Indice
Introduzione
Non c’è davvero pace per il tormentato Vincent Brooks: a distanza di otto anni dalla release, la diabolica e ammiccante Catherine torna a infestare sogni e incubi di un povero protagonista che evidentemente non ne ha avuto ancora abbastanza, un po’ come Atlus e la sua ciclica abitudine a rilasciare versioni migliorate dei suoi stessi titoli.
E così Catherine: Full Body ripropone l’odissea di Vincent in versione riveduta e corretta, ampliandone i contenuti tanto per quel che concerne la trama, quanto per gli elementi di gameplay.

Trama
Vincent Brooks vive in un loop di stress e preoccupazioni: un lavoro che non lo soddisfa e che soprattutto non paga, una fidanzata portatrice di infauste notizie e delle serate trascorse al bar con gli amici che sulla carta dovrebbero rasserenarlo ma che invece sortiscono l’effetto contrario, sono tutti fattori che lo portano all’esasperazione, in un dipinto che raffigura non proprio irrealisticamente la vita del trentenne medio.
Poi, come se non bastasse, un fulmine a ciel – non troppo – sereno si precipita nella sua esistenza: Catherine, un’affascinante bionda incontrata proprio durante una bevuta serale, da lì in poi diventerà la sua amante dopo una notte rovente passata insieme, di cui però lui non ha memoria.
Fortemente combattuto dalla scelta tra Katherine e Catherine, Vincent inizierà ad avere gli incubi ogni notte: costretto a scalare una torre composta da blocchi, scoprirà di non essere l’unico protagonista di un macabro gioco che impone ai suoi partecipanti di arrivare in cima per sopravvivere e svegliarsi incolumi il mattino seguente.
Se finora l’ottimo comparto narrativo non sembra presentare particolari innovazioni rispetto al Catherine originale, l’aggiunta di Rin, una terza ragazza incontrata per caso e che soffre di amnesia, riesce a costituire quel pizzico di novità necessario a stuzzicare l’interesse dei giocatori di vecchia data, rappresentando una nuova route con finale annesso.

Gameplay
Sul fronte ludico vi sono alcune interessanti aggiunte che impreziosiscono una formula ovviamente collaudata (vi invito a leggere la recensione di Carisma20): sorvolando sulle fasi diurne che ci vengono proposte semplicemente a mo’ di cutscene, il fulcro dell’esperienza si manifesta una volta calata la notte, iniziando proprio dallo Stray Sheep, il locale in cui Vincent e amici amano fare bisboccia.
Avente funzione di hub, il bar consente di apprendere un po’ più sul mondo che ci circonda – morti misteriose in primis – chiacchierando con i vari NPC , giocare al cabinato di Super Rapunzel (una versione “ridotta” del gioco vero e proprio), regolare alcuni parametri e controllare il cellulare che di tanto in tanto riceverà SMS e chiamate dalle donzelle.
È una volta lasciato il bar però che tocca metter mano al pad: distrutto dalla giornata, il nostro Vincent si accascerà sul letto addormentandosi, consentendoci di prenderne il controllo durante la fase onirica.
Il nostro obiettivo sarà ovviamente quello di scalare il più possibile per arrivare in cima, spostando i blocchi nella maniera più utile alla bisogna: tocca però fare attenzione, poiché non tutti i blocchi possono essere spostati ed alcuni di essi hanno effetti deleteri per la salute del nostro protagonista (saltare in aria o venir trafitti non sono esperienze particolarmente piacevoli).

Fortunatamente non dovremo farcela tutta d’un fiato, poiché la scalata sarà scandita da vari checkpoint utili non solo a salvare la partita, ma che ci consentiranno di interagire con gli altri sfortunati intrappolati nell’incubo e che, agli occhi di Vincent, appariranno come pecore. Entrati in un confessionale posto proprio nei pressi dei suddetti checkpoint, prima di passare alla sezione successiva verremo interrogati da una voce misteriosa: la risposta che sceglieremo andrà a influenzare il nostro karma e di conseguenza il finale. Le “aggiunte” di cui sopra si riferiscono principalmente a modalità di gioco esterne alla storia principale che vanno a incrementare la longevità complessiva del prodotto: oltre alla rigiocabilissima campagna dalla durata di una decina d’ore, in Catherine: Full Body fanno capolino opzioni come cooperativa e versus, da giocare online o offline con gli amici, e la cosiddetta “Babel” che consente di affrontare i livelli con determinati parametri abilitati.
Menzione d’onore alla possibilità di imbattersi nelle “anime” di altri videogiocatori che hanno fallito nella scalata, questo ovviamente se si decide di connettersi alla rete prima di iniziare la partita.

Comparto tecnico
Sul piano audiovisivo, questa re-release non si discosta particolarmente dal Catherine originale, presentando medesimi pregi e difetti, quali una direzione artistica squisitamente ricercata che va un po’ a cozzare con gli evidenti limiti tecnici del motore di gioco (in modo simile a quanto accade in Persona 5).
Se quindi gli screen parlano da sé, lo stesso non si può dire per il sonoro che può vantare il tocco del sempreverde Shoji Meguro e un doppiaggio di ottima fattura (è addirittura possibile scegliere la voce giapponese di Catherine tra le tante disponibili, peccato che molte di esse siano DLC).

Conclusioni
Catherine: Full Body è – citando il gioco stesso – Catherine ma più corposo. Le modalità aggiuntive, i nuovi intermezzi che approfondiscono il background dei protagonisti e ovviamente Rin sono gli ingredienti che arricchiscono un pacchetto ludico di tutto rispetto, ma che forse a prezzo pieno potrebbe non costituire un acquisto fondamentale per chi ha già avuto modo di cimentarsi nell’esperienza originale.
Inutile dire che sotto forte sconto è un titolo che va arraffato a prescindere per tutti i fan di mamma Atlus.
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