È mezzanotte e ho qualche problema a recensire Drunken Robot Pornography. È da circa due ore che sono qui a scrivere e conseguentemente cancellare il primo paragrafo dell’articolo, ritrovandomi in un logorante ed inconcludente circolo vizioso. Dicesi blocco. Ora, non avendo quel genere di esperienza richiesta per affrontare questo tipo di situazioni in maniera ottimale, ho deciso di applicare la linea dura, imponendomi di restare di fronte allo schermo fino a che non finirò questo maledetto pezzo. Alle 2 e mezza di notte mi convinco che ho bisogno di energie nuove, opto quindi per anticipare la colazione di qualche ora e “cucinarmi” una bella tazza di latte e Cheerios. Inoltre, per distrarmi un po’, riguardo su YouTube la Royal Rumble del 1995, quella dove Shawn Michaels vinse entrando con il numero uno. Riprendo a scrivere verso le 4 ed inizio a pensare che invece che creare un discorso organico, in grado di toccare tutti i punti focali dell’ultima produzione di Dejobaan Games, ripiegherò su un listone a compartimenti stagni di tutti gli appunti che ho preso tra un livello e l’altro, sezionando il tutto in piccoli paragrafetti, magari intervallandoli con qualche screenshot a fare colore. Sempre cercando di essere il più informativo possibile, considerato che ormai qui sono le 4 e mezza. Vado.
Prima di tutto vorrei far luce sull’ambiguità che affligge Drunken Robot Pornography. No, non mi riferisco all’ultimo termine contenuto nel titolo: quello è un divertissement, una roba buffa da dire nel caso qualcuno ti chieda “A cosa stai giocando ultimamente?“. Ciò a cui alludo è il genere che gli stessi sviluppatori hanno appioppato alla loro creatura: il Bullet Hell. Bisogna secondo me chiarire fin da subito cosa vogliamo intendere con questo termine, altrimenti si rischia d’incorrere in fraintendimenti pericolosi, in grado di deludere qualche utente. Lo stile di gioco degli SHMUP e si focalizzano su un totale controllo dello schermo, o per lo meno sulla capacità (dopo una severa fase di allenamento) di prevedere pattern di attacco celati fino all’ultimo istante all’occhio del giocatore. A questa formula i Danmaku aggiungono la necessità di conoscere accuratamente i limiti della nostra hitbox, così da essere in grado di schivare l’enormità di proiettili che imperversano gli stage. Entrambe queste meccaniche non sono applicabili a Drunken Robot Pornography. Banalmente, la visuale in prima persona non permette né di mantenere sotto controllo tutte le bocche di fuoco, né di avere una precisa cognizione della nostra hitbox. Questo però non vuol dire che il gameplay del gioco sia irrimediabilmente fallato, ma semplicemente che la categorizzazione sotto il genere Bullet Hell è fuorviante. L’azione di gioco infatti è da ricondurre principalmente ad un Arena Shooter, secondo me vero genere di derivazione di Drunken Robot Pornography. L’unico punto di contatto con i Danmaku di fatto è l’alta saturazione di laser e proiettili su schermo e l’effetto estetico che ne consegue, ma nulla più.
Dicevamo Arena Shooter. Allora no, non ci sono modalità multiplayer, se escludiamo le classifiche online dei punteggi della campagna principale e della modalità Battle Royale, però la leggerezza nei movimenti e la prontezza di riflessi richiesta per affrontare le ondate di nemici deriva decisamente da quel genere là. I livelli di gioco sono strutturati più o meno tutti allo stesso modo: la prima fase prevede la raccolta di un certo ammontare di punti, attraverso l’uccisione dei minions oppure raccogliendo dei Martini cocktail sparsi per l’arena di gioco. Fatto ciò, appariranno uno o più titani, dei boss dalle sembianze di giganteschi robot, simili ad alcuni angeli di Neon Genesis Evangelion. L’abbattimento di questi sarà spesso reso complicato dalla necessità di doverli smantellare pezzo per pezzo, andando a colpire prima le parti più periferiche per poi dedicarsi al corpo centrale. Lo sviluppo in verticale delle arene ed il gran numero di nemici a schermo farà si che non ci ritroveremo mai a sparare fissi da un punto preciso della mappa, al contrario ci sarà richiesta una grande dinamicità nelle fasi di fuoco, soprattutto in quei frangenti dove sarà necessario sollevarsi da terra sfruttando la breve propulsione fornitaci dal nostro Jet Pack. Ulteriore incentivo al movimento sono le munizioni speciali disseminate qua e là, semplicemente necessarie per completare alcuni stage altrimenti impossibili a causa del limitato numero di secondi a disposizione. Fortunatamente il tutto scorre ad un frame rate decisamente stabile, che solo in rarissimi casi cala sotto i 60fps. La prima metà dei quadri di gioco è settata su un livello di difficoltà abbastanza elementare, lasciando al giocatore fin troppo tempo per familiarizzare con tutte le possibilità offerte dal gameplay, mentre la seconda risma invece si rivela abbastanza altalenante, spaziando da livelli ultimabili al primo colpo ad altri che richiederanno diversi tentativi per essere superati. Se non ho nulla da obbiettare contro qualche livello reso difficile dalla particolare fisionomia di un titano, non posso ignorare la frustrazione che ho provato nel dover oppormi a flussi di fuoco semplicemente ingestibili. Seppur questa situazione si verifichi in un numero ristretto di livelli, nell’economia delle dieci ore di longevità ho investito la maggior parte del tempo proprio a ritentare ossessivamente quegli stage.
Sono finalmente arrivato a chiudere la recensione, alla fine ho quasi evitato il listone. Senza dover necessariamente strafare, Drunken Robot Pornography è un titolo distintamente caratterizzato. La schizofrenia, percepibile già nell’introduzione, permea ogni singolo particolare del comparto audiovisivo. Se non fosse per un ritmo abbastanza indiavolato, verrebbe voglia di fotografare ripetutamente gli sciami di proiettili che si mescolano proprio ad un palmo dal nostro naso, con effetti caleidoscopici. La colonna sonora è tra le più variegate che abbia sentito in un videogioco: dalle sonorità orchestrali alla dubstep più becera, passando per il country. È un gioco che consiglio a chi ha voglia ci cimentarsi in un esperimento che, seppur ancora altamente limabile nei difetti, non sembra purtroppo destinato a poter raggiungere lo stato di capolavoro. Potete prenderlo in copia singola per 10,99€ oppure in un 3-pack per 19,99€ sullo Steam store.