Pubblicato il 04/09/17 da Neko Polpo

White Day: a Labirinth Named School – Piccoli problemi di cuore e altri orrori

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Se siete veri amanti dell’horror, al punto da adorare anche le più oscure e strambe produzioni orientali, allora White Day: a Labirinth Named School è il titolo che fa per voi, pronto a traghettarvi oltre questo caldo finale d’estate, verso un autunno videoludico ricco (speriamo) di novità. Se invece non vi reputate appassionati così sfegatati del genere, questo potrebbe comunque rivelarsi un titolo interessante… ma da ponderare adeguatamente. Quindi poche storie e continuate a leggere!

White Day: a Labirinth Named School, in questa nuova versione per PlayStation 4 e PC, è il remake di un gioco coreano, sviluppato da Sonnori, uscito nell’ormai preistorico 2001 e già riproposto anni addietro sul mercato orientale anche in versione mobile. Si tratta, fondamentalmente, di un survival horror, ovviamente dal gusto spiccatamente orientale (si pensi a Forbidden Siren, per capirsi), nel quale dovremmo riuscire a fuggire dalla classica scuola superiore che, nottetempo, si è trasformata in un ricettacolo di orrori e brutture.

Il White Day, per chi non lo sapesse, è una ricorrenza molto in voga in Corea e in Giappone. Si tratta in sostanza di una sorta di “san Valentino, parte seconda”: il 14 marzo, un mese esatto dopo la festa degli innamorati, i baldi giovincelli che hanno ricevuto in quel giorno un segnale di interesse dalla donzella amata, contraccambiano il pensiero regalandole dei dolci. Se tutto va come dovrebbe, le scene hentai seguono a breve… Ma questa è un’altra storia!
In White Day: a Labirinth Named School impersoniamo Lee Hee-Min, giovane di belle speranze ma un tantino goffo, il quale, nel tentativo di conquistare la bella Han So-Young, la raggiunge a scuola al calar delle tenebre (scelta logica e assennata, no?). Peccato però che l’istituto sia stato costruito sulla scena di una marea di cose molto, ma molto brutte e, ça va sans dire, sia ora infestato da presenze malefiche e perniciose. E così, per farla breve, i due giovani innamorati si ritrovano chiusi nella scuola, di notte, disarmati (e questo è anche comprensibile: non si va a un appuntamento galante in Terminator Armour!), in balia degli spiriti arrabbiati e del terrificante bidello!

white day
Sboccia l’amore…

Si, avete letto bene. Il nostro principale avversario è infatti un bidello stempiato – dolce e gentile durante il giorno, posseduto da demoni orripilanti di notte – che ci inseguirà senza sosta per tutta la durata del gioco, cercando di catturarci e di sfondarci la testa a mazzate. Nemesis spostati, proprio. Dovremo quindi fare attenzione a muoverci per le aule con la massima cautela, evitando ogni contatto con l’infame inserviente, preannunciato dal tintinnio delle chiavi e dal baluginare della sua torcia nel buio. Se veniamo scoperti, e succede di continuo, la nostra unica opzione è fuggire a gambe levate. Purtroppo, però, in questa circostanza emerge uno dei difetti più pesanti di questo titolo: la IA che governa il nostro antagonista è tarata malissimo. Egli riesce infatti a individuarci quando siamo perfettamente nascosti, per poi, d’altro canto, non degnarci di uno sguardo quando ci ripariamo dietro a una piantina di gerani. Anche la fuga successiva all’incontro non è in genere propriamente memorabile, per via del sistema di controllo piuttosto scomodo e farraginoso.

L’esplorazione e l’interazione con l’ambiente e con i personaggi avviene in prima persona. Il cursore, che utilizzeremo per eseguire le varie azioni, risente molto dell’illuminazione circostante. In pratica, per poter interagire con i vari elementi dovremo prima riuscire a vederli. Ma, allo stesso tempo, la luce attirerà il bidello e, con lui, tutta una girandola di casini che ci porteranno inevitabilmente al game over. Come nei survival horror vecchia scuola, anche in White Day i salvataggi sono contati. Per poter attivare un check point dovremmo infatti recuperare dei pennarelli e, con quelli, scrivere su apposite lavagne. Peccato però che, in caso di morte, il gioco ci faccia respawnare un po’ a casaccio, a volte anche molto indietro rispetto ai progressi fatti, causando non poche bestemmie e ingiurie varie.

White day
E arriva l’Orrore!

A farci compagnia in questa tremenda nottata ci saranno anche numerose ragazzine in uniforme scolastica, rimaste chiuse dentro l’edificio per i più banali e svariati motivi. L’interazione con loro è uno dei punti forti del gioco, dal momento che influenzerà l’andamento degli incontri futuri e, di conseguenza, l’esito finale dell’avventura. Ci sono davvero un sacco di combinazioni diverse, cosa che, assieme ai vari costumi sbloccabili, aumenta di molto la rigiocabilità del titolo, la quale, altrimenti, sarebbe stata praticamente nulla.

Dal lato tecnico, White Day: a Labirinth Named School porta il peso dei suoi anni. Nonostante siano stati migliorati molti aspetti dell’originale, grafica e sonoro non sono all’altezza della generazione corrente. Un tale livello di qualità si poteva accettare su PlayStation 3, ma su PlayStation 4 decisamente no. Ok, è un remake, ma si poteva fare un lavoro più curato.
Sul fronte della giocabilità, invece, arriviamo alla sufficienza. I controlli non sono il massimo, ma nulla di tragico. La storia sarebbe anche abbastanza bizzarra e intrigante, ma alcuni enigmi insulsi e le già citate pecche della IA del nemico minano l’esperienza complessiva in maniera piuttosto grave.

In sintesi, White Day: a Labirinth Named School è un gioco per appassionati ed estimatori del genere horror. Quando è uscito la prima volta poteva anche essere un ottimo titolo, ma oggi risente troppo degli anni trascorsi per poter essere davvero appetibile ai “non addetti ai lavori”. Pertanto, prendetelo solo se siete davvero interessati: se non vi convince, è meglio che lasciate perdere.

Atmosfera Claustrofobica

Bidelli Assassini!

  • Atmosfera
  • Molti finali

 

  • Tecnicamente datato
  • IA assurda

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