Pubblicato il 29/06/14 da Neko Polpo

inSynch: recensione

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inSynch, almeno dal punto di vista prettamente estetico, ha qualche elemento in comune con un paio di titoli indie pubblicati recentemente: Kami (di State of Play, già autori del buon Lume) e Color Zen. Entrambi condividono con il gioco in questione un comparto visivo incentrato sulle forme geometriche, sulla “spigolosità” delle figure e sui colori saturi. Ma inSynch si avvicina anche ad altre opere del panorama indipendente, per quanto riguarda la tecnica d’animazione scelta: lo “stop motion”. Oltre che da The Humpty Dumpty Circus (1897) di Albert Smith e Blackton, da Bob’s Electric Theatre (1906) della casa di produzione Pathé, da Starewicz con il suo cortometraggio La Vendetta del Cameraman (1911) e da molti film d’animazione contemporanei (si pensi al lavoro di Aardman Animations), lo stop motion è stato utilizzato anche da alcuni videogiochi particolarmente interessanti. Giusto per citarne un paio: The Dream Machine e Dominique Pamplemousse (il primo videogioco “musical” della storia, che io sappia!).
inSynch dà dunque vita a un microcosmo di cubi e piramidi in movimento, un tripudio di plastica, resina e legno, componenti che contribuiscono a dare una sensazione di “fisicità”, di concretezza materica al lavoro dei ragazzi di Them Games.

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“resin the volume”

Mentre i succitati Kami e Color Zen sono ascrivibili all’insieme piuttosto vasto dei puzzle game, pur presentando dinamiche molto diverse (il primo è focalizzato sugli origami e i modi di piegare la carta, il secondo su un’atmosfera rilassata e rilassante, con enigmi basati sul colore dello sfondo in relazione ai colori degli altri elementi di gioco), e mentre The Dream Machine e Dominique Pamplemousse sono avventure punta-e-clicca, inSynch è di fatto un rhythm game che a tratti sconfina nello strumento musicale (anche se “sui generis”). Le meccaniche di gioco sono semplici e immediate: in sintesi si controllano quattro piattaforme su cui passano “ondate” di forme tridimensionali, da gettare in un pozzo agendo con la giusta tempistica sulle basi di cui sopra. Quattro i tasti a disposizione del giocatore: ogni tasto permette alla piattaforma di alzarsi o abbassarsi a seconda della necessità. Una pressione anticipata o troppo in ritardo porta la figura geometrica a scontrarsi con una lastra che la manda in frantumi. Ovviamente il ritmo aumenta costantemente, costringendo a lavorare “in sincrono” (appunto) su più piattaforme alla volta (possono essere alzate contemporaneamente due basi, al massimo). Il tutto si trasforma in un ipnotico viaggio sensoriale in cui, per ogni “pietra” caduta nel pozzo, il brano va ad arricchirsi di basi, sfumature, accordi e melodie sempre più stratificate. Il gioco sembra inoltre prendere ispirazione da Guitar Hero e compagnia musicale (Rock Band, …), per l’idea delle quattro linee su cui si avvicendano note da suonare al momento opportuno, ma una semplice e geniale scelta di design (ovvero disporre le quattro linee oblique e convergenti verso un unico centro) permette di dinamicizzare ulteriormente il gioco, rendendo sempre più difficile seguire tutta la situazione in ogni istante.

Ma, si diceva, inSynch è anche una sorta di strumento musicale, pur con tutti i limiti e le dovute cautele. Uno strumento musicale perché effettivamente al giocatore è data la possibilità di scegliere cosa “suonare” e in quale momento, a seconda delle figure gettate nel pozzo e della quantità di forme accumulate per ognuna delle quattro “specie”. Così si può creare un brano costituito solo dal beat, oppure uno completamente “melodico”, e così via. Ciò permette di scegliere la velocità di stratificazione del pezzo, che una volta completo risulta però già “scritto”, a meno che non si commettano errori, che vadano dunque o ad inficiare la qualità della prestazione o a modificarne alcuni elementi (dato che con la distruzione delle figure geometriche si assiste anche ad un abbassamento dei “parametri” per quella specifica linea, con conseguenti modificazioni sonore, stacchi netti che evidenziano l’errore e interrompono il flusso ritmico, …).

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“plaster blaster”

Il gioco è costituito da quattro livelli, ovvero quattro brani, “eseguibili” in una modalità che lascia libero sfogo alla sperimentazione delle stratificazioni, a cui si è già accennato, o in una modalità “sopravvivenza”, basata sul tempo di resistenza (con un limite massimo di errori). I contenuti non sono moltissimi, è vero, ma il gioco si rivela talmente ipnotico e affascinante da riuscire a intrattenere per ore senza stancare un attimo. Addirittura la “povertà” di contenuti diventa un pregio, poiché ha permesso agli sviluppatori di curare ogni minimo particolare del titolo. Una scelta saggia, che punta più sulla qualità e meno sulla quantità.

A questo punto si rende necessaria qualche nota sull’animazione: lo stop-motion è utilizzato in maniera magistrale, con un’oculata alternanza di fluidità e “legnosità” delle animazioni, che collaborano a confondere le idee al giocatore, impegnato in una impossibile sfida contro i propri occhi (che devono controllare quattro piattaforme contemporaneamente e costantemente! E tutto senza contare che alcune forme possono diventare persino invisibili, nella modalità “sopravvivenza”).

inSynch, in definitiva, è un grande gioco, divertente, curato e ben fatto, ma certamente non perfetto: il problema più vistoso è quello degli stacchi musicali tra un loop e l’altro, troppo netti e marcati, anche quando non si commettono errori. Ciò crea un attimo di spaesamento (anche perché avviene con una certa frequenza) e può portare a commettere qualche errore “ingiustificato”. Nulla che possa inficiare la qualità di un titolo comunque pregevole, capace di trascinare il giocatore in un formicaio di “spicchi di limone” ed esagoni ritmici a cui è difficile resistere.

Il gioco, al momento, è ancora su Steam Greenlight ed è acquistabile direttamente dal sito degli sviluppatori.

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