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Una fine a lungo attesa
Diciassette anni dal primo capitolo e un totale di nove piattaforme (inclusi i cellulari) toccate dalla serie ci hanno portato qui, a Kingdom Hearts III, la conclusione di un lungo arco, quello della “Dark Seeker Saga“, la saga di Kingdom Hearts che segue (o meglio, ormai seguiva) le macchinazioni di Master Xehanort. Dopo tre anni dall’ultimo capitolo, inserito in Kingdom Hearts 2.8 Final Chapter Prologue, Sora, Paperino e Pippo sono pronti a partire per la loro ultima avventura. Ne è valsa la pena seguire le peripezie dei Guardiani della Luce per 17 anni?
Un cammino in salita
La trama dell’ultimo capitolo riprende ciò che aveva lasciato in sospeso dopo Dream Drop Distance e, in parte, 0.2 A Fragmentary Passage. Sora ha perso gran parte dei suoi poteri, in particolare quello del Risveglio, necessario al fine di riportare nel Regno della Luce i tre guerrieri del Keyblade persi anni prima. Inizia così il suo nuovo viaggio di allenamento per riconquistare la sua forza, viaggio che poi culminerà in uno scontro senza tregua tra bene e male.
Gran parte del gioco si svolgerà nei vari mondi Disney (con l’eccezione di Crepuscopoli) visti nei trailer, inframezzata da Cutscene e sezioni giocabili che vedranno protagonisti gli altri personaggi della saga: ho apprezzato particolarmente la decisione, in questo nuovo episodio, di fondere assieme le due “visite” ad ogni mondo viste in Kingdom Hearts II in un’unica, grande visita. Assieme alle trame più o meno originali dei mondi Disney ci troveremo faccia a faccia con la vera Organizzazione e le sue macchinazioni; Sora e compagni non sono più osservatori degli eventi, ma eroi attivi. Agiscono non solo per aiutare i protagonisti dei vari film, ma anche per intralciare o cercare di capire quale sia l’obiettivo del nemico di turno. Tra i mondi Disney sicuramente spiccano la Toy Box, Monstropolis e San Fransokyo, i quali non vanno a ripercorrere eventi già conosciuti, ma possono essere presi come veri e propri sequel dei film originali. Il punto negativo della prima parte di gioco invece è senz’altro Arendelle: stupendo nella realizzazione tecnica e nella fedeltà con il film originale, ma affrettato e in un certo senso noioso. Poteva essere fatto meglio, come il Regno di Corona e i Caraibi dimostrano.
Tutto cambia una volta finiti i mondi Disney, momento in cui l’azione entra nel vivo e ci si avvicina sempre di più alla battaglia finale: per ovvi motivi non starò qui a dirvi ogni mia singola considerazione, ma posso, senza ombra di dubbio, dire che la saga di Xehanort viene chiusa per bene, fornendo una degna conclusione all’arco di ogni singolo personaggio coinvolto, con colpi di scena ad ogni angolo. Ci sono alcuni dettagli che faranno storcere il naso ai fan più accaniti ed attenti (certe cose potevano essere spiegate meglio, non in pochi minuti), ma posso ritenermi, in generale, soddisfatto.
Va comunque detto che Kingdom Hearts è una saga complessa e molti si avvicineranno a questo “terzo” capitolo senza sapere molto del background costruito da Tetsuya Nomura: vi prego, non fatelo, recuperate le collection, giocate o guardatevi le cutscene di Union X su Youtube, informatevi su ogni singolo gioco del franchise. Al contrario di quello che si pensa, ogni gioco della saga è un main title e non uno spin-off (già, anche Re-Coded) ed è vitale per comprendere ogni singolo elemento di questo episodio conclusivo. Inoltre, per capire meglio le fasi finali e l’epilogo, sarà necessario raccogliere gli ormai onnipresenti Rapporti Segreti completando i vari Portali Battaglia nel post game e, mi raccomando, a un certo punto del gioco fate in modo di parlare con tutte le stelle.
La vera potenza del Keyblade
Al di là della trama che può soggettivamente piacere o meno, non si può che essere oggettivi su una cosa: Kingdom Hearts III è estremamente divertente da giocare. Ogni elemento del battle system viene preso in prestito dai passati capitoli della saga, rifinito, pulito e fatto brillare di luce propria: abbiamo i Legami e le Attrazioni, un’evoluzione delle evocazioni dei primi due titoli numerati (finalmente utili in combattimento anche in condizioni non particolari), i Comandi Situazionali ricordano una versione migliorata dei Command Styles di Birth by Sleep, le trasformazioni del Keyblade invece sono le Fusioni di Kingdom Hearts II sotto steroidi. Non importa quale sia il vostro approccio agli Action RPG, Kingdom Hearts III ha sicuramente un asso nella manica da sfoderare per accontentarvi.
Il comparto prettamente ruolistico inoltre non subisce grandi semplificazioni da quello visto in Kingdom Hearts e Kingdom Hearts II: torna la forgia dei Moguri nella quale potremo creare oggetti ed equipaggiamenti, oltre a, per la prima volta (anche se Union X ha un sistema simile), potenziare ogni singolo Keyblade rendendolo utilizzabile senza perdite di statistiche fino alla fine del gioco; anche il sistema di apprendimento delle abilità è identico ai vecchi capitoli, e avremo a nostro supporto fino a quattro compagni di party personalizzabili per ogni mondo. I compagni sono senz’altro quelli che hanno ricevuto l’update più grande: l’intelligenza artificiale ha fatto passi da gigante e Paperino e Pippo risulteranno più utili di quanto potrete immaginare, soprattutto se consideriamo che sarà possibile eseguire combo finisher di coppia avvicinandoci a loro, o usare uno dei molteplici comandi di squadra per far piovere una manica di schiaffi su Heartless, Nobodies e Unversed.
