Pubblicato il 21/09/16 da Neko Polpo

The Warlock of Firetop Mountain – Un’eredità importante

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Chiunque di voi sia cresciuto negli anni ’80 e sia stato un ragazzino appassionato di fantasy si sarà avvicinato alla lettura anche grazie ai Librogame. Tutte quelle avventure da vivere in prima persona, al posto dei protagonisti dei romanzi “normali”, sono state il portale per avvicinare tantissimi bambini alla letteratura classica, e il sottoscritto non fa eccezione. Prima di conoscere i giochi di ruolo veri e propri (D&D, ovviamente), moltissimi nerd di oggi vissero le loro prime quest leggendo tomi più o meno voluminosi, sfogliandone avidamente le pagine saltando da un paragrafo all’altro e barando durante i combattimenti (sì, l’avete fatto tutti, lo so). Così come é impossibile dimenticare quei ricordi, é altresì doveroso tributare a Steve Jackson la paternità di questo medium di intrattenimento.
Ebbene sì, il primo a inventare la formula dei Librogame fu proprio lui, editore in seguito di tantissime idee diverse legate alla narrazione interattiva, che con il suo sistema Fighting Fantasy spianò la strada per tantissimi imitatori. E proprio The Warlock of Firetop Mountain fu il primo libro scritto da Jackson e Ian Livingstone all’inizio di quel decennio. E dal 1982 ad oggi, questa avventura ha goduto di tantissime trasposizioni: sia sotto forma di boardgame che di videogioco, a partire dalla versione per ZX Spectrum dell’84, passando per la versione NDS del 2009 e il librogame digitale della Tin Man Games che, dopo un Kickstarter di successo, ripropone oggi la stessa avventura con questo gioco per PC a metà strada tra l’avventura testuale originale e il gioco da tavolo digitale.

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La mappa iniziale della nostra avventura.

Già, perché questa sua nuova incarnazione si presenta come un ibrido, e cerca di unire gli aspetti vincenti di tutti e tre i media che hanno ospitato questa grande avventura: come l’originale, si tratta di un racconto interattivo, quindi preparatevi a leggere molto. Oriana, la narratrice, vi introdurrà alle regole del gioco e vi permetterà di selezionare il vostro eroe tra una rosa iniziale di quattro. Proprio dalla selezione del personaggio si intravede la seconda influenza di WoFTM: i quattro personaggi sono infatti miniature. Esatto, come quelle che cercavate di dipingere, rovinandole, per giocare a HeroQuest o Dungeons & Dragons. Ognuno dei quattro alter-ego ha statistiche, abilità e attacchi diversi, e non appena avrete fatto la vostra scelta lo vedrete “camminare” sulla mappa fino al monte maledetto.
Da qui in poi, tutta l’azione verrà ancora raccontata in seconda persona, ma sarà anche visualizzata a schermo tramite un diorama digitale in divenire: non dovrete lanciare dadi per decidere di quanto muovervi, ma dovrete scegliere quali bivi imboccare, come comportarvi con i PNG che incontrerete, se assecondare alcune abilità circostanziali e via dicendo. Come da tradizione, alcune azioni necessiteranno di un check, da effettuare lanciando due dadi per determinarne il risultato. E ovviamente, poi, vi troverete ad affrontare nemici e mostri in piccole battaglie strategiche in semi-tempo reale: una volta stabilito che l’azione vi vede contrapporvi a una o più creature, l’inquadratura cambierà e vi troverete su una scacchiera dalle fattezze ogni volta diverse, a rispecchiare la stanza, la prigione, il sotterraneo in cui vi trovate.

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L’esplorazione della montagna sarà “quasi” totalmente libera.

Qui, dovrete scegliere l’azione che preferite tra quelle disponibili (attacco, movimento o azione speciale) e vedrete il turno svolgersi allo stesso tempo per tutti i personaggi in gioco, un po’ come succedeva in Vandal Hearts II di Konami (su PSOne). Non solo quindi dovrete capire chi attaccare e con cosa, ma anche prevedere i movimenti delle miniature avversarie sul tabellone. Questo causerà non poca frustrazione, soprattutto all’inizio: attaccare una casella adiacente e vedere il nemico dileguarsi mentre il suo compagno vi assesta quei maledetti, ultimi due danni, vi farà venir voglia di smettere di giocare. Non si tratta comunque di sfide esageratamente ostiche, e nel giro di poche ore potreste anche trovarvi a sopravvivere un’intera fight con appena 4 punti Stamina. Avrete infatti degli indizi per prevedere le mosse dei nemici, quali il senso verso il quale sono rivolti e un sussulto durante la rotazione. Peccato però che se il secondo é abbastanza facile da cogliere, a volte la direzione delle miniature non sarà perfettamente interpretabile, e vedrete dei pipistrelli muoversi solo lateralmente invece che in avanti e indietro o ancora mostri visivamente complicati di cui non si distinguono fronte e retro.

