Se c’è una cosa che adoro sono i Pocket Coffee, non solo perché quel miscuglio di cioccolato e caffè è incredibilmente buono quando esplode nella tua bocca, ma sopratutto perché hanno anche un risvolto pratico particolarmente interessante. Non ricordo più il numero delle volte in cui sono riusciti a darmi la forza di riprendere a studiare dopo ore e ore di disperazione: quei piccoli cioccolatini ripieni di caffé riescono a darmi una piccola carica di energia che mi aiuta ad andare sempre avanti. A Pixel Story è un Pocket Coffee: un magnifico cioccolatino videoludico che è riuscito a risvegliare la mia mente stanca dopo ore e ore passate su platform pessimi e mal strutturati.
Quella dei Lamplight Studios è una lettera d’amore alla storia del pixel: una lettera che comincia con un giovane Programma che sarà l’eletto capace di sconfiggere una volta per tutto il malvagio Operatore e far tornare la pace nel Sistema, ma è anche una lettera ben scritta, che comincia con una splendida pixel art e passa per quattro diverse generazioni grafiche tutte incredibilmente belle da vedere. È anche una lettera parecchio profonda, che va riletta più volte per capire bene ogni contenuto e che può stupirvi con una infinità di storie scritte sopra. Forse è la migliore lettera d’amore che mi sia mai capitato di leggere e sicuramente A Pixel Story è uno dei migliori platform di sempre.
La trama è semplice e lineare ma che non ci negherà l’incontro con un gran numero di simpatici npc che ci regaleranno più di qualche sorriso. Come già detto, il nostro obiettivo sarà quello di raggiungere il malvagio Operatore, un tiranno che ha deposto il Vecchio Operatore e ora fa vivere i programmi del Sistema in un agghiacciante terrore. Fortunatamente c’è l’Eletto, niente di meno che la pallina del classico gioco Pong che facendo un salto di generazione prenderà la forma del nostro protagonista: un simpatico omino bianco con un mantello a cui spetterà l’arduo compito di saltare per quattro diverse generazioni grafiche e raggiungere la City, luogo dove dovrebbe essere possibile distruggere una volta e per tutte il tiranno malvagio. In questo viaggio incontreremo un gran numero di personaggi, a partire dal nostro fidato e simpaticissimo aiutante Search, che ci daranno un quadro più chiaro della storia che ruota attorno ai vari luoghi che visiteremo. A volte recupereremo pure delle Memory Card dentro la quale vi sono piccole storielle che aiuteranno a comprendere meglio l’ambientazione.
Queste Memory Card serviranno anche per accedere alle generazioni successive, visto che saranno richieste per andare avanti e, oltre a recuperarle in giro per la mappa, alcune potranno essere ottenute risolvendo delle simpatiche side-quest per i vari npc sparsi in giro. È d’obbligo specificare che la struttura dei livelli di A Pixel Story è molto simile a quella di un Metroidvania: potrete quindi muovervi liberamente per esplorare ogni vasta zona, utilizzando anche il Fast Travel disponibile fra un checkpoint e l’altro. Checkpoint che sono posizionati meravigliosamente per evitare di cadere in una inutile frustrazione dato che i livelli sono ricchissimi di insidie, con salti millimetrici da fare per avanzare da un posto all’altro e una serie di puzzle che difficilmente risulteranno ripetitivi dato che ad ogni generazione verranno inseriti nuovi elementi per rendere il gioco più interessante. Si va da particolari trampolini con strane proprietà alla possibilità di programmare un clone che vi aiuti a premere due leve in contemporanea: vi lascio solo immaginare quali sono poi le infinite implicazioni della meccanica.
Come avrete potuto capire, ho adorato A Pixel Story, sopratutto perché è un gioco difficile ma che non cade nell’inutile esagerazione che pare caratterizzare il mercato indie negli ultimi anni, colpa forse di giochi come Super Meat Boy o del successo della serie Souls: non è difficile notare questa tendenza a rendere tutto arduo e frustrante al limite del suicidio e, sebbene questa cosa dovrebbe essere uno stimolo per i giocatori a cui piacciono le sfide, ci sarebbe da rendersi conto che l’esagerata difficoltà, se non retta da una stimolo motivante adeguato, porta solamente a dei rabbiosi ragequit. Considerato che credo nessuno sviluppatore voglia che qualcuno smetta di giocare al proprio videogioco, tutti dovrebbero imparare la lezione di A Pixel Story dove una curva della difficoltà ben strutturata, una collocazione ottima dei checkpoint e una serie di spinte motivazionali dovute all’ottima ambientazione tengono il fattore frustrazione ben nascosto dietro una porta blindata con lucchetti e catene. E le porte blindate sono realmente sparse in giro per la mappa dove potrete accedere, pagando qualche Coin raccolto in giro, a dei livelli difficilissimi ma completamente facoltativi. Un po’ come dire: “Se proprio volete picconarvi le palle, la c’è il piccone, ma non saremo noi a castrare ogni giocatore che passa per il nostro prodotto”.
Nel corso del gioco, come già detto, vi ritroverete a saltare per 4 diverse generazioni grafiche. Se teoricamente l’avanzare della generazione dovrebbe corrispondere ad un miglioramento grafico, in realtà i 4 tipi di stile grafico che vi ritroverete a vedere saranno tutti quanti eccellenti e semplicemente diversi fra loro: è difficile considerare uno migliore dell’altro se non facendo appello al proprio gusto personale ma è parecchio improbabile che non vi ritroverete ad apprezzarli tutti e quattro, magari per motivi diversi: il primo potrebbe farvi venire un sorriso melanconico al ricordo dei vecchi tempi in cui quattro pixel facevano magie, con l’ultimo invece potreste rimanere estasiati dal livello di espressività che si riesce a far raggiungere al protagonisti o dai magnifici effetti di luce. Insomma, ce n’è per tutti i gusti e se magari una generazione vi piacerà meno di altre, ce ne sarà sicuramente qualcun’altra in grado di soddisfarvi. Questo bellissimo quadro che vi ho presentato fin ora è incorniciato da una meravigliosa colonna sonora che cambierà, come la grafica, nel passaggio fra una generazione e l’altra adattandosi allo stile visivo e permettendo che il tutto rimanga in equilibrio per farsi apprezzare al meglio.
Che siate vecchi giocatori o nuovi, che vi definiate Hardcore o Casual Gamers, che amiate o meno i pixel, che apprezziate o meno i platform, A Pixel Story è un gioco che tutti dovreste giocare, bello quanto un: “Amore, ho casa libera: vieni a vederti un film?” ricevuto nel vostro telefonino. Lanciate soldi allo schermo sullo store Steam, qualsiasi sia il prezzo, perché i ragazzi di Lamplight Studios con il loro primo lavoro, stanno già insegnando al mondo come creare un capolavoro.