La narrazione interattiva negli ultimi anni ha subito tanti cambiamenti, e l’affermarsi di una florida e produttiva scena indie è in grado di offrire sempre più possibilità.
La corsa alla formula perfetta per rivoluzionare il medium sta portando alla luce titoli incredibili, il cui ultimo grande esponente è The Witness, ma ovviamente al di sotto di opere come questa ne nascono ogni giorno tante altre, decisamente meno riuscite.
Dopo il primo walking simulator, Dear Esther, nato prima come esperimento e solo dopo ricreato come vero prodotto commerciale, il genere è esploso, trovando tantissimi consensi tra il pubblico più intellettual(oid)e, ma anche tante critiche tra coloro che tacciano questo sottogenere delle avventure in prima persona come non-giochi.
E dopo i vari Gone Home, The Stanley Parable e soprattutto la demo tecnica del cancellato P.T./Silent Hills di Konami, ecco apparire questo Layers of Fear.
Memore quindi dei “trucchetti” visti nel simulatore di corridoio Konami, il team di sviluppo Bloober Team ha deciso di scrivere e raccontare una storia di follia che non stonerebbe all’interno di una raccolta di racconti di Edgar Allan Poe.
Nei panni di un pittore sull’orlo della crisi mentale, ci troveremo a vagare nella nostra splendida ma inquietante dimora vittoriana alla ricerca degli elementi necessari per completare un ritratto in sospeso nel nostro studio. Partendo proprio dal dipinto, esploreremo i corridoi e le stanze sempre cangianti e mutevoli di un’abitazione impazzita la cui geografia e architettura non saranno mai razionalizzabili. Entrare in una stanza dall’unica porta presente e uscire dalla stessa ci condurrà infatti in nuove location, in un claustrofobico susseguirsi di smarrimento e panico.
Da lì in poi sarà la memoria, o la magione stessa, a giocarci tiri mancini in grado di far crollare la psiche già labile di un uomo distrutto dalla vita. Rivivere le memorie legate alle stanze della casa sarà un’esperienza fortissima, coadiuvata da tanti jump scare e “trucchetti” a cui purtroppo potrà essere molto facile sfuggire.
E questo è il problema principale del gioco: anche se il genere vi piace, sarà difficile poterne fruire debitamente, almeno su PC: anche su una macchina recente ci sono molti problemi di framerate e risoluzione. Alien: Isolation, più esoso in termini di risorse hardware, sulla stessa piattaforma funziona perfettamente, mentre Layers of Fear mostra il fianco e non ci consente l’immersione totale di cui invece un gioco così necessita. E anche SOMA, da cui Layers of Fear prende TANTISSIMO in termini di gameplay, interazione con gli oggetti e metodo narrativo inclusi, non ha dato problemi di sorta.
Ed è un peccato, perché se l’audio del gioco funziona alla grande, e forse è l’aspetto più riuscito del prodotto, con musiche adattissime, effetti sonori inquietanti e voci che sussurrano alle nostre orecchie (è d’obbligo giocare con le cuffie), il resto del pacchetto risulta piuttosto fastidioso e, se soffrite di motion sickness da FPS, non potrete permettervi sessioni più lunghe di 30 minuti alla volta.
È vero, un gioco del genere DEVE causare ansia e stress per funzionare, ma questo “fastidio” generale non è solo dovuto all’ambientazione o alla storia bensì alla protesi alla gamba del protagonista che farà sempre pendere la visuale leggermente a destra e causerà il suo incedere zoppicante, diventando ben presto fonte di frustrazione e malessere.
Se però riuscirete a sistemare l’aspetto tecnico del gioco, l’esperienza che vi troverete a vivere sarà costellata da momenti non indimenticabili ma quantomeno memorabili: è vero, qualche glitch è ancora lì, eredità dell’early access della fine dell’anno scorso, e potrete ad esempio perdervi delle “scene” se per errore verranno triggerate mentre non siete nel punto giusto. Però sono problemi minori che non costituiscono una regola all’interno della magione infestata.
Chiaramente non si tratta di un gioco con un gameplay solido o particolarmente complicato: non ci troviamo davanti ad un survival horror, e gli enigmi presenti sono pochi e semplicissimi. E anche l’interazione con gli ambienti sarà praticamente sempre di tipo passivo: leggeremo note e lettere e ritagli di giornale, guarderemo foto e dipinti, limitandoci ad aprire porte e cassetti per avanzare nell’esplorazione.
In definitiva, Layers of Fear ci mostra come potrebbe essere, se unito ad un gameplay azzeccato, un eventuale remake di Dark Corners of the Earth, il cui difetto risiedeva nella realizzazione tecnica dell’epoca.
È senza dubbio un gioco interessante e, nonostante i diversi difetti, vi terrà incollati al computer fino a quando non avrete scoperto i segreti nascosti nella labirintica casa degli orrori che rispecchia l’animo del vostro alter ego.
Se avete già terminato il succitato The Witness (che però è un puzzle game) o l’ultimo sforzo di Frictional Games, SOMA, potreste anche aver voglia di una storia come questa.
Layers of Fear è acquistabile su Steam (Windows, Mac e Linux) , su Xbox One e su PlayStation 4.
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