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I combattimenti ricordano molto da vicino (anche se in scala ridotta) quanto visto in Vandal Hearts II di Konami.

Il roster di personaggi ta i quali potrete scegliere inizialmente è composto dalla selvaggia esploratrice Lunika, dal borioso soldato Dekion, dalla veloce avventuriera Alexandra e dal fortissimo guerriero Arran. Dopo aver accumulato abbastanza anime (dalle 250 in su) potrete sbloccare le miniature del secondo gruppo (gli Intrepid Explorers) e così via, fino ad avere a disposizione 16 personaggi ognuno con caratteristiche e attacchi diversi. Caratteristiche non solo numeriche, ma anche caratteriali: con Dekion, ad esempio, non vi sarà possibile sgattaiolare in una stanza cercando di non svegliare i nemici presenti, cosa che invece potrete fare con Alexandra.
Questa varietà purtroppo però, nonostante sia assolutamente ben accetta, non sopperisce al più grosso difetto del gioco: la sua ripetitività.
Soprattutto nelle prima fasi del gioco vi troverete a morire davvero tante volte, per dover ricominciare da capo ogni volta. Si capisce che Tin Man ha voluto dare al gioco delle influenze da rogue-like con questo, e dopo una decina di tentativi potreste addirittura sbloccare un eroe del secondo gruppo e arrivare così ancora più avanti nell’avventura, ma manca un elemento fondamentale dei giochi appartenenti al genere da cui questa meccanica è presa a forza: la proceduralità. senza di essa infatti The Warlock of Firetop Mountain rischia di venire a noia molto presto. Oppure non dovete approcciarvi a esso come fareste con un altro titolo simile: giocandoci una volta ogni tanto potreste avere delle piacevoli sorprese ogni volta e dopo qualche partita anche avere abbastanza anime da affrontare la pericolosa montagna con un nuovo avatar.

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I momenti salienti del gioco saranno rappresentati da illustrazioni molto accattivanti prese dall’originale, ma colorate per l’occasione.

È vero, ognuno dei vostri personaggi avrà una quest personale diversa e reagirà in maniera diversa a diverse situazioni (così come faranno i PNG, in base alle vostre statistiche), ma il senso di dejà-vu vi accompagnerà ogni volta che tornerete a esplorare l’enorme dungeon creato da Jackson e Tin Man Games. E il problema è da imputare al cercare di accontentare un po’ tutti, senza focalizzarsi su un solo aspetto: il gioco è a tutti gli effetti un librogame (come tanti altri titoli di Tin Man Games), ma strizza l’occhio agli appassionati di boardgame con la mappa e i modelli in 3D dei personaggi senza lasciarci muovere sul tabellone liberamente, ma solo scegliendo i percorsi che desideriamo. Il movimento della nostra miniatura sarà automatico, deludendo chi invece sperava in un dungeon crawler a turni. I combattimenti poi sono meno randomici rispetto a quelli della versione originale (per fortuna) dove si risolveva tutto con dei tiri di dado, ma risultano un po’ macchinosi e da perfezionare nell’esecuzione.

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Alcune ambientazioni sono davvero di grande atmosfera.

Aggiungete al mix una grafica non male ma decisamente non impressionante e una colonna sonora anonima e otterrete una visione più o meno adeguata di quello che rappresenta The Warlock of Firetop Mountain: un titolo dedicato agli appassionati dell’avventura cartacea originale o di qualsiasi successiva edizione, che vede in questa recente incarnazione nuova linfa vitale instillata in un prodotto che sarà ricordato solo da pochi e che vede come suoi più agguerriti nemici Crimson Shroud di Level-5 su 3DS (davvero molto simile, ma con una trama più interessante e profonda) o il Joe Dever’s Lone Wolf di Forge Reply, praticamente approdato su qualsiasi piattaforma. È un vero peccato però: le possibilità per diventare un classico erano lì, a portata di mano.

 

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  • Meccaniche interessanti
  • Piacerà ai nostalgici...

 

  • Ripetitivo
  • ... ma solo a loro!

NekoPolpo - Biografia

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