Unica nota negativa portata da questa varietà di migliorie al battle system è la facilità con cui concluderemo molti scontri; giocando in modalità Proud ho avuto meno difficoltà che in passato. Devo ammettere che, a differenza dei vecchi giochi, ho iniziato ad inciampare nelle fasi finali, nonostante la moltitudine di abilità equipaggiate. Per contrasto, in Kingdom Hearts II mi sono trovato all’angolo nelle fasi iniziali e il Mondo che non esiste mi era sembrato una passeggiata al parco. Questo non vuol dire però che non troverete pane per i vostri denti, soprattutto nelle sfide post-game.
Per quanto riguarda le sidequest, avrete un sacco di tempo da investire, tra il pilotare le Gummiship che tornano più belle che mai, questa volta in versione open-world, numerosi minigame, la raccolta dei Portafortuna (necessaria per sbloccare il filmato segreto), dei materiali per la forgia e molto, molto altro.
Una gioia per i sensi
Oltre al comparto gameplay solido, Kingdom Hearts III mostra i muscoli su quello grafico, facendoci capire che da Square-Enix il passaggio ad Unreal Engine 4, seppur non indolore (ha preso un intero anno di sviluppo dei sei totali), è stato proficuo. I molti mondi che visiteremo sono enormi e bellissimi da vedere, soprattutto se comparati a qualsiasi cosa vista nei passati capitoli della saga; inoltre, sono più vivi che mai, sostituendo finalmente le vecchie aree vuote con zone altamente popolate da NPC, ognuno lì che chiacchera del più e del meno. Positivo anche il giudizio sui modelli dei molti personaggi, si passa dai giocattoli di Toy Story, completi di piccoli tagli e abrasioni tipiche dell’usura di un oggetto in plastica, fino ai modelli iper realistici degli abitanti dei Caraibi. Purtroppo però, questo livello di dettaglio pesa alquanto sulle prestazioni, e son riuscito ad ottenere un framerate abbastanza stabile sui 60 frame al secondo solo impostando la mia PS4 Pro sui 1080p, senza super-sampling. Qualsiasi altra impostazione darà problemi di framerate più o meno costanti, e l’opzione stabilità non farà altro che bloccare il framerate a 30fps, il che è un peccato.
Neanche il comparto audio delude, Yoko Shinomura torna a comporre e come sempre dà il suo meglio, regalandoci nuovi temi che ci accompagneranno per tutta l’avventura oltre a nuovi, bellissimi arrangiamenti dei vecchi temi che già amiamo. Inoltre troveremo alcune colonne sonore Disney nel gioco, soprattutto nel mondo di Arendelle, nel quale le canzoni “Let it Go” e “Do you wanna build a snowman” sono presenti nella trama principale del mondo stesso. Nota positiva anche sul doppiaggio: Haley Joel Osment, Jesse McCartney, Willa Holland e David Gallagher riprendono i loro ruoli storici, mentre Hayden Panettiere lascia la saga in favore di Alyson Stoner e a sostituire invece il compianto Leonard Nimoy nel ruolo di Master Xehanort troviamo un attore di tutto rispetto, Rutger Hauer. Molti personaggi Disney sono doppiati dai loro doppiatori originali, portando sulla barca nomi importanti come Zachary Levi, Kristen Bell, Idina Menzel, Josh Gad e James Woods. Per i personaggi che non hanno il loro doppiatore originale il casting ha comunque fatto un lavoro egregio, andando a scritturare attori in grado di coprire il ruolo senza troppe differenze con l’originale (arrivando pure a mettere il fratello di Tom Hanks, Jim Hanks, al doppiaggio di Woody) [NdEditor: il doppiatore che sostituisce Billy Crystal alla voce di Mike Wazowsky, però, ne fa un’imitazione davvero imbarazzante].
Tutto ha una fine, ma porta a un nuovo inizio
Concludendo questa recensione, ne è valsa la pena quindi? È difficile dare una risposta univoca: per i fan di vecchia data, è un sicuro sì. Se avete seguito le vicende di Sora e compagni per 17 anni, non perdendovi nulla, andate tranquilli, avrete per le mani la degna conclusione di questo primo, lungo arco, con un gameplay divertente e un sacco di cose da fare nel caso siate dei completisti (io personalmente sto perdendo le ore a cercare di completare ogni singola missione Gummiship), oltre a nuove trame che partono in questo episodio e si collegheranno al futuro della saga. Se siete fan dell’ultim’ora o se avete deciso di iniziare questa saga da questo capitolo (o avete ignorato molti degli altri giochi categorizzandoli come spin-off) vi troverete a giocare un Action RPG molto divertente, ma difficilmente arriverete alla fine soddisfatti. Kingdom Hearts III è un bel gioco, ma richiede la dovuta preparazione per essere goduto al massimo, quindi tenetelo a mente prima di acquistarlo perché “chi non sa niente, non può capire niente“.
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