Indice
Introduzione – Cha la ed cha la
Dragon Ball Z: Kakarot è un action rpg pubblicato da Bandai Namco e sviluppato da Cyberconnect2… no, non è vero, è un picchiaduro con qualche numerino che appare ogni tanto e un sacco di fetch quest buttate lì a caso per dilungare un gioco che senza di esse durerebbe circa venti ore. Ma non corriamo troppo, permettetemi di imbastire la mia disamina su cosa del titolo non funziona, e su cosa avrebbe potuto funzionare senza errori grossolani. Perché sì, le basi per un gioco eccellente c’erano tutte, ma si vanno a scontrare inevitabilmente con scelte di game design e narrativa che ho faticato a volte a comprendere. Ma procediamo con ordine…

Trama – Esiste ancora qualcuno che non la conosce? Sul serio?
Per chi fosse ancora all’oscuro delle vicende dei Saiyan e soci, basti sapere che l’anime si pone come seguito del primo Dragon Ball, quando Akira Toriyama, l’autore, decise di passare dalle atmosfere buffe che caratterizzavano le sue opere a qualcosa di decisamente più serio, mettendo in scena un qualcosa che farà da esempio per molti shonen ,pubblicati ancora oggi, partendo dalla rivelazione cardine che fece scaturire tutto: chi è Goku?
È la risposta a questa domanda, ignorata per tutti gli episodi della prima serie, che ha messo in moto una serie di eventi che hanno portato l’opera verso atmosfere indubbiamente più cupe. Ormai era passato così tanto tempo che quella domanda era solo un lontano ricordo, come se non fosse mai esistita e non avesse più alcuna importanza. Come se fosse assolutamente normale che quel ragazzo avesse la coda.
Il gioco parte esattamente da quel punto, ripercorrendo in maniera riassuntiva tutte le saghe che hanno composto Dragon Ball Z, qui raccolte per riviverle ancora una volta. E il tutto dopo anni di giochi sulla stessa licenza caratterizzati da una narrativa estremamente debole, che non riusciva a rendere giustizia a ciò che Dragon Ball è stato per quegli anni, e che in parte è tutt’oggi. Com’è andata?
Non male, ma non bene! Rivivere quei momenti riesce ancora a riempire di orgoglio, a volte riesce anche a far uscire quella che mi piace chiamare “la lacrima virile”, ma l’operazione di snellimento è andata ad intaccare anche i climax della serie, riassumendoli eccessivamente: sia nel manga che nell’anime le scene erano strutturate in modo da costruire una certa tensione nel lettore (o spettatore), fino a raggiungere il culmine con il colpo di scena. Qui no, ogni scena viene risolta in pochi secondi, tagliando interi discorsi e sbattendo immediatamente addosso la risoluzione della stessa, senza quasi dare il tempo di provare un’emozione.

