Sono passati anni da quando mi sono seduto per la prima volta intorno ad un tavolo per provare il mio primo gioco di ruolo. Che dire? Lo rifarei altre cento volte, forse anche mille, perché il primo gioco di ruolo non si scorda mai. Non parlo di quelli da console che abbiamo provato sotto ogni forma, dai primi Final Fantasy fino al più atipico Borderlands, parlo di un classico carta, penna e dadi da tirare. Oggi come 15 anni fa, quando ho iniziato, provo ancora la stessa sensazione ogni volta che prendo in mano una matita, una gomma e un manuale chiedendomi a che personaggio voglio dar vita. Di tanto in tanto mi scopro a inventare nomi improbabili e provare toni di voce per caratterizzare i miei personaggi affinché un guerriero non sia semplicemente un rovescio di dadi dedito all’acquisizione di punti esperienza.
Ma come è iniziato tutto questo? Un giorno ognuno di noi si è trovato di fronte ad un amico che ha posto una semplice domanda: “Compriamo D&D?“. All’epoca, per ogni essere umano dotato di scarso intelletto, il termine gioco di ruolo era una parola sconosciuta e qualsiasi forma era comunemente assimilata in Dungeons and Dragons, perché di massa e facilmente riconoscibile. Lo so, molti di voi, avranno iniziato diversamente con dei giochi più complessi e magari di nicchia, questo vi fa onore. Alcuni saranno troppo giovani per aver vissuto la leggendaria 3.5, come io sono troppo giovane per aver giocato all’Advanced, Druid o qualsivoglia Old School. Fatto sta che abbiamo iniziato a lanciare i dadi e tra una chiacchiera e l’altra abbiamo salvato regni, siamo diventati signori di un impero e siamo sopravvissuti di fronte un nemico tremendo: la noia.
Indice
Dungeons and Dragons 3.5, l’inizio
Devo ammettere di essere uno di quelli che ha iniziato con la tanto nominata edizione 3.5 di Dungeons and Dragons, quella che permetteva molteplici classi, percorsi folli, razze da ogni dove e qualsiasi tipo di ambientazione avessi in mente. O meglio questo è quello che a 15 anni, con in mano i tuoi primi manuali, pensi che sarà giocare di ruolo. Poi scopri che i tuoi amici hanno deciso che sarai il Dungeon Master e, nella tua incompetenza, la mamma dei coboldi è sempre incinta. Getti giù la tua prima ambientazione, i primi nemici decisamente sbagliati e cerchi di capire le regole insieme a persone che come te non ne sanno nulla. Insomma un disastro, un bellissimo disastro.
Quella prima volta al tavolo il gioco ha preso il sopravvento ed io ho capito che quella sarebbe stata la mia vita, quello che avrei voluto fare sempre o per lo meno una volta a settimana. La tanto amata e odiata edizione 3.5 ha segnato una svolta unica, che purtroppo doveva finire insieme all’adolescenza. Devo ammettere che è stato bello, duro e appassionante. Mi immagino altri ragazzi come me che la sera, tra un pacchetto di snacks e una Coca Cola, si cimentano in prove di furtività o di diplomazia senza conoscere bene la storia raccontata da D&D ma creando, attraverso i propri gusti, un mondo fantasy unico e pieno di pericoli da sgominare.
Pathfinder, un nuovo mondo
Quando l’adolescenza è finita ci sono due modi in cui può andare: si smette di giocare o si cambia gioco. In realtà non è vero che ci sono solo due modi, molti rimangono segnati dal primo gioco di ruolo e continuano con quella strada inseguendo le varie nuove edizioni. Altri smettono, non perché è finita l’adolescenza, ma perché gli impegni alle volte sovrastano la voglia che si ha di giocare. Con l’università e successivamente con il lavoro diventa difficile organizzarsi e spesso si perdono occasioni e compagnie. Per via di questo negli ultimi anni hanno iniziato a spopolare giochi fatti appositamente per le one shot, un modo per dire al mondo: Ho voglia di giocare, ma non ne ho il tempo.
Per quanto mi riguarda io rientro in quelli che dopo il primo gioco di ruolo hanno deciso di provarne altri cento: Pathfinder, Shadowrun, La Leggenda dei 5 Anelli e tanti altri. Pathfinder è stato il vero banco di prova: non era Dungeons and Dragons ma lo era allo stesso tempo. Stessi temi, stesso modo di giocare per certi versi ed è stato facile conoscere qualcosa di diverso. Di fronte ai giocatori si presentano sempre nuovi mondi e nuovi modi di affrontare le situazioni che ci vengono proposte. Grazie ad essi possiamo comprendere come gestire le difficoltà ma anche come renderci parte di un gruppo nel bene e nel male.
Gioco di Ruolo: che passione
A distanza di 15 anni dal mio primo gioco di ruolo cosa è cambiato? Gioco più di prima! Per un periodo della mia vita avevo 4 gruppi diversi di gioco, con altrettanti diversi gdr e modi di giocare. Alternavo serate e fine settimana per poter giocare in tranquillità ed è stato uno dei periodi più belli. Non ho mai più giocato a Dungeons and Dragons se non in qualche sporadica One Shot ma ancora oggi ho il manuale della 3.5 accanto al letto. Non lo leggo, è solo il compagno di un’avventura lunga una vita che mi ha insegnato a leggere e conoscere tutti i mondi che voglio in qualche modo visitare. Mi ha mostrato la sua storia, i suoi segreti e come al mondo non si è soli se si ha una passione.
Il primo gioco di ruolo non si scorda davvero mai, ancora oggi mi trovo spesso a parlarne. Perché il mondo cambia ma noi rimaniamo sempre un po’ legati alle prime esperienza, quando muto ad un tavolo non sai ancora bene che dire, cosa raccontare o come si gioca. Così inizia qualcuno a dire la sua e ci si ritrova catapultati nelle segrete di un castello, nelle strade di Neo Tokyo, in un ridente villaggio del Rokugan.
Ho imparato l’amicizia, ad organizzarmi in funzione degli altri e che i coboldi non sempre sono la soluzione a tutto.