Pubblicato il 14/03/17 da Neko Polpo

Tales of Berseria – Perché gli uccelli volano?

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L’eterna lotta tra bene e male, si sa, è un concetto ormai riciclato all’inverosimile, ciò nonostante ancora saturo di fascino e pronto a tutte le possibili interpretazioni” o almeno così scrivevo nel non troppo lontano 2015 per introdurre il lettore a Zestiria: un titolo dalle indubbie potenzialità, minato però da alcuni aspetti di natura tecnica poco riusciti e da una blanda realizzazione del comparto narrativo che, sebbene personalmente apprezzai, faticava a decollare.
Ecco, se dovessi descrivere la gestione della trama in Berseria con poche parole, ciò equivarrebbe all’esatto opposto di ciò che è stato per il capitolo precedente, per la gioia di chi non è mai riuscito a farsi piacere le avventure di Sorey e soci.
D’altronde di produzioni che mettono il giocatore nei panni del cattivo ve ne sono in abbondanza, ma davvero in poche possono vantare una degna caratterizzazione per l’anti-eroe di turno e l’ultima fatica targata Bandai Namco fortunatamente è tra queste: se parlare dell’incipit di Tales of Zestiria è stato abbastanza semplice da rendere indolore per chi legge, svelare anche il più piccolo dei dettagli che compongono la trama di Tales of Berseria potrebbe rivelarsi deleterio per chi sta leggendo queste righe e intende godersi appieno l’esperienza, dato che quest’ultima impenna sin dalle battute iniziali.
Vi basti sapere che seguirete le vicende di Velvet, ragazza la cui vita viene stravolta dalla perdita di una persona cara e disposta a tutto pur di ottenere la vendetta che cerca: il suo viaggio assetato di sangue però ben presto si trasforma in una simbiosi di personalità col malak Laphicet, dati i caratteri opposti dei due che risultano complementari, in un rapporto capace di generare una forte sensazione d’empatia nel giocatore, ma anche in grado di lasciare il resto dei comprimari in una zona d’ombra.
In ogni caso stiamo parlando di un party dotato di grande caratterizzazione e, nonostante il sopracitato duo tenda a brillare più degli altri, non faticherete nell’innamorarvi di ognuno dei suoi componenti e delle storie che portano con sé.

Potevano mancare le skit?

Ma non è di sole cutscene e dialoghi che un JRPG campa, andiamo quindi ad analizzare ciò che ad un appassionato interessa più di ogni altra cosa, ossia il gameplay: in pieno rispetto dei canoni della serie, il giocatore si ritroverà a vagare per zone piuttosto povere di diramazioni e ben più striminzite delle macroaree presenti in Zestiria, indubbiamente un passo indietro volto al ridurre la dispersività a cui il titolo precedente ci aveva abituato.
Seppur lineari, tali aree risultano comunque infarcite di oggetti da raccogliere e forzieri da aprire, ma sopratutto sono popolate da una fauna tutt’altro che benevola nei nostri confronti: una volta incrociata una qualsiasi delle creature a zonzo per la mappa, inizierà la fase di combattimento la cui struttura risulta snellita rispetto al passato, in favore di un approccio meno macchinoso ma non per questo meno tecnico.
Il tutto ruota attorno al consumo e guadagno dei piccoli indicatori presenti sulla cosiddetta Barra Anime, i quali fungono da punti azione o stamina (che dir si voglia) e che consentono di utilizzare i vari attacchi suddivisi in arti marziali, occulte e mistiche: all’inizio di ogni combattimento lo standard è di tre anime per personaggio e può variare fino ad un massimo di cinque a seconda di come ci si comporta sul campo di battaglia.
Infliggere colpi particolarmente efficaci, innescare status alterati o parare al momento giusto sono azioni che incrementano il limite di tale barra riducendo al contempo quello del bersaglio, consentendo così di attaccare più al lungo ed utilizzare le arti occulte o mistiche più potenti, ma occhio: tale meccanica vale anche per i nemici che non ci penseranno due volte prima di riversarvi addosso di tutto pur di privarvi della preziosa valuta.
Esaurito il quantitativo di anime a disposizione, sarà ancora possibile attaccare seppur ciò è sconsigliato, poiché in questo caso i colpi perderebbero di precisione ed efficacia, ma fortunatamente in aiuto del giocatore accorre il nuovo sistema chiamato Anima di Sfondamento: attraverso la pressione del grilletto destro del pad si attiverà un’abilità i cui effetti varieranno a seconda del personaggio utilizzato, ma che più in generale consentirà di infliggere danni aggiuntivi prolungando le combo e caricando così la Barra Esplosioni (il numero accanto ai punti vita) necessaria per le arti supreme.
Si tratta di una risorsa fondamentale da sfoderare al momento giusto, dato che il costo di ogni attivazione si ripercuoterà sul limite massimo di anime, ripristinabile attraverso i metodi sopra descritti.

I combattimenti sanno essere caotici, ma mai indecifrabili.

