Pubblicato il 18/10/16 da Neko Polpo

Ember

Il ritorno dell'isometrico
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Per coloro che dopo aver letto il titolo si stanno chiedendo: “Un altro?”… Sì, sto per recensire l’ennesimo RPG a visuale isometrica e sì, li adoro. Come poteva un affamato videogiocatore di ruolo come me lasciarsi sfuggire l’opportunità di mettere le mani su Ember, titolo sviluppato dal team americano che risponde al nome di N-Fusion Interactive (quelli di Deus Ex: The Fall, per intenderci), che vogliono proprio omaggiare i classici RPG dell’epoca d’oro (Baldur’s Gate e simili) con questo titolo? Ovviamente, ho colto la palla al balzo. Ne è valsa la pena? Lo scoprirete presto.

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Galline malvagie. Già. Ok.

Ember, sin dal primo minuto, parte col piede giusto. Ci risveglieremo in un’antica tomba, senza molte spiegazioni su chi siamo e perché ci ritroviamo lì, praticamente gettandoci in pasto al primo dungeon del gioco senza nemmeno chiederci se stiamo bene (mi aspettavo di sentire da un momento all’altro “The child of Bhaal has awoken”). Scopriremo presto di essere l’unico appartenente ancora in “vita” (tecnicamente non vita, perché il nostro avatar si risveglierà come non morto) di un’antica razza conosciuta col nome di Lightbringer e costituita da creature in grado di comunicare con dei minerali senzienti denominati appunto Ember. Purtroppo, gli Ember si stanno estinguendo a causa dell’enorme sfruttamento della loro energia da parte delle razze umanoidi, le quali rifiutano di comprendere il fatto che queste pepite dai colori sgargianti siano veri e propri esseri viventi. Neanche a dirlo, il nostro scopo consisterà nel salvare queste povere creature dal triste destino che le attende e, visto che ci siamo, ci prodigheremo anche per salvare il mondo, considerando che i cadaveri di Ember sono in grado di corrompere qualsiasi forma di vita rendendola aggressiva, spietata, contorta e decadente.

Dopo questa sinopsi riguardante la trama, vado subito al sodo: come si gioca a Ember? Il modello proposto dai ragazzi di N-Fusion è il classico Open World a macro-aree, tipico degli RPG d’annata, con delle occasionali istanze che potremo esplorare a nostro piacimento. Ovviamente durante l’esplorazione raccoglieremo una certa quantità di quest, sia primarie che secondarie, che ci forniranno esperienza e ricompense una volta portate a termine. E fin qui, nihil sub sole novum.

Ciò che differenzia Ember dagli altri tipici RPG a visuale isometrica è il combattimento: anche se viene risolto attraverso il comprovato modello del combattimento in tempo reale con pausa tattica, si differenzia fortemente dagli standard che abbiamo imparato a conoscere nel corso degli anni. Piuttosto che fornire al giocatore una serie di limitazioni imposte dalla classe di appartenenza, ogni personaggio, almeno tecnicamente, può utilizzare qualsiasi arma del gioco. Mago con una spada a due mani? Investi abbastanza punti in Forza e puoi farlo. Non che sia un’idea intelligente, ovviamente, ma si può. E non è tutto: il protagonista, al contrario degli NPC che si uniranno al nostro party, non ha nemmeno una vera e propria classe, di conseguenza può essere costruito in qualsiasi modo il giocatore voglia, semplicemente distribuendo dei punti alle 4 caratteristiche principali (Forza, Destrezza, Intelletto e Vitalità) ogni volta che acquisisce un nuovo livello.

Oltre a questa peculiarità, il combattimento è pittosto semplice: si può solo muovere o attaccare, trascinando il mouse dal token del personaggio fino a un punto sulla mappa o direttamente sopra al nemico che vogliamo malmenare. Se vi sembra troppo strano che ci siano solo due azioni disponibili in combattimento, avete pienamente ragione. Infatti, i personaggi possiedono delle abilità che possono usare per rovesciare le sorti della battaglia, ma esse derivano non dalle loro classi, bensì dagli oggetti che indossano. Alcuni di essi, infatti, forniranno abilità di vario genere: dalle cure alle magie ad area, dai crowd control ai debuff.

