Se avete trascorso la vostra infanzia (o adolescenza) a Cremona negli anni Novanta, avrete sicuramente sentito parlare della Città del Sole. La Città del Sole era una libreria (e non solo) storica, che allora si trovava sotto la Galleria XXV Aprile, in pienissimo centro. Ora sono molti anni che si è spostata in via XX Settembre, ma se siete tra quelli che si ricordano della vecchia sede, sotto la galleria, allora sicuramente siete tra le persone alle quali mi riferivo poco sopra.
“Ma che senso ha iniziare una recensione di Lupo Solitario 29: Le tempeste del Chai parlando della vecchia sede della Città del Sole di Cremona?” mi chiederete. Bella domanda! La risposta è che a Cremona, negli anni Novanta, i librigame si compravano alla Città del Sole. Si trovavano anche da altre parti, ma se volevi essere sicuro di trovarne, e di trovarne anche tanti, dovevi andare alla Città del Sole. Punto.
Un bel giorno – era il 1997 e frequentavo la prima media (poche battute sulla mia età, mi raccomando!) – mia mamma si presenta a casa con questo libro in mano. Era un libro diverso dagli altri, perché era scritto per essere letto e giocato, e non solo per essere letto. La voce narrante parlava al lettore in seconda persona, il che scardinava tutte le mie nozioni riguardanti le voci narranti di allora , rigorosamente o in prima o in terza persona! La storia non era scritta per seguire un filone narrativo unico, ma dava al lettore la possibilità di scegliere che strada intraprendere nei panni del protagonista. E poi questo mondo high fantasy: il Magnamund, i Cavalieri Ramas (allora si chiamavano ancora così)! Mi trovavo davanti a Lupo Solitario 23: L’eroe di Mydnight, il mio primo librogame.
Per me fu «il […] primo passo verso un mondo più vasto» (cit. Obi-Wan Kenobi). Da allora mi interessai ad altri librigame, anche di altre serie, e, pochissimo tempo dopo, anche ai giochi di ruolo, che sono ancora oggi la mia grande passione.
La scorsa Lucca Comics & Games mi sono recato presso lo stand di Vincent Books, nel Padiglione Carducci, dove era pubblicizzata in pompa magna l’uscita di Lupo Solitario 29: Le tempeste del Chai, e me ne sono procurato una copia. Rimediata anche la firma – con tanto di dedica, stretta di mano e foto – del mitico Joe Dever – presente allo stand accanto, quello di Raven Distribution, per l’uscita in italiano di Lupo Solitario – Il gioco di ruolo (e magari di questo parleremo in un altro articolo) – ero tutto bello allegro e pimpante, pronto per tornare a casa e cominciare la lettura e la recensione di questo titolo, a lungo atteso.
Già, perché dovete sapere che il precedente volume della serie – Lupo Solitario 28: La vendetta di Sejanoz – era stato pubblicato nel 1998 (in Italia l’anno seguente dall’editore della serie di allora: Edizioni EL). Per cui, i lettori italiani hanno dovuto aspettare la bellezza di sedici – dico – sedici anni (!) per poter vedere il capitolo successivo arrivare sugli scaffali delle proprie librerie. Cosa ancora più buffa: nonostante i fan anglofoni fossero in vantaggio di un anno (o in ritardo di diciassette anni, se preferite) rispetto ai fan nostrani, il libro è stato pubblicato prima in lingua italiana che in lingua inglese. Cubicle 7, casa editrice britannica, nonché editrice in lingua originale del gioco di ruolo citato sopra, aveva acquisito i diritti per pubblicare la serie di Lupo Solitario, compreso il numero 29, lo scorso dicembre, ma a un mese di distanza la stessa aveva annunciato il suo ritirarsi dal progetto per “mancanza di energie”. Secondo le mie ricerche, ci troviamo davanti a un caso inedito: un libro di Lupo Solitario pubblicato prima in italiano che in inglese! Tanto vale approfittarsene, dico io.
Il libro ci si presenta subito in un bel formato cartonato piuttosto massiccio: le pagine, come da tradizione, non sono numerate, ma ci troviamo davanti alla bellezza di 350 paragrafi. La costa è arrotondata e la copertina cartonata ha una sovraccoperta con le alette, che sul davanti porta la bellissima illustrazione di Alberto Dal Lago che potete vedere anche in cima a questo articolo e che sarà anche la copertina dell’edizione in lingua inglese. La parte interna della copertina è illustrata con la mappa della regione del Chai, realizzata da Francesco Mattioli, nella quale si svolgeranno le vicende del Grande Maestro Kai protagonista del librogame.
Le illustrazioni interne, rigorosamente in bianco e nero, sono di Giuseppe Camuncoli e assolutamente in linea col classico stile dei volumi di Lupo Solitario, che ci riporta con la mente e col cuore alle avventure e allo stile dei libri illustrati degli anni Ottanta.
