L’ho provato alla Gamescom, insieme al mio ragazzo, e tra tutti i giochi che ho provato è stato il più emozionante e coinvolgente, anche perchè – da pivellina – quella volta non ho dovuto pensare a come fare qualcosa, bensì soltanto a farla. Subito, velocemente e bene.
È un gioco da esperienziare in due, in perfetta sincronia. I due giocatori stanno di spalle l’uno all’altro, con le schiene che si toccano e un controller tra le mani. Uno è il cuore, cieco e istintivo, l’altro la mente, attenta e calcolatrice. Non è solo retorica: davvero chi impersona il cuore è all’oscuro di quel che accade sullo schermo. Ma non di quel che accade alla mente. I due avvertono attraverso i controller quel che l’uno e l’altro provano, e comunicano silenziosamente: quando la mente è concentrata su un obiettivo, il cuore lo sente e le dà un segnale, ma deve agire insieme a lei restando sincronizzato alle sue esigenze; se il cuore si agita troppo o non abbastanza, la mente non funziona come dovrebbe.
Il vero obiettivo del gioco, a essere sinceri, diventa proprio quello di essere una cosa sola, di stringere un legame empatico con l’altro giocatore. La mente ha la smania di compiere la missione, il cuore ha l’ansia di farla funzionare bene. Insieme devono portare a termine la missione nel minor tempo possibile, senza mai distrarsi, altrimenti falliscono. Sentire il rumore dello sparo è la sensazione più bella al mondo, ti fa pensare “Ehi, ci siamo riusciti, siamo ancora qui e stiamo lavorando bene. Insieme.”
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