Pubblicato il 24/03/25 da Fedro

Urban Myth Dissolution Center – Recensione

Miti e leggende urbane in pixel art
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Le leggende legate all’occulto o a miti urbani hanno da sempre affascinato sia grandi che piccini. Lo studio dell’ignoto e la risoluzione di misteri sovrannaturali sono infatti le tematiche centrali di Urban Myth Dissolution Center, titolo partorito dalle menti creative del team indipendente giapponese Hakababunko, già sviluppatore della poco chiacchierata trilogia delle tinte hard-boiled denominata Makoto Wakaido’s Case Files.

Dopo tredici intense ore impiegate per terminare i sei casi da cui l’avventura è composta, siamo qui per raccontarvi se questa produzione realizzata con un accattivante stile grafico in pixel art è degna di essere vissuta.

Siete pronti ad inoltrarvi verso un piano dimensionale alternativo, popolato da spiriti e fantasmi? Noi sì, ma c’è pur sempre il rischio che si tratti di una bufala messa in giro da qualcuno di poco affidabile…

Una ragazza con un dono particolare

In Urban Myth Dissolution Center interpretiamo il ruolo di Azami Fukurai, una giovane studentessa universitaria dotata fin dalla nascita di un potere singolare, ossia la capacità di vedere delle entità dall’aspetto mostruoso che lei definisce “fantasmi”. Decisa a mettere fine a tutto questo e desiderosa di vivere una vita normale, decide di rivolgersi al Centro di Dissoluzione Leggende Urbane per trovare una soluzione. Una volta giunta alla sede dell’organizzazione e fatta la conoscenza di Ayumu Meguriya, il suo inquietante direttore, la ragazza scoprirà che il dono di cui è possesso è conosciuto come psicometria, e che in realtà ciò che riesce a percepire sono le tracce di persone o oggetti che sono stati in passato nei luoghi che la circondano. Sfruttando la situazione a suo favore in un modo parecchio ingiusto e tutto da scoprire, il direttore Meguriya costringe quindi Azami a lavorare per lui come investigatrice per risolvere alcuni casi che sembrano essere collegati a fenomeni paranormali.

Con questo incipit si apre quella che è una trama dalle tinte horror/thriller piuttosto interessante e che andrà a dipanarsi in sei capitoli, ognuno legato ad una leggenda urbana differente.

A livello di scrittura ci troviamo quindi davanti ad un’opera molto curata e con personaggi raccontati con dovizia di particolari, in primis i protagonisti: l’insicurezza di Azami, lo “scazzo” perenne di Jasmine, l’autista della compagnia e la spietata intelligenza del direttore Meguriya sono espressi in maniera credibile e le loro personalità risultano, nel complesso, molto sfaccettate.

Il ritmo della narrazione è invece perlopiù incalzante, sebbene vi siano di tanto in tanto alcuni cali, dovuti a dialoghi un po’ prolissi e che tendono a ripetere in maniera differente concetti già sviscerati pochi minuti prima. In linea generale però, sarete sempre invogliati ad andare avanti, come steste guardando una serie anime che vi tiene incollati alla TV o un manga da cui non volete per nessun motivo staccarvi. Non per nulla stiamo parlando di un gioco di matrice nipponica, il quale, per il pacing, per messa in scena e tematiche si ispira pesantemente a questi due media di intrattenimento.

A rendere il tutto più piacevole, per il pubblico nostrano, la totale localizzazione in italiano dei testi (il doppiaggio non è presente in nessuna lingua), in questo caso di reale pregio e realizzata con molta attenzione.

Ma d’altronde per un’avventura per cui la narrativa è il focus principale questo è un dovere.

Un investigatrice perennemente tenuta per mano

Sul fronte del gameplay, Urban Myth Dissolution Center si rivela leggermente deludente e vi troverete più a leggere che a giocare.

Le meccaniche legate all’investigazione sono infatti completamente guidate e commettere errori sarà di fatto impossibile, perché il gioco vi correggerà in automatico, non infliggendovi nessun tipo di penalità per gli sbagli commessi. In un gioco che fa dell’investigazione uno dei suoi perni è un difetto abbastanza grave, considerando che non dovrete mai dedurre nulla davvero e sarete perennemente tenuti per mano.