Il carattere del testo è l’ITC Souvenir, che forse a molti non dirà nulla, ma è un carattere che negli anni Settanta aveva un certo successo e ha il merito di essere stato uno dei caratteri usati per i testi dei manuali di Dungeons & Dragons. Difficile pensare che si tratti di una coincidenza, molto più facile che sia un omaggio.
Il testo – tradotto da Fabio Gamberini, per quanto riguarda i paragrafi, e da Michele Bellinazzo, per quanto riguarda le regole – segue le nuove linee guida stabilite da Vincent Books. Pertanto, non ci troveremo più davanti ai Cavalieri Ramas, traduzione nata per appagare i gusti italofoni degli anni Ottanta, ma ai Cavalieri Kai. Non si parla più di Discipline Ramastan, ma di Discipline Magnakai e, allo stesso modo, i temibili Tigerwolf diventano o, se preferite, restano dei “semplici” Doomwolf. Insomma, ci troviamo di fronte a una traduzione più fedele all’originale inglese, che in molti casi è effettivamente più sensata, considerando anche l’attuale familiarità del lettore medio con la lingua inglese. Da parte mia, posso solo dire che mi ero ormai abituato al suono dei Cavalieri Ramas e vedere spuntare i nuovi, ma più filologicamente corretti, Cavalieri Kai mi lascia tuttora spiazzato. È uno dei pochi casi in cui considero una “traduzione” migliore dell’originale.
Questa volta, come già anticipato sopra, la storia ci porta nella misteriosa regione del Chai, situata nella parte meridionale del Magnamund, l’universo fantastico nel quale sono ambientate le storie di Lupo Solitario. Possiamo immaginare il Chai come una versione fantasy della Cina medievale. La storia riprende diciotto anni dopo il filo lasciato in sospeso ne La vendetta di Sejanoz. Ah, state tranquilli che non farò spoiler!
Il protagonista della nostra storia è, come in tutti i librigame del Nuovo Ordine Kai, un Grande Maestro Kai: colui che in La vendetta di Sejanoz aveva sconfitto il potente Autarca Sejanoz, dittatore di Bhanar, e debellato la sua minaccia contro le terre del Chai. Ora, tuttavia, il Nadziran Zashnor, potente usufruitore di magia nera e tiranno della città bhanariana di Bakhasa, sta per scagliare un nuovo assalto contro il Chai. Il compito del protagonista è quello di recarsi fino a Pensei, capitale del Chai, per recuperare il potente artefatto noto come Occhio di Agarash e riportarlo in sicurezza fino al Monastero Kai di Lorn. Tutto questo senza far sì che l’Occhio cada nelle mani di Zashnor, che desidera ricongiungerlo a un altro oscuro artefatto, l’Artiglio di Naar, per scatenare morte e distruzione su tutto il Magnamund.
Dovendo iniziare a giocare come se questo fosse il primo librogame mai affrontato, il giocatore si troverà nei panni di un Grande Maestro Kai Anziano. Qualora avesse già avuto modo di giocare altre avventure del Nuovo Ordine Kai (dal numero 21 in avanti), si potrà importare il proprio vecchio personaggio in questa avventura, aumentando le sue caratteristiche, dotandolo di nuovi oggetti, ma soprattutto facendogli acquisire una Disciplina Superiore Kai nuova di zecca. Nel caso si fossero giocate tutte le altre avventure del Nuovo Ordine Kai, si potrebbe iniziare con un Cavaliere col Grado di Gran Barone e la bellezza di tredici (!) Discipline Kai, mica bruscolini!
Nel mio caso, non avevo un eroe che avesse senso importare in questa nuova avventura. Era passato troppo tempo dalla mia ultima partita con un librogame del Nuovo Ordine e, pertanto, ho provveduto alla creazione di un Grande Maestro Anziano, seguendo rigorosamente la procedura spiegata nel libro. Un’ora e quaranta minuti dopo, compresa la lettura dell’introduzione, delle regole e la creazione del personaggio, il mio personaggio, Elmo Veloce, giaceva morto sulla crudele terra del Chai. E neppure è andata meglio al mio Fuoco Audace, che non è durato nemmeno venticinque minuti, creazione del personaggio inclusa.
Ora, io sarei andato avanti con questo andazzo, se non altro per cocciutaggine, peccato che dovessi anche scrivere questa recensione per tempo, per cui mi sono deciso a creare un personaggio di Grado superiore, e per la precisione quello di Barone del Sole, il penultimo, quello con dodici Discipline Kai. Qui la canzone si è fatta abbastanza diversa: sono riuscito ad arrivare in fondo al libro e a finire la storia.
Questa cosa, però, mi fa scattare delle considerazioni. La storia inizia con un imprevisto che non è assolutamente evitabile dal protagonista. Da lì la situazione tende a peggiorare, con momenti di tensione che si alternano a momenti di recupero e di potenziali opportunità. E questa è una struttura abbastanza classica e legittima per un librogame. Se avevo creato Elmo Veloce col cuore totalmente aperto, quando ho creato Fuoco Audace ho cercato di ottimizzarlo al massimo, per quanto possibile (a parte il fatto che avevo tirato dei punteggi di Combattività e Resistenza molto più bassi). Col secondo Cavaliere ho scelto tutte Discipline e cose che ho visto essere più utili da come l’avventura era andata (male!) col primo. Non è servito a nulla!
