Pubblicato il 28/04/25 da Cathoderay

Fatal Fury: City of the Wolves – I lupi Famelici sono tornati

Non conta solo vincere. Conta come combatti
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Quando ho visto il primo trailer di Fatal Fury: City of the Wolves il mio cuore ha sussultato… sembrava che finalmente SNK si fosse svegliata da un lungo incubo in cui ci aveva rinchiusi tutti, fatto di grafica 3D, modelli poligonali opinabili e sistemi di combattimento buoni ma non al livello a cui la casa giapponese ci aveva sempre abituato. Era un segno del destino che proprio Fatal Fury ci facesse tornare agli antichi fasti? La trama non è particolarmente profonda, ma basta a ripescare la lore della saga: Rock cerca di capire quale sia il suo destino in una città che è stata governata col pugno di ferro dal padre, lo stesso padre che Terry Bogard ha sconfitto, prendendo poi suo figlio come allievo. Terry, si confronta con i fantasmi del passato; nel mezzo le vicende di altri combattenti relativamente interessanti, ma non di particolare spessore… ma a noi, in fondo in fondo, interessano le sberle!

Fatal Fury
le sberle, appunto.

Niente modelli 3D. Grazie.

City of the Wolves è un gioco che si fa guardare e ascoltare tanto quanto si fa giocare; SNK adotta uno stile visivo deciso, puntando su un cell-shading solido e ben calibrato, che restituisce con forza l’impatto di ogni colpo. Le animazioni sono fluide e reattive, con una cura particolare per le transizioni tra mosse, espressioni facciali e posture, rendendo ogni scontro un duello anche teatrale, dove il linguaggio del corpo è parte integrante del gameplay.

South Town, scenario ricorrente della saga, viene reinventata con una direzione artistica che la fa respirare di nuovo; i fondali, stilizzati ma pieni di personalità, mostrano una città logora e viva, con dettagli che raccontano storie a margine: insegne lampeggianti, quartieri in rovina, e il contrasto tra