-Che bello! un gioco su una ragazzina cieca!
-No, non è cieca.
-Che bello! un gioco su una ragazzina stupida!
Sprigiuso è un aggettivo del dialetto palermitano di difficile traduzione. Il termine italiano che vi si avvicina di più è “dispettoso“, ma una “sprigiuseria” viene fatta per il puro gusto di ridere del malcapitato, una sprigiuseria è sempre qualcosa che diverte l’ideatore della stessa e difficilmente la vittima del fastidioso atto è realmente odiata dallo sprigiuso. Inoltre, uno sprigiuso è anche antipatico, fastidioso in ogni cosa che fa, non un semplice ragazzino che fa i dispetti.
Inutile girarci troppo intorno, htoL#NiQ: The Firefly Diary è una grossa delusione, e una delusione deriva sempre da una speranza svanita. Immaginate di stare giocando ad un gioco che vi pare essere parecchio interessante, non il capolavoro della vostra vita ma una roba così gradevole che non vi aspettavate, contornata da parecchie idee carine, ne notate i difetti ma non li considerate poi così gravi. Poi, lentamente, questo giochino che sembrava tanto interessante e bellino diventa sempre più frustrante, comincia a far vedere tutti i suoi difetti e poi vi porta ad un passo dal lanciare la vostra PlayStation Vita dalla finestra. Ecco, questa si chiama delusione, e purtroppo con il gioco di Nippon Ichi Software questa delusione si fa conoscere troppo bene.
htoL#NiQ: The Firefly Diary delude perché nel tempo diventa sprigiuso. Certo: i dubbi che non tutto sia a posto vengono fuori già dalle prime ore di gioco, ma tutto sommato questi possono essere considerate gradevoli se si riesce a tollerare un sistema di controllo fastidioso. La particolarità del gioco è che voi non controllerete la protagonista ma le due lucciole che la guidano: la prima si muove nel mondo della luce e sarà quella che la ragazzina seguirà sempre. Lei seguirà la lucina anche se questa la condurrà a cadere da un burrone o a buttarsi fra le fiamme, all’inizio vien spontaneo pensare che si tratti di una ragazzina cieca, ma considerato che non è così possiamo dire che si tratta di una ragazza molto sveglia. La seconda lucina volante si muove invece nel mondo delle ombre, questa potrà attivare marchingegni, dare piccoli colpi ai nemici o fare altre semplici azioni che vi aiuteranno nel superare i vari puzzle che ostacoleranno Mion, la giovanissima protagonista, mentre cerca di uscire dalle labirintiche rovine dentro cui si è ritrovata.
L’idea è buona ma è ostacolata da un sistema di controllo pessimo (sia che scegliate di utilizzare il touchscreen della vostra PlayStation Vita, sia che vi affidiate alla levetta direzionale) che renderà particolarmente ostiche molte semplici azioni e presto capirete che una delle maggiori difficoltà del gioco sara quella di spostare una semplice cassa. La sprigiuseria esce fuori lentamente già dal secondo capitolo di gioco, con enigmi fastidiosissimi che porteranno il vostro personaggio esageratamente vicino alla morte anche quando utilizzerete il miglior sistema per risolverli, mentre raggiungerà il suo apice nel quarto capitolo, dove mi è capitato anche di entrare semplicemente dentro una porta ed essere teletrasportato in un altra che si affaccia su un burrone, una morte che non può essere evitata se non sapendolo prima. Sebbene sia chiaro che ci troviamo di fronte ad un gioco trial and error, dover ricominciare un livello solo perché il game designer si è divertito a farti uno scherzetto non è proprio il massimo.
Graficamente The Firefly Diary è davvero splendido: gli ambienti sono ricchi di dettagli, incredibilmente meravigliosi e con dei giochi di ombra che riescono a essere bellissimi da vedere oltre che funzionali per il gioco in sé. Il modello di Mion è perfetto per il suo ruolo: una ragazzina che nonostante sia apparentemente scema e fonte di migliaia di frustrazioni non riesco proprio a odiare, diventando un personaggio che infonde una tenerezza incredibile. Mi sarebbe certo piaciuto vedere una maggiore espressività della stessa invece delle sole espressioni “impaurita” e “tranquilla”. E quella tranquillità che ha sempre dipinta sul volto stona parecchio quando ci ritroviamo a incontrare dei corpi impiccati.
Nonostante ciò rimane un personaggio simpatico e bello da vedere, così come tutto il comparto grafico del titolo. Per quanto riguarda gli ambienti, l’unica cosa che mi ha fatto storcere il naso è stata quella di creare dei discutibili effetti di distorsione nell’ultimo capitolo (praticamente dei pixel fuori posto) e, sebbene vi sia una logica di trama dietro questa scelta, avrei preferito che si pensasse ad una soluzione più elegante.
htoL#NiQ: The Firefly Diary, oltre ad avere un nome che mi costringe al copia-incolla ogni volta che devo citarlo, è un gioco che comincia veramente bene: una grafica splendida, delle idee interessanti e la storia della ragazzina in un posto sconosciuto con una brutta amnesia ad accompagnarla rivela delle piccole sorprese gradevoli (che potranno essere osservate solo recuperando dei “frammenti di memoria” in giro) che preferisco non spoilerare. Peccato che dopo qualche ora di gioco la frustrazione e il sentimento di essere preda dei dispetti dei programmatori si facciano presto strada nella vostra mente, pregiudicando del tutto la possibilità di gradire al meglio il titolo. Non posso consigliarvelo a meno che non abbiate un ottima capacità di controllare la frustrazione e adoriate davvero tanto la meccanica trial and error, altrimenti è destinato a venire abbandonato dopo qualche ora, peccato.