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Con “Emio: L’uomo che sorride” coincide l’inaspettato ritorno della serie Famicom Detective Club
Quando nel luglio di quest’anno Nintendo ha pubblicato a sorpresa un enigmatico trailer che vedeva protagonista una figura inquietante che indossava un sacchetto di carta con disegnato un volto che sorride, il web è rimasto stupito ed ha iniziato a porsi molte domande.
Che fosse la volta buona in cui la grande N avesse deciso di cimentarsi in una nuova serie dalle tinte creepy/horror tutta sua allontanandosi dagli spensierati mondi di Super Mario e Zelda?
La risposta non ha tardato ad arrivare qualche settimana dopo, quando è stato rivelato che il filmato in questione non era altro che il teaser di un nuovo capitolo di Famicom Detective Club, una saga di visual novel a tema investigativo che, esclusi i remake delle prime due iterazioni pubblicati su Nintendo Switch nel 2021 – da noi purtroppo solo in inglese – mancava dalle scene videoludiche da ben trentasei anni.
La domande a questo punto sorgono spontanee: Nintendo ha riesumato in maniera convincente questa serie scomparsa dai radar da così tanto tempo? Ma soprattutto: la storia di Emio, questo folle individuo quasi caricaturale che sembra uscito da una leggenda metropolitana e che uccide giovani vittime innocenti è disturbante a sufficienza e degna di essere vissuta?
Dopo aver terminato in poco più di quindici ore i dodici capitoli che compongono questo racconto interattivo siamo pronti a raccontarvi le nostre impressioni.
Le strade notturne di Fukuoka ci attendono, e mi raccomando, non fatevi cogliere dalla tristezza e dalle lacrime, perché qualcuno potrebbe starci osservando dall’ombra e potrebbe non essere animato da buone intenzioni…
Quando i racconti popolari assumono i contorni di una terrificante realtà – La trama di Emio
“Emio: l’uomo che sorride“, come ogni giallo che si rispetti, si apre con un omicidio. In questo caso fin da subito la situazione è agghiacciante – se paragonata ai racconti sul genere – , dato che la vittima in questione, Eisuke Sasaki, è un ragazzino di soli quindici anni che è stato ritrovato morto con in testa, a coprirgli il volto, un sacchetto con disegnata una faccia sorridente, dopo essere stato brutalmente strangolato con una corda.
La scena del delitto crea sgomento nel nostro protagonista e nel detective Utsugi, suo mentore a capo della piccola agenzia investigativa per cui lavora. Sarà proprio quest’ultimo a collegare la triste vicenda ad una storia al limite del folkloristico, ma in realtà legata ad alcuni casi di omicidio avvenuti diciotto anni prima. Essa narra che un uomo col viso coperto da un sacchetto di carta con sopra disegnato un volto sorridente uccidesse le giovani ragazze che trovava casualmente per strada in lacrime per poi porre sulla loro testa, una volta che la vita le abbandonava, un sacchetto identico al suo per donare loro un sorriso eterno.
Con queste premesse i due giovanissimi detective dell’agenzia Utsugi – il protagonista il cui nome è a nostra scelta e la sua dolce collega Ayumi Tachibana – inizieranno ad indagare sull’identità del misterioso assassino, scavando nel presente ma soprattutto nel passato.
E queste sono le prime battute di una trama che nel corso dell’avventura si rivelerà essere piuttosto intrigante, sebbene non raggiunga la brillantezza e la genialità di altri titoli della stessa matrice, in primis la serie Zero Escape di Uchikoshi che resta sempre ampiamente consigliata per gli amanti delle visual novel.
I valori produttivi sono comunque di alto livello e la scrittura è piuttosto scorrevole e priva di fronzoli, contando che a lavorarci è stato proprio il talentuoso Yoshio Sakamoto, che aveva ricoperto lo stesso ruolo per i capitoli precedenti e che è anche stato una figura chiave per la serie Metroid.
Il ritmo della narrazione rimane quindi sempre buono, grazie anche a capitoli che non durano eccessivamente, e nelle ultime ore di gioco subisce una bella impennata.
Anche i personaggi che incontreremo durante le nostre indagini sono ben tratteggiati, sfaccettati e credibili. Il vanitoso poliziotto Kamihara, la seria e impostata detective Kuze e lo strambo professor Fukuyama sono figure che sicuramente non dimenticherete, delle quali vorrete sapere di più nel corso della storia e in qualche occasione vi troverete addirittura ad empatizzare con loro.
Se cercate però un’avventura dalle forti tinte orrorifiche resterete un po’ delusi: l‘atmosfera che si respira è sicuramente più leggera e ben diversa rispetto al trailer di presentazione che ha terrorizzato il mondo intero. Inoltre, quest’ultimo capitolo di Famicom Detective Club non rinuncia a momenti più scanzonati conditi da tipiche battute e umorismo giapponesi, sebbene l’inquetudine in qualche momento non mancherà e la farà da padrona.
A rendere poi il tutto più piacevole ci pensa l’ottima traduzione italiana, molto fedele al giapponese, di cui Nintendo ci ha graziato e che onestamente ci ha lasciato abbastanza sopresi, dato che è raro vedere titoli di questo genere venire localizzati nella nostra lingua. Scelta a nostro avviso molto positiva che permetterà a più utenti di godere di tutte le sfaccettature dell’opera, senza doversi scontrare contro barriere linguistiche che a molti risultano fastidiose.
Fin qui, quindi, tutto bene. Il titolo si presenta in maniera convincente, la storia riesce a coinvolgere piuttosto bene ma… il gameplay?
Molto da leggere, poco da fare – Il gameplay di Emio
La nota dolente di Emio purtroppo risiede nella sua giocabilità, pressoché inesistente. È pur sempre vero che stiamo parlando di una visual novel, ma in questo caso, come nelle iterazioni precedenti, le azioni che potremo compiere sono poche e limitate. L’illusione di avere il controllo su quello che accade a schermo si spezza in fretta poiché in molte sezioni non sarà chiaro quale comando dal menù apposito dovremo selezionare per proseguire. In molte situazioni infatti, si andrà giocoforza di “trial & error”, provando tutte le azioni disponibili sperando di far scattare il dialogo che permetterà di procedere, dato che il gioco non sarà di nessun aiuto.
Da questo lato, “Emio: L’uomo che sorride”, rimane un titolo di stampo vecchissimo, scevro da meccaniche esplorative presenti nei vari Ace Attorney o da scelte da intraprendere e che possono portare a differenti finali come accade nella trilogia di Zero Escape.
Nintendo e Mages avrebbero potuto osare di più sotto questo aspetto, aggiungendo la possibilità di spostarsi in diversi luoghi – non solo quando lo decide il gioco stesso – per raccogliere indizi e interrogare personaggi, rinunciando così ad una rigida linearità che sicuramente scoraggerà coloro che si aspettavano un prodotto con una giocabilità maggiore e non una novel con scarsa interazione e tante ore di dialoghi da leggere e ascoltare perlopiù passivamente.
A compensare però questo, ci pensa però una presentazione che definire deliziosa è riduttivo.
Scenari colorati, personaggi espressivi e meravigliose musiche retrò – La presentazione di Emio
Fin dai primi momenti di gioco, “Emio: L’uomo che sorride” si mostra in maniera eccellente. Gli scenari sono coloratissimi, piacevoli da vedere ed ogni ambientazione della storia potrebbe essere tranquillamente un bel quadro da esporre. Un plauso anche alla realizzazione, a livello visivo, dei vari personaggi che popolano la storia che sembrano quasi essere un mix tra un modello poligonale molto espressivo e dei disegni in movimento.
Il connubio tra figure a schermo e paesaggi è una vera e propria gioia per gli occhi e dimostra pienamente la cura che l’artist Yukihiro Matsuo ha profuso in questa produzione.
Note di merito anche per la OST, composta da tracce orecchiabili con trasudano vibes da gioco anni novanta e per l’ottimo doppiaggio, disponibile solo in giapponese, che rende ancora più umani e caratterizzati tutti gli individui con cui avremo a che fare. Va aggiunto poi che ogni singola frase che comparirà nel gioco può vantare del voice acting, una cosa non da poco e che dimostra ulteriormente quanto cuore gli sviluppatori abbiano messo nello sviluppo di questa visual novel.
Piangere o sorridere? – Le conclusioni su Emio
Emio non è sicuramente un titolo adatto a tutti. Se state cercando un gioco horror che vi faccia buttare chili di mutande a lavare, siete nel posto sbagliato. Lo stesso vale se avete voglia di giocare qualcosa con un gameplay frizzantino e dinamico (e in questo settembre uscirà sicuramente altro che fa al caso vostro).
Emio non è nulla di più che una visual novel dalla trama molto interessante, che tiene incollati, seppur non risultando eccessivamente originale, e da un’eccelsa direzione artistica realizzata con tanto amore.
Se siete nostalgici della fine degli anni ottanta/inizio novanta e volete vivere una storia che, a tutti gli effetti, è ambientata nei tempi in cui i social e gli smartphone non esistevano e tutto era molto più semplice, sicuramente lo apprezzerete ancora di più.
Oltretutto, foste curiosi di provare le prime ore di gioco, sullo store Nintendo è disponibile una demo che vi permette di gustarvi i tre capitoli iniziali, con la possibilità di mantenere i salvataggi per il gioco completo.
A conti fatti Emio è quindi un’occasione un po’ sprecata da parte di Nintendo, la quale avesse osato di più sul fronte del gameplay, avrebbe potuto confezionare un prodotto ancora più pregevole e più al passo con i tempi, in grado di attirare un bacino di utenza maggiore.
Quest’ultima iterazione di Famicom Detective Club ci lascia quindi con un sorriso a metà, e l’unica cosa che possiamo sperare è che Emio non sia nascosto nel buio ad osservarci, animato da cattive intenzioni.
Grande N, solo tu puoi salvarci dalle grinfie del folle con un prossimo capitolo “gameplaysticamente” – ci sia concesso il termine – più accattivante per gli standard ed il pubblico odierni.
Confidiamo in te.
Ringraziamo Nintendo per averci gentilmente fornito un codice review di “Emio – L’uomo che sorride”.