Ancora una volta il level up costituisce l’elemento meno influente nella crescita dei personaggi, in quanto l’incremento delle statistiche viene affidato nuovamente alle erbe che si raccolgono in giro e all’equipaggiamento, la cui gestione è molto meno astrusa che in passato e si limita al semplice potenziamento dello stesso tramite qualsiasi negozio, materiali e gald permettendo.
Fuori dalla lotta ed escludendo la main quest dalla durata di una cinquantina di ore, le attività collaterali non mancano, spaziando dal semplice ritrovamento ed apertura dei forzieri Katz, passando per la caccia a mostri particolarmente potenti e finendo con i minigiochi presenti in determinate location, non eccelsi ma costituenti un buon diversivo.
Immancabili poi le missioni secondarie, in minor numero rispetto a Zestiria data la struttura meno aperta del mondo e che invero tendono a palesarsi solo in prossimità delle fasi finali dell’avventura, finendo, nella maggior parte dei casi, relegate al post-game.
Sul lato tecnico siamo di fronte a un visibile miglioramento dal predecessore, specialmente per quanto riguarda la mole poligonale dei protagonisti, il livello di dettaglio di alcune ambientazioni, le espressioni facciali ed ovviamente gli incrollabili 60 fotogrammi al secondo (almeno nella versione PC, quella testata).
Scarna invece la realizzazione dei personaggi secondari, così come dungeon e caverne risultano particolarmente spogli (sensazione accentuata dalla presenza di backtracking), mentre si poteva fare decisamente di più sulle animazioni.
Insomma graficamente siamo ancora lontani dagli standard odierni, ma i veterani della serie probabilmente chiuderanno un occhio sulle magagne di cui sopra.
Fortunatamente la componente sonora si difende bene, nonostante ne esca un po’ zoppicante: il titolo può vantare un doppiaggio nipponico di ottimo livello (non si può dire lo stesso di quello anglofono purtroppo) e una colonna sonora, ad opera del buon Motoi Sakuraba, sempre orecchiabile ed azzeccata, seppur innegabilmente sottotono se confrontata i sottofondi musicali di Zestiria.
Infine la localizzazione nostrana presenta qualche incongruenza con le linee di dialogo se si scelgono le voci giapponesi, ma è roba di poco conto che non mina per nulla l’esperienza di gioco.

Mi viene quasi voglia di abbandonare tutto e sostare qui.

Tirando le somme, non mi resta che definire Tales of Berseria come uno dei capitoli migliori della saga, nonché l’incarnazione più pura del JRPG: personaggi ben caratterizzati in una storia che incalza rapidamente e tiene incollati, gameplay immediato ma al contempo profondo e una longevità più che buona sono elementi che faranno la gioia di tutti i cultori del genere.
Ogni tanto fanno capolino sviste di natura tecnica come la sopracitata realizzazione di alcuni interni e la sempreverde presenza di backtracking, fattori su cui personalmente mi sento di soprassedere in favore di quanto di buono l’esperienza ha da offrire.
Un viaggio all’insegna della vendetta, ma sopratutto un viaggio all’interno dell’animo umano e delle sue sfaccettature, attraverso tematiche non solo in grado di far affezionare ai componenti del party e appassionare alla vicenda, ma che in alcuni casi possono generare spunti di riflessione sulla vita di tutti i giorni, quella fuori dallo schermo.
E chissà che giocandoci non riusciate trovare vostra personalissima risposta alla domanda nel titolo.

Ipah

Il secondo parere di Ipah

Che dire su Tales of Berseria… Comincerò col fare una domanda e dare una risposta: vale i suoi 49,99 euro? Contando che io ne ho spesi circa 180 direi di sì. Già, perché appena finito il gioco, dopo aver laggato una ventina di minuti sui titoli di coda, ho preordinato la figure di Velvet della Kotobukiya. Ho amato alla follia Zestiria e mi dispiace tantissimo dover dire, che davanti a Berseria, il primo capitolo sparisce. Paradossalmente proprio per questo motivo, il mio consiglio è di giocare assolutamente a Zestiria prima di cominciare Berseria, perché una volta provato il combat system di quest’ultimo non riuscirete a tornare indietro. Degli splendidi personaggi, della poeticità di questo capolavoro e delle varie features che lo compongono vi ha già parlato Ruka, io mi limiterò a dire che era dai tempi di “bestie” del calibro di Suikoden 2, Final Fantasy 9 e Xenogears che non mi divertivo ed emozionavo così tanto con un JRPG e no, non sto esagerando. Non è solo un fatto di emozioni e coinvolgimento. è anche la realizzazione tecnica, unito al non saltare neanche un combattimento perché semplicemente non vuoi farlo. Diciamolo chiaramente, in termini di mero gameplay: quando la cosa più divertente di un gioco è grindare, e comunque non hai bisogno di farlo, sai di aver toccato delle vette di realizzazione che c’è solo da togliersi il cappello. Il rapporto tra l’utenza che gioca a “questa roba” e l’utenza che “questa roba” meriterebbe non è assolutamente calcolabile.

  • Narrativa di spessore
  • Combat system divertente e profondo
  • Buona colonna sonora...

 

  • Più lineare che in passato
  • Tecnicamente si poteva fare di più
  • ...sottotono rispetto a Zestiria

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