Il gioco tende a impantanarsi nelle prime tre decine di paragrafi. Se non hai alcune Discipline, semplicemente non puoi prendere alcuni bivi che ti evitano di prendere schiaffi in faccia. Spesso, anche avere una determinata Disciplina non basta, siccome occorrerebbe anche essere di un Grado ben più alto di quello di Grande Maestro Anziano per usarla con successo. Altrettanto spesso, un bivio offerto da una Disciplina non cambia davvero le carte in tavola: si limita ad aggiungere un paragrafo di descrizione piena di colore ed evocatività. Se questo, da una parte, è un pregio, perché evita l’effetto dei continui “rastrelli in faccia” perché ti manca una Disciplina di cui parlavo sopra, dall’altra dà l’impressione che alcune Discipline siano poco utili e che il loro maggiore contributo sia quello di aggiungere dettagli divertenti alla storia, ma non permettono di cambiarla sostanzialmente.
Mano a mano che andavo avanti, mi sono accorto che il vero problema sono alcuni combattimenti davvero impegnativi e dai quali non è nemmeno possibile scappare. Per cui, la differenza non la fanno tanto le Discipline possedute, quanto i punti extra che i Cavalieri Kai di Grado alto (e quindi con diversi librigame alle spalle) ottengono in Combattività e Resistenza. Insomma, se non hai dei punteggi davvero alti, rischi di morire come un cane a ripetizione, a meno che non tiri sempre altissimo sulla Tabella del Destino (io usavo un dado a dieci facce per comodità, ma il discorso non cambia).
In definitiva, è un librogame praticamente impossibile da portare a conclusione per un personaggio appena creato. Con un personaggio al Grado di Barone del Sole, invece, andare avanti per la gran parte del libro è stato abbastanza facile, a parte in alcuni momenti cruciali dove, anche lì, rischi di prenderle di santa ragione. E, se le prende un Barone del Sole (Grado 8 su 9) figurarsi un Grande Maestro Kai Anziano (Grado 1 su 9)!
L’unica difesa contro queste sfighe, più che imparare dai propri errori e fare scelte diverse – il che spesso è impossibile, perché alcuni passaggi proprio non puoi evitarli – è quello di sperare di avere più fortuna coi numeri. Questa parte de Le tempeste del Chai non riesco proprio a non vederla come un difetto, perché mette il giocatore davanti alla sensazione di sentirsi inutile e di non poter evitare un proprio destino infausto. Solo la Tabella del Destino può fare la differenza in quei casi e con un Rapporto di Forza spesso negativo con i propri avversari, come si può sperare in tanta fortuna?
Per il resto, ho visto che ci sono delle parti interessanti. Il gioco tende a dipingere un regno del Chai dai toni vividi e mostra che le azioni dei personaggi, anche di quelli secondari, hanno delle conseguenze. Cerca di farceli vedere nella loro quotidianità e di farceli un po’ amare. Il ritmo della narrazione è incalzante: possiamo tirare il fiato solo dopo aver lottato duramente. Ci sono dei colpi di scena, delle reincorporazioni dai libri e dai paragrafi precedenti, il che contribuisce a dare al lettore l’idea di far parte di una saga che ha un passato illustre e che le sue azioni in qualche modo si riverberino sul mondo. Va detto che questo spesso è un’illusione, perché questo è il formato del librogame, i cui binari non possono prendere direzioni davvero imprevedibili, ma tanto vale dare a Cesare quel che è di Cesare e riconoscere lo sforzo.
Menzione speciale va sicuramente data agli enigmi, che ho trovato carini da cercare di risolvere, e alle sequenze finali, che ci portano a vari paragrafi al cardiopalma, dove si ha davvero l’impressione di non farcela e si è sempre appesi a un filo. Anche lo scontro finale mi pare ben scritto e progettato. Credo che, se non avessi avuto il mio Barone del Sole, non ce l’avrei mai davvero fatta, e questo deve comunque indurre a riflettere sul livello di difficoltà di questa avventura.
In conclusione, posso dire che ci troviamo sicuramente davanti a un medium che ha i suoi anni. A mio avviso, se gli anni Novanta erano già il crepuscolo di questa forma di intrattenimento, gli anni Dieci del XXI secolo sono per il formato del librogame più un revival nostalgico che una vera e propria incarnazione degli attuali appetiti dei giocatori. Ciò che allora sarebbe stato apprezzato e visto con entusiasmo, oggi mostra tutti i suoi limiti, e questo progetto di Joe Dever, davanti al quale ci togliamo tanto di cappello per quello che ha rappresentato e rappresenta per questo hobby, mi sembra che stia cercando una completezza, verso il trentaduesimo volume, quello conclusivo, più per una promessa a se stesso, e ai tanti fan sparsi per il globo, che per una vera e propria necessità del mondo dei giocatori di giocare ancora una volta questo genere di storie.
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