Per quanto poi esplorare le varie location per parlare con le figure che le popolano e raccogliere indizi sia piacevole, a prevalere sarà sempre la narrazione, vero elemento cardine del titolo, che è in tutto e più improntato verso lo stile di una visual novel che non a quello di un’avventura grafica, sebbene qualche meccanica, come quella delle deduzioni sembri essere ripresa direttamente da Ace Attorney, con la differenza che il Game Over non è in nessun modo contemplato. Sarebbe stato molto più divertente se le fasi in cui è necessario comporre delle frasi con gli indizi ottenuti o in cui bisogna rispondere a delle domande per arrivare alla corretta deduzione fossero state implementate in modo da creare una reale sfida e non per dare solo una parvenza di gameplay.

Apprezzabile invece l’utilizzo dei social per scovare informazioni relative ai casi da risolvere, ricchi di post curiosi e spesso spassosi da leggere, e la possibilità, da parte di Azami, di indossare degli occhiali (e qui le vibes alla Persona 4 sono forti) per focalizzarsi al meglio su tracce lasciate da individui o cose per ottenere indizi sui misteri da risolvere.

In sostanza, quindi, la produzione targata Hakababunko propone meccaniche che se fossero state maggiormente approfondite avrebbero potuto offrire al giocatore un’esperienza con più mordente, ma che purtroppo, a conti fatti si rivelano un riempitivo in quella che è, in tutto e per tutto, un’avventura narrativa di cui la parte giocata è solo un contorno.

La mai troppo amata pixel-art unita ad una OST niente male

Sotto il profilo estetico, Urban Myth (abbreviato qui per comodità) è una piccola perla. La pixel-art in 8bit è creata con tanto amore e si vede; i modelli dei personaggi durante i dialoghi sono ricchissimi di espressioni facciali differenti e le loro animazioni sono molto fluide e naturali.

I toni cromatici utilizzati, principalmente sul blu, sul bianco e sul nero, con qualche occasionale spruzzata di rosso e giallo creano un’atmosfera misteriosa e inquietante al punto giusto. Anche le location, durante le fasi esplorative, sono ricche di particolari e se siete appassionati di questo stile grafico probabilmente spenderete qualche minuto a osservarle con attenzione. Ottime anche le scene di intermezzo che raccontano la storia e che, in tutto per tutto, trasmettono il feel di una vera e propria serie d’animazione giapponese disegnata in pixel-art.

Per quanto riguarda la colonna sonora, composta dal sound director Ada-P, possiamo spendere solo parole positive: le 32 tracce sintetizzate con uno stile retrò sono di grande aiuto per l’immersione nell’esperienza, grazie al mood creepy o riflessivo che riescono ad evocare.

Onestamente ci auguriamo di sentire questo compositore all’opera in altre occasioni perché la OST è sicuramente uno dei punti forti di questo titolo.

Leggende urbane che si fanno tanto leggere ma poco giocare

Urban Myth Dissolution Center farà la gioia di coloro che amano le storie ben scritte, in cui il mistero, i colpi di scena e i fenomeni (apparentemente?) sovrannaturali la fanno da padrona.

Deludente sarà invece per molti il lato del gameplay dell’opera, poco approfondito e vera e propria cornice decorativa dell’esperienza, che si rivela senza mordente e che non vuole osare.

Un vero peccato, perché le basi per creare qualcosa che funzionasse e che riuscisse ad offrire un minimo di sfida c’erano tutte, ma gli sviluppatori hanno preferito concentrarsi sul lato narrativo, tralasciando, purtroppo, quello ludico.

Al netto però di una pixel art eccezionale e di una OST coinvolgente, Urban Myth Dissolution Center si rivela nella sua sostanza una buonissima visual novel la cui però vera leggenda urbana rimane la giocabilità, che ci auguriamo di vedere in una forma più smagliante e appagante nel prossimo gioco realizzato da questo team di developer che sa sicuramente il fatto suo e che ci auguriamo voglia spingersi più in là in futuro.

VERSIONE TESTATA: Nintendo Switch

  • Trama e personaggi ben scritti
  • Atmosfera coinvolgente
  • Pixel art d'eccellenza
  • OST immersiva

 

  • Gameplay che è solo una cornice
  • Alcuni dialoghi leggermente prolissi

Fedro - Biografia

Amante del panorama videoludico sin dalla tenera età, ama scriverne e narrarne le storie. È anche content creator e titolare del canale YouTube "TwoTimesNerd".

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