Coloro che hanno già letto in passato qualche mio scritto per Pixel Flood sanno perfettamente che adoro, soprattutto nell’introduzione ad un titolo di cui sto per parlare, paragonare il passato ed il presente della storia di quel medium che risponde al nome di videogioco. Questa riflessione risulta essere – perlomeno lo è per il sottoscritto – molto funzionale nel comprendere le motivazioni per cui alcuni sviluppatori scelgono determinati stili di narrazione o per spiegare i gusti del pubblico odierno.
Questa tipologia di ragionamento calza a pennello per il titolo che mi approccio a raccontarvi, in quanto fa parte di una corrente ludica che recentemente ha fatto capolino nell’universo dell’intrattenimento visivo: il videogioco come arte. Se si ragiona sui primi videogiochi realizzati, ci si renderà conto che avevano ben poco a che fare con l’arte: spesso erano incentrati su un gameplay semplice e basilare, il cui scopo era fornire una sfida da battere al giocatore, che si sentiva realizzato in caso di successo, in maniera non diversa da qualsiasi altra tipologia di gioco, dalle carte alla pallacanestro.
Con il trascorrere degli anni, gli enormi passi avanti compiuti dall’informatica hanno permesso interazioni con l’utente sempre più profonde, fino ad avere veri e propri racconti interattivi, le cui componenti visive e sonore risultavano essere parte integrante dell’esperienza stessa tanto quanto il gameplay. In tempi recenti, si è arrivati ad un estremizzazione del concetto: esistono videogiochi nei quali la componente predominante è la narrazione, la bellezza del paesaggio raffigurato, la toccante colonna sonora che lo accompagna. Titoli come Shadow of The Colossus (citato non a caso, in quanto il titolo trattato nella recensione prende molto in prestito dal capolavoro targato Team ICO), Journey, To the Moon e Titan Souls (già recensito quì su Pixel Flood dal nostro Ruger) sono tutti esempi di questa corrente artistica che il videogioco ha tentato di rappresentare, sebbene non sempre con successo.
Jotun, titolo indie reso realtà dalla casa di sviluppo canadese Thunder Lotus Games, aspira proprio a questo: essere arte. E quale miglior modo di dimostrarlo, se non narrando in maniera innovativa un’opera d’arte già esistente come la mitologia norrena?

Le dieci fatiche di Thora
In Jotun impersonerete una guerriera di nome Thora, la quale, suo malgrado, è deceduta prima di arrivare al campo di battaglia annegando nelle gelidi acque del Nord, quando il drakkar che la trasportava sprofondò negli abissi marini. Purtroppo per la nostra guerriera dai capelli rossi, ciò le impedisce di accedere nel Valhalla, luogo predestinato a tutti i guerrieri deceduti nel culmine della battaglia. Tuttavia, gli dei, visto il valore della nostra eroina, le concedono una seconda possibilità.
Come una novella Ercole al femminile, si troverà ad affrontare delle prove durissime, nelle quali dovrà affrontare anche i famigerati Jötun, creature gigantesche dall’immenso potere. Così facendo riuscirà ad impressionare le divinità grazie al suo valore, e potrà così finalmente riottenere quel destino che le era stato strappato.
Al di là della storia personale di Thora, che comunque risulta esser interessante, e delle innumerevoli prove a cui verrà sottoposta, la narrazione passa completamente in secondo piano quando si viene introdotti al vero elemento portante del titolo: l’ambientazione. Nei panni della nostra eroina visiteremo luoghi mitici, rappresentati con una perizia ed una cura artistica oltre ogni previsione. Potremo osservare il leggendario albero che sostiene il mondo, l’Yggdrasill, oppure visitare la leggendaria fucina che ha creato le armi leggendarie Mjöllnir e Gungnir, il tutto condito con un’eccellente colonna sonora (seppur leggermente ripetitiva) e da alcune maestose inquadrature panoramiche degne di un film.
Più e più volte ho avvertito dei brividi lungo la schiena nell’osservare sul mio schermo l’indescrivibile profondità di questi fotogrammi, il tutto ulteriormente arricchito dalle descrizioni dei luoghi mistici completamente parlate in lingua islandese. Jotun è la dimostrazione che, sebbene snobbato da molti, il videogioco è arte, a mio giudizio. È espressione della creatività umana. Sa comunicare emozioni profonde. Niente al mondo riuscirà a convincermi del contrario.

…and my axe!
Non tutto è oro ciò che luccica, e Jotun non fa eccezione. Non è privo di difetti. Anzi, tutto altro: l’intero sistema di combattimento è un difetto. La nostra eroina di sangue nordico è dotata di una massiccia ascia bipenne, che sicuramente comunica la possanza fisica di una vera guerriera. Peccato che non comunichi altrettanta intuitività per il giocatore, che spesso si ritroverà a menar fendenti in direzioni difficilmente controllabili, senza alcun lock del bersaglio, senza alcuna profondità comunicata dal combattimento stesso, se non per quanto riguarda l’utilizzo dell’arma per interagire con l’ambiente.
È un vero peccato che, nonostante l’aura di bellezza che pervade l’intero gioco, mi sia ritrovato a storcere il naso più di una volta utilizzando gli attacchi a disposizione di Thora. In compenso, l’utilizzo di poteri a tema concessi dalle varie divinità della mitologia norrena sono una simpatica aggiunta che rende l’esplorazione ed il combattimento più vario e peculiare. Ad esempio Loki, dio dell’astuzia e del tradimento, vi concederà il potere di creare un vostro clone che ingannerà le creature ostili presenti nel gioco.
Cambiando focus, l’esplorazione è sicuramente l’aspetto cardine del gameplay: è proprio l’elemento che vi porterà a visitare i posti che vi ho citato poc’anzi, ma anch’essa presenta qualche elemento fastidioso: la natura bidimensionale della mappa di gioco limita infatti l’esplorazione, che si svilupperà sì in diverse strade da percorrere, ma riduttive se paragonate con un open world moderno. Il tutto ha come risultato una sensazione (sebbene non eccessivamente marcata) di percorrere dei binari.
Infine, come ultimo fattore da prendere in considerazione, ci sono i Jötun. I boss. I giganti. I colossi da sconfiggere. Le battaglie con queste mitologiche creature hanno tutto ciò che si potrebbe chiedere ad una boss battle: difficoltà ben tarata, meccaniche uniche da sfruttare, attacchi ostici e punti di debolezza da riconoscere. Peccato che il tutto sia enormemente depauperato dal sistema di combattimento sotto la media. Anche qui si può tranquillamente soprassedere, però risulta comunque come un boccone amaro per il giocatore che si appresta a giocare il titolo.

Conclusioni
Nonostante i suoi difetti, Jotun lascia al giocatore un senso di completezza sia durante che dopo la sessione di gioco: l’ambientazione e la storia di Thora sono fin troppo epiche (in tutti i sensi) da poter essere messe in cattiva luce dal povero sistema di combattimento. Poche volte ho provato emozioni così forti davanti ad un videogame. Merita l’acquisto, soprattutto se in saldo.
Jotun è acquistabile sul negozio di Steam al prezzo di 14,99 €.