Pubblicato il 29/05/17 da Neko Polpo

Old Man’s Journey – La malinconica bellezza dei rimpianti

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Un canuto e pingue marinaio osserva l’orizzonte sull’uscio della propria casetta, in cima a una scogliera. È una bella giornata di sole e le onde si infrangono placidamente sulla riva, con un susseguirsi rilassante di sciabordii. All’improvviso, arrampicatosi sul pendio con una bicicletta, ecco il postino. L’anziano signore apre la lettera ed è subito chiaro che avrà bisogno di sedersi un momento, per leggere quelle righe. Anche se il mondo circostante è sempre lo stesso microcosmo idilliaco di qualche minuto prima, improvvisamente il barbuto vecchietto si è rabbuiato, come se qualche linea di inchiostro su un foglio fosse stata sufficiente a riaprire vecchie ferite, a far riaffiorare ricordi probabilmente mai rimossi davvero. La decisione, presa senza molte riflessioni, è evidentemente necessaria: riempito il proprio zaino, l’anziano si incammina, lasciando la sua piccola casa sulla scogliera, diretto verso un confronto con il passato e con i propri rimpianti.  Pur viaggiando su sentieri di montagna, vallate fiorite, coste marittime illuminate dal sole, il vero, profondo oceano in cui navigherà per raggiungere l’agognata meta, sarà quello dei molti, dolci, amari, preziosi ricordi.

L’aspetto che fin da subito mi ha colpito, nel prodotto dei viennesi Broken Rules, è la scelta di raccontare una storia che avesse per protagonista un tipo di personaggio inusuale del mondo dei videogiochi. Non capita spesso, infatti, che si raccontino gli struggimenti e le speranze di un uomo anziano. Va sottolineato, inoltre, come, grazie anche alle bellissime sequenze dei ricordi, curate dal visual production studio Salon Alpin, e alle adorabili animazioni, il protagonista, pur non parlando mai, sia capace di trasmettere un mare di emozioni e di stati d’animo. Questo aspetto, comunque, può essere esteso a tutta l’esperienza che faremo di Old Man’s Journey. Non c’è nel gioco, infatti, nessun dialogo da ascoltare, nessun testo da leggere. Ogni interazioni tra il protagonista e gli altri personaggi avviene in modo silenzioso, in una modalità di relazione che, superficialmente, può apparire naïf, ma che sa delineare una profondità che tanti altri titoli non riescono a costruire nemmeno con fiumi di parole.

Ogni occasione è buona per riposare un momento e lasciarsi trasportare dai ricordi.

Il mondo attraversato dall’anziano nel corso della sua camminata mi ha ricordato, di primo acchito, le isole e i freddi mari del bellissimo film Song of the Sea di Tom Moore. Tuttavia, già dopo pochi minuti, ho iniziato a notare come la paletta dei colori, il design delle ambientazioni e il carattere della gente che le abita abbiano un sapore mediterraneo, presentandosi quasi come un amalgama fantasioso ma magicamente omogeneo di paesaggi, suoni e usi dell’Europa meridionale, arricchito di tanto in tanto con qualche gelida pennellata nordica.
Perdendomi per diversi minuti ad ammirare quelle bellissime tavole animate, disegnate a mano e con una grande cura per i dettagli da abili artisti, non ho potuto non ripensare all’atmosfera irreale e al contempo estremamente concreta (fisica?) che contraddistingue molti dei lavori di Amanita Design.
Non credo di aver mai scattato così tanti screenshot, giocando ad un videogioco!

Le musiche di Old Man’s Journey, opera di quell’Andrew Rohrmann (noto come Scntfc) che aveva già lavorato alla colonna sonora di Oxenfree dei Night School Studio, sono un riuscito mix di elettronico ed acustico. Con una strumentazione ricca, le composizioni, in cui riecheggiano gli stessi paesaggi di cui parlavo prima, si mescolano perfettamente con i cullanti rumori ambientali, espressivi almeno quanto le immagini. Tra sfumature lo-ficrescendo di pianoforte e archi struggenti, la colonna sonora del gioco sa sempre tenere le redini delle nostre emozioni, creando una delicata consonanza, un’empatia con il pensieroso protagonista.

Benchè il panorama del gioco sia tipicamente mediterraneo, non mancano alcune incursioni del profondo nord.