Sebbene un sistema del genere possa sembrare riduttivo, ciò dona un enorme pregio a Ember rispetto ad altri giochi di ruolo simili: l’intuitività. A differenza di tanti altri titoli del genere, Ember non chiede al giocatore di studiare il sistema di gioco; dopo un solo combattimento lo avrete già padroneggiato. Anche se ritengo che questa scelta abbia probabilmente danneggiato la profondità dello sviluppo del personaggio, in quanto non esistono nuove abilità da equipaggiare ogni volta che si livella, è una decisione sui generis che non ho mai visto in nessun altro titolo.

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Lo vedete quel teschio? Non prendetelo sottogamba come ho fatto io, sta lì per un motivo. Girate i tacchi e andatavene.

Per quanto riguarda il comparto tecnico, il gioco, purtroppo, non riesce a eccellere. Anche considerando la natura low-budget di Ember, sia il level design che le animazioni di gioco risultano scialbe e prive di elementi caratteristici. Lo stile grafico di per sé non è male ma manca di carattere, oltre al fatto che si notano troppo spesso elementi di sfondo riciclati fino alla nausea. Nulla da dire invece per quanto riguarda gli effetti sonori: sia le musiche che i dialoghi (anche se non sono tutti doppiati) fanno il loro dovere e immergono il giocatore nell’atmosfera di un fantasy medioevale, anche se bisognava dare maggiore attenzione al volume dell’audio durante le cutscenes, in quanto è esageratamente elevato. Giocando con un headset, rischiate di sfondarvi i timpani (come è successo al sottoscritto) non appena partirà il filmato introduttivo. Siete stati avvisati.

Altro elemento piuttosto fastidioso è la telecamera: considerando che Ember non fa uso della nebbia di guerra, non è possibile muovere il cursore troppo lontano dal proprio party, per evitare che ci si prepari in anticipo a eventuali incontri semplicemente vedendoli prima che effettivamente avvengano. Ciò ovviamente costringe il giocatore a controllare spesso il proprio personaggio per navigare la mappa, compito che in Baldur’s Gate, ad esempio, poteva essere effettuato con un solo click.

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Se siete aracnofobici, forse il primo dungeon potrebbe darvi qualche problema…

In conclusione Ember, nonostante i difetti tecnici, è un gioco estremamente godibile. La storia ben congegnata (sebbene abbia fin troppi cliché da RPG fantasy) vi terrà probabilmente attaccati allo schermo per tutte le circa 30 ore di gioco, nel caso vogliate seguire tutte le quest secondarie (se rushate la main quest nei giochi di ruolo siete delle persone orribili).

Il livello di difficoltà del titolo è ben tarato, offre sempre una sfida al giocatore ma senza frustrarlo, a parte qualche nemico che vi obbligherà a eseguire una… ritirata tattica (leggasi “fuga da nemico sovralivellato”). Potrei stare a raccontarvi per parecchio di tanti elementi che ho trascurato nella recensione, come ad esempio il sistema di crafting e i frequentissimi libri che offrono spunti di lore molto interessanti… Ma che lo giochereste a fare poi?

Al modico prezzo di 9,99 € potete portarvi a casa questa piccola perla e scoprirlo da soli. Da notare come Ember sia disponibile non solo su Steam, ma anche per iOS, rendendolo probabilmente l’RPG più completo esistente per piattaforme mobile. Detto questo, non posso non concludere con una frase che gli appassionati del genere non si stufano mai di sentirsi dire: siete pronti a salvare il mondo (di nuovo)?

  • Combat System
  • Trama
  • Colonna Sonora

 

  • Level Design
  • Animazioni
  • Scarsa personalizzazione del personaggio

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