Nel recensire Sacred 3 appare doverosa quanto necessaria una premessa: non ho mai, se non per qualche fugace partita, giocato ai suoi due predecessori. Se però da un lato ciò mi priva, per forze di cose, della prospettiva comparativa, dall’altro mi ha permesso di giocare e giudicare Sacred 3 basandomi unicamente sull’esperienza ludica da esso offertami.
In questo senso, anticipando ogni conclusione, Sacred 3 consiste in un gradevole action rpg, fortemente improntato alla cooperativa online: nulla di più, e nulla di meno. Ciò finisce per avvicinarlo, seppur con le dovute differenze, al ben più noto titolo della Blizzard, Diablo 3.
Una volta avviato il gioco ci ritroveremo dinnanzi ad un’ottima cut scene che vedrà il nostro gruppo di avventurieri alle prese con non meglio precisati mostri, allo scopo di salvare dalle loro grinfie una fanciulla in pericolo: il tutto nella più classica cornice fantasy, quindi. Questa scena però risulterà ben presto non soltanto chiara esemplificazione di quello che è il concept del gioco – collaborare in gruppo con altri giocatori per meglio raggiungere gli obbiettivi che ci vengono posti – ma essa andrà anche a supplire ad una significativa mancanza del menù di selezione iniziale, durante il quale saremo chiamati a scegliere una delle 4 classi iniziali, senza che però ci venga fornita una reale descrizione delle loro abilità: queste rimarranno quindi a grandi linee desumibili proprio da tale cutscene.
I filmati di gioco saranno invece rappresentati da disegni semi animati di piacevole fattura, sopra i quali scorreranno i dialoghi dei personaggi. Ad essi sarà affidato il compito di introdurci al mondo di gioco ed illustrarci lo svolgersi degli eventi e lo sviluppo della trama. In questo senso Sacred 3 appare come la più stereotipata delle storie fantasy: guidare un gruppo di campioni delle varie razze alla ricerca di un artefatto che permetterà di sconfiggere un grande nemico. Non c’è altro di rilevante da aggiungere, tanto che, come accade spesso in giochi di questo genere, saremmo portati a pensare che la trama svolga il ruolo di puro pretesto per schierare centinaia di poveri nemici tra noi e il nostro obbiettivo, giustificandone al contempo la mattanza che ne faremo. Tutto ciò sarebbe astrattamente applicabile anche al gioco in parola, se non fosse che Sacred 3 è splendidamente autoironico: non solo, come detto, calca pesantemente la mano su qualunque stereotipo del genere, tanto che tutti i personaggi, buoni o cattivi che siano, appaiono evidentemente parodistici, ma anche gli stessi dialoghi spesso si fanno beffa dei cliché stra-abusati in quasi tutti le storie ascrivibili anche lontanamente al fantasy. Nel particolare ho sinceramente apprezzato, ritrovandomi a sorridere spesso e volentieri, i siparietti offerti dalla giovane telepate che ci guiderà a distanza per tutti i nostri viaggi, offrendoci tutte le istruzioni di cui abbisogniamo, seppur con poca disciplina, esperienza e pazienza per il proprio ruolo.
Istruzioni che per la verità appaiono abbastanza superflue in ragione del fatto che il gioco si traduce fondamentalmente nell’andare avanti e, come sopraddetto, eliminare ogni cosa che si muova e sia targhettabile. Con le levette analogiche controlleremo direttamente il nostro personaggio, il che, rispetto agli ordini del mouse, consente di avere un gameplay più veloce ed immediato.
Ciò sarà particolarmente rilevante in quanto gli attacchi nemici richiedono il giusto tempismo per essere schivati, sfruttando così il momento giusto per contrattaccare. Sì, perché le diverse categorie di nemici che ci sbarreranno la strada richiederanno il giusto approccio o attacco per poter esser propriamente sconfitti senza un dispendio eccessivo di risorse magiche o salute fisica. Medesima cosa vale per i boss. Purtroppo però, per questi ultimi mancherà presto una certa qual varietà, e avremo così schemi riproposti e fight poco eterogenee. Il gameplay appare quindi evidentemente sbilanciato sulla componente action, più che su quella gdr.
Quest’ultima rileverà negli intermezzi tra un livello e l’altro. Terminata infatti la prima missione, che funge fondamentalmente da tutorial, ci sarà data la possibilità di interagire con il menù del personaggio tramite cui potenziare le abilità, attraverso l’impiego di punti ottenuti dalla sconfitta dei nemici: in tal senso verremo premiati se combatteremo utilizzando un numero più vario di tecniche, faremo più danni o semplicemente ci mostreremo collaborativi aiutando i nostri alleati in difficoltà. Salendo di livello avremo accesso ad una sempre più vasta rosa di equipaggiamenti, recuperabili in giro per i livelli, ed abilità passive ed attive: di queste potremo equipaggiarne due soltanto, dovendo quindi soppesare e riflettere attentamente su quale build costruire. Il potenziamento verrà effettuato tramite un albero di crescita composto da diversi pallini, ad ognuno dei quali corrisponderà l’aumento di un attributo della nostra abilità o equipaggiamento, e che presenterà uno o due bivi tra cui scegliere.
Avremo anche a disposizione un negozio nel quale acquistare i classici consumabili, prima di affrontare un livello, pagando un costo in monete d’oro, droppate dai nemici o ottenute dai forzieri sparsi nei livelli.
Una caratteristica interessante è costituita da alcuni “spiriti”: si tratta di entità che potremo liberare durante il gioco. Lo spirito selezionato ci accompagnerà durante la nostra avventura, commentando lo svolgersi degli aventi e fornendo malus e bonus a caratteristiche ed abilità. Alcuni spiriti saranno precipuamente pensati per fornire unicamente abilità utili durante il multiplayer, come cure potenziate per gli alleati, e quindi la loro utilità è confinata alle partite in cooperativa.
Finito di buildare al meglio il nostro avatar, non ci resterà che selezionare una missione dalla mappa di gioco ed il relativo livello. Sacred 3 vanta in tal senso un buon level design, pur non essendo tra i più originali. Ci vengono proposte ambientazioni varie e diverse tra di loro: villaggi, caverne, accampamenti, città portuali, prigioni, ecc… Ciò che inizialmente salta subito all’occhio potrebbe essere un dettaglio grafico non elevatissimo, ma l’incontro, presto o tardi, con centinaia di nemici contemporaneamente sullo schermo spiega facilmente la scelta per un comparto grafico più semplice. Al contrario Sacred stupisce negli splendidi effetti di luce che vedremo in magie, fuoco ed abilità.
La telecamera si limita a svolgere il suo dovere procedendo per lo più a seguire il personaggio a volo di uccello, con la sola eccezione di momenti in cui l’inquadratura viene ruotata o allargata per mostrarci particolari eventi.
Dove però il gioco pecca particolarmente è l’eccessiva ripetitività. Forse memori della lezione di Diablo 3, gli sviluppatori hanno tentato di garantire maggiore eterogeneità nella struttura dei livelli: ciò viene perseguito con l’inserimento di fasi in cui dovremo fermare l’avanzata dei nemici distruggendo i mezzi che li trasportano, resistendo mentre si aspetta il cooldown di una leva, oppure anche sessioni in cui si devono evitare piogge di detriti vari, ecc.. Seppur essi siano astrattamente idonei allo scopo per cui sono stati inseriti, il loro perpetrarsi praticamente in ogni livello li rende delle monotone e prevedibili fasi di gioco, finendo quindi per sortire l’effetto contrario a quello prefissato.
Il cuore dell’esperienza di gioco, come detto, sembrerebbe essere la cooperativà: le abilità sinergiche dei personaggi sono certamente tese a stimolare un multiplayer cooperativo che, come noto, riesce a rendere maggiormente piacevole, o finanche divertente, qualsiasi incontro videoludico. Purtroppo però non posso confermare se il successo di questa comprovata formula possa esser esteso anche a Sacred 3, vista la mia impossibilità a giocarlo online. Almeno, lasciatemi aggiungere sarcasticamente, il gioco prevede questa possibilità, differentemente da altri del suo genere…
In conclusione, Sacred 3 riesce in ciò che ci si aspetterebbe da un action-rpg: garantire qualche ora di gameplay spensierato, con cui magari scaricare lo stress di una giornata lavorativa o darci qualcosa da fare mentre ascoltiamo l’ultima puntata del nostro podcast preferito.
Nell’odierno mercato videoluco non mancano però le alternative indie che offrono esperienze di gioco non dissimili o tese allo stesso tipo di intrattenimento, ad un prezzo decisamente non paragonabile. Perché allora optare per un titolo venduto al costo di una tripla A? Difficile trovare una risposta. Forse l’esser fan della saga potrebbe rappresentare il giusto incentivo, ma in quel caso le ben note differenze con i primi due capitoli potrebbero darvi ben più di una ragione per cui pentirvi del vostro acquisto.