e il suo sollievo sarà il vostro sollievo, proverete pena quando lo ascolterete inventare scuse per aver dato buca al migliore amico e sarete partecipi della sua irrequietezza infantile. Mai mi era capitato di sentirmi così coinvolto da un’opera narrativa, in senso assoluto, tanto che, una volta tolto il visore dopo aver visto i titoli di coda, mi sono posto delle serie domande sul futuro del mezzo.
Credo che nei prossimi anni correremo il pericolo di avere opere persino troppo coinvolgenti, un po’ come avveniva in Strange Days di Kathryn Bigelow, col serio rischio di mettere a repentaglio le coronarie dei giocatori più sensibili, non necessariamente per lo spavento. Per adesso godiamoci il presente, in particolar modo se ci riserva capolavori del calibro di Ghost Giant. Grattis Zoink, al prossimo gioiello!

  • Temi delicati affrontati con estrema sensibilità
  • Piacevolmente fisico
  • Cast di personaggi memorabile
  • La colonna sonora tocca il cuore
  • Un paio di momenti indimenticabili
  • Ottimo voice acting
  • Citazioni spassosissime
  • Localizzazione testuale perfetta
  • No motion sickness

 

  • La fisica a volte va a ramengo

 

 

 

Louis

Basket Hoops

Clair de Lune

Scenografie

Orso Jogging

trillo81 - Biografia

È passato da Basketball per Atari 2600 al 4K HDR in soli 38 anni. Crede che il gioco più bello sia sempre quello che deve ancora iniziare ed è fermamente convinto che, come tutte le tendenze transitorie del web, le biografie in terza persona siano destinate a sparire. Aiutatelo ad azzeccare questa profezia iniziando col non leggere la sua.

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