Lo so, avrete già letto i pro e i contro della scheda e starete pensando: “Ci sarà un errore, si sono dimenticati di mettere gli ARR!” E invece no. È così, The Swapper è un’esperienza unica e imprescindibile per chiunque consideri il videogioco una forma d’arte.
Avete presente i vari Braid, Journey, Bastion, To The Moon? Ecco, The Swapper (seppur in maniera unica e personalissima) rientra nella schiera dei titoli indie imprescindibili e che rendono onore a un gruppo piccolo come i Facepalm Games, che con questo “piccolo passo” superano al volo moltissimi dei giganti dell’industria in sostanza, gameplay ed eleganza. Certo, le influenze da cui attinge The Swapper sono molteplici, e nel passi del vostro alter-ego all’interno della base spaziale Theseus echeggiano quelli della Samus di Metroid, del ”piccolo” Limbo, della Chell di Portal e dell’Isaac di Dead Space. Stiamo scomodando dei “grandi”, certo, ma i ragazzi di Facepalm Games si meritano un trattamento del genere, perché con The Swapper hanno fatto centro, creando qualcosa che sarà difficile replicare e che va ben oltre alla somma delle sue parti.
Credetemi, parlare di The Swapper in una semplice, banale recensione non è facile. La trama del gioco vi vedrà bloccati inizialmente sul pianeta Chori V (nel prologo) e in seguito nella stazione Theseus che vi orbita intorno. Non ci sono sopravvissuti al suo interno e presto verrete in contatto con il potentissimo artefatto che da il nome al gioco. Indagando nelle diverse zone della base troverete diari di bordo sempre più angoscianti, legati non solo allo strumento che potrà salvarvi la vita, ma anche a delle misteriose forme di pietra rinvenute sulla superficie del pianeta, che comunicheranno con voi in maniera telepatica. Che ne è stato dell’equipaggio? E chi è che sembra anticipare le vostre mosse in ogni momento?
Scoprirete tutto, a tempo debito, abituandovi al semplice concept del gioco: The Swapper è un puzzle game camuffato da platform (come Portal era camuffato da FPS) e vi vedrà impegnati a risolvere enigmi sempre più intricati con il vostro congegno miracoloso. Grazie a questa “pistola” sarà possibile infatti, con un tasto, creare cloni di voi stessi (fino a un massimo di quattro) che replicheranno in tempo reale i vostri movimenti e con l’altro spostare la vostra anima da uno all’altro. Oltre ai soliti controlli per muoversi e saltare da una piattaforma all’altra, è tutto qui. Davvero.
Ma allora cosa rende il gioco così unico? Beh, tutto il resto. E non parlo solo della grafica “realistica” e dell’accompagnamento sonoro perfetto, o ancora del level design pressoché impeccabile, ma del mood generale di questo titolo. È impossibile infatti non pensare a Limbo e alle sue passeggiate in bianco e nero nella foresta mentre ci si avventura all’interno dei corridoi e negli immensi atrii della stazione abbandonata, e improbabile non ripensare ai puzzle di Braid mentre vediamo i nostri cloni muoversi imitandoci alla perfezione.
Tutto quello che succede in The Swapper, a livello di storia, ha una rilevanza immensa sulle vostre azioni, sul modo di vivere questo gioco. Sì, perché se spogliato di tutto il contorno di ambientazione e narrazione sarebbe risultato “solo” un ottimo puzzle game, con tutto il contorno, diventa capolavoro in cui gameplay e narrazione si compenetrano perfettamente.
Sapere che appena ottenuto lo Swapper vi state lasciando alle spalle il vostro corpo originale, e che da quel momento in avanti vivrete solo in gusci fabbricati ad hoc (seppur perfetti) non può non lasciare indifferenti. Leggere i diari di bordo e cercare di comprendere gli esperimenti legati al trasferimento dell’anima umana e ai diversi approcci che gli scienziati hanno avuto in tal merito non può essere un’esperienza vacua se vi lascerete trasportare dal potere di questo medium, a noi tanto caro.
E sì, certo, graficamente si comporta benissimo, con un design furbamente minimalista che riprende la fantascienza classica nello stile, e anche a livello di sonoro troviamo delle composizioni meravigliose (guardate il trailer qui sotto per averne solo un’idea), ma il punto focale non è quello: siete giocatori, sapete immedesimarvi in un idraulico italiano che con un costume si trasforma in un gatto, il vostro cervello è pronto per qualsiasi viaggio (mentale). E The Swapper, nel suo piccolo, vi offre proprio questo. Un breve viaggio alla scoperta della propria identità, attraverso un percorso irto di pericoli ma mai punitivo (il game over non esiste, fallire e morire equivale a ricominciare da uno dei frequentissimi checkpoint) in cui usare la testa e mettervi sempre più alla prova. Verranno aggiunti mano a mano elementi in più per la risoluzione degli enigmi come piattaforme da premere, luci in grado di neutralizzare i poteri dello Swapper e prove per risolvere le quali avrete bisogno non solo di pianificazione, ma anche di prontezza di riflessi e precisione nell’esecuzione.
Se le similitudini con altri videogiochi più o meno importanti fatte a inizio di recensione sono d’obbligo, è impossibile non notare alcune Influenze tematiche o spunti presi anche dal cinema o dalla letteratura di genere: se vi è piaciuto Moon di Duncan Jones (2009) o Solaris (il romanzo originale di Stanislav Lem piuttosto che il capolavoro di Tarkoskij), allora sapete cosa vi aspetta in queste ore di gioco dopo le quali tornare ad un titolo AAA sarà ancora un po’ più difficile.