Gameplay – Ultimate Saiyan Storm
Se avete in qualche modo avuto a che fare con la saga di Naruto Ultimate Ninja Storm, noterete già dai primi momenti una certa somiglianza tra i due titoli, complice un mapping dei tasti esattamente identico. Nulla di grave, lo sviluppatore è comune, e la cosa vi aiuterà a prendere dimestichezza con il sistema di gioco, dato che verrete buttati praticamente subito nel vivo dell’azione dovendo gestire numerose funzioni e combinazioni di tasti.
Il sistema di combattimento risulta divertente, capace di emulare efficacemente ciò che si è visto in TV, molto meglio di altri titoli. Purtroppo, piano piano, il gioco mostra gli evidenti limiti di un sistema così tanto semplificato, dando spazio alla ripetitività e alla domanda che continua da giorni a frullare nella mia mente: c’è un modo per non prendere S alla valutazione di ogni combattimento? Nel corso della mia run ho conteggiato credo tre combattimenti chiusi con valutazione A, le restanti tutte S. La difficoltà è enormemente tarata verso il basso, una volta capito il pattern del nemico non esiste minimamente un valore di sfida, per quanto la spettacolarità del combattimento rimanga senza eguali. Ma ciò che vedo a schermo mi galvanizza per poche ore se non è supportato da un sistema (almeno vagamente) profondo di gameplay.
I personaggi utilizzabili sono dettati dalla trama, con la maggior parte degli alleati che rimarrà solo tale, aiutandoci come supporto nelle battaglie grazie all’impiego delle loro tecniche speciali. Ogni supporto ha delle barre che si riempiono quando usiamo le loro abilità, sbloccando l’opportunità di un attacco combinato tra tutti i presenti… esattamente come accadeva con i giochi di Naruto. Quell'”esattamente” non è messo lì a caso, intendo esattamente identico. Capisco che riutilizzare le stesse animazioni sia economico, ma parliamo di un gioco uscito dieci anni fa ormai, che comunque faceva la stessa cosa meglio, dato che mostrava una scena diversa se con tale attacco si terminava il proprio avversario. Perché non creare qualcosa di più spettacolare dal punto di vista visivo, ancor più giustificato dal fatto che i personaggi utilizzabili sono limitati e non avrebbero dovuto tener conto di troppe variabili, essendo un gioco single player con una trama ben delineata?
Parlando delle meccaniche RPG, la loro presenza poteva essere tranquillamente sostituita da l’assegnamento automatico di nuove mosse nei punti prefissati. L’Albero delle tecniche si sviluppa verticalmente, con pochi rami, offrendo ben poca scelta tra le abilità migliorabili, sbloccabili con le sfere Z in proprio possesso, che ci porta a dover raccogliere le sfere presenti sulla mappa, divise in tre diversi colori in base al luogo nel quale si trovano. Una meccanica di grinding necessaria per ottenere le tecniche più potenti dei personaggi utilizzabili.
L’idea delle comunità invece è simpatica, una serie di campi che vanno ad influenzare l’esperienza di gioco e i bonus ottenuti, mettendo in relazione i vari personaggi dell’universo di DBZ.
Parlando dell’open world, si nota subito il tratto caratteristico di Toriyama, che mette subito di buon umore grazie ai colori molto vivaci. Purtroppo, al di là della raccolta delle sfere, dei minigiochi di pesca, caccia, cucina, nemici random inutili che fanno perdere qualsiasi senso al sistema di combattimento e qualche personaggio pronto a fornire qualche quest secondaria, il mondo risulta praticamente vuoto.

Comparto tecnico – Sarebbe il caso di esprimere un desiderio
Il comparto tecnico si dimostra purtroppo altalenante, con qualche piccolo bug come personaggi che si muovono in direzioni random, anche se sono teoricamente fermi a parlare, sfondi poco curati (le texture delle rocce sono un ottimo esempio) che stridono completamente con la cura riposta nelle animazioni e un doppiaggio ottimo (almeno in giapponese) che fa a botte con una sincronia labiale quasi inesistente.
Da lodare invece la presenza della colonna sonora ufficiale, che in altri giochi del brand è stata spesso distribuita tramite DLC a pagamento, con la ciliegina sulla torta della OST di apertura che è la stessa che apriva le puntate dell’anime, e che inevitabilmente colpisce al cuore.
Chiudiamo il capitolo con una telecamera che a volte fa le bizze e, ribadendo l’eccessivo riciclo da opere precedenti Cyberconnect2, privo di aggiunte significative.

Conclusioni – Secondo me, il seguito non lo fanno!
Dragon ball Z: Kakarot è stato trattato nel rispetto della fonte originale, ma l’operazione di eccessivo snellimento (non tanto nelle parti trascurabili quanto nei punti salienti) e la presenza di meccaniche RPG poco incisive ha portato il titolo a non rasentare l’eccellenza come avrebbe dovuto. Quindi è un gioco che merita una valutazione negativa? Probabilmente per i fan del brand questo è il miglior titolo uscito sul mercato ad oggi, se escludiamo Dragon Ball FighterZ (che punta però a un target molto diverso). Il problema vero e proprio è che, al di là dell’estremo fanservice, data la struttura non offre nulla, rendendosi inadatto a chi non sia già appassionato, o addirittura insufficiente per chi non conoscesse nulla del mondo di Toriyama e volesse avvicinarvisi proprio attraverso quest’opera.
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