Qualcuno avrà già notato che, nei paragrafi precedenti, non ho mai parlato di quello che dovrebbe essere il fulcro di un videogioco, ovvero il gameplay. Il motivo è piuttosto semplice: in Old Man’s Journey, il gameplay è sicuramente un aspetto secondario. O, perlomeno, non è un aspetto centrale, in rilievo. Tutto quello che ci verrà chiesto sarà, infatti, di interagire con alcuni elementi dei fondali, spostandoli letteralmente, facendoli incrociare o intersecare per creare delle strade nuove da percorrere. In un mondo cartaceo, fatto di fogli sovrapposti e stratificati, la prospettiva assume significati nuovi e ciò che percepiamo ha dimensioni fisiche non corrispondenti alla nostra esperienza quotidiana. E come l’anziano protagonista cerca una strada, un continuum in un mare di ricordi, noi cercheremo un percorso in una realtà che, più che rifarsi a quello che vuole rappresentare, rimanda a uno di quei libri animati che, durante la nostra infanzia, abbiamo di certo avuto per le mani.
Se, concettualmente, l’approccio è molto interessante e in linea con le tematiche del titolo, è anche vero che la ripetitività del tutto tende a svuotare un po’ il significato, a rendere il puzzle solving un meccanismo unicamente funzionale al proseguimento della meraviglia animata. A questo punto, mi chiedo se non sarebbe stato forse più interessante cercare di ridurre ai minimi termini il gameplay, magari ampliando, invece, la già comunque stimolante interattività delle illustrazioni, per renderle ancora più vive e reattive.
In fondo, come aveva già dimostrato con And Yet it Moves nel 2009 e con Secrets of Rætikon nel 2014, Broken Rules non ha paura, per l’appunto, di rompere le regole, cercando soluzioni non banali, spesso innovative.

È importante sottolineare come, evidentemente, il titolo nasca per essere fruito su dispositivi mobili. L’approccio risulta, infatti, molto più naturale con un touch screen, dove potremo trascinare col dito parti delle illustrazioni, esplorare i fondali stuzzicandoli con i polpastrelli, agitare le fronde degli alberi, deviare il corso delle cascate. È pur vero che, provando il gioco su pc, non ho mai avuto problemi sostanziali con l’interfaccia, se non per un cursore talvolta poco visibile, sicuramente migliorabile. Al contrario, è stato molto bello poter godere delle ampie dimensioni dello schermo, per perdermi ancora di più in quel bellissimo universo artistico.
Ridicola infine la totale assenza, al giorno della pubblicazione, di un’opzione “esci dal gioco” nel menù principale. Ma, ovviamente, Broken Rules rilascerà nei giorni successivi all’uscita una patch che risolverà questo problema (il quale probabilmente, nel momento in cui leggerete questo articolo, sarà già solo un buffo ricordo).

Il mare e il viaggio via nave saranno temi ricorrenti, in un misto agrodolce di emozioni per il protagonista.

Il titolo di cui sto scrivendo appartiene, pertanto, a quella ormai non così sparuta schiera di “giochi non propriamente giochi”, standosene lì sul filo del rasoio, a cavallo tra il puzzle game e l’opera d’arte multimediale. Al prezzo di un biglietto del cinema, Old Man’s Journey ci permette di vivere una brevissima (si parla di circa un’ora), semplice storia, che sa tuttavia rendersi memorabile per l’enorme qualità del comparto artistico, la capacità di trasmettere dei veri distillati di emozioni, l’abilità con cui crea un microcosmo capace di inserirsi nell’immaginario personale di ogni utente.
Se siete persone disposte a spendere un po’ di soldi semplicemente per trarre piacere da qualcosa di bello, qualcosa da ammirare in solitudine, allora non potete non acquistare una copia di Old Man’s Journey. Riuscendo a comunicare direttamente al cuore lavorando solo sulla composizione delle immagini, il suono e il movimento, Broken Rules, sicuramente, si merita tutto l’appoggio possibile.

 

Suoni e musica

Sentimento

 

  • Qualità artistica a livelli altissimi
  • Colonna sonora eccellente
  • Protagonista inusuale e amabile
  • Enorme espressività

 

  • Dura un'ora
  • Gameplay marginale

NekoPolpo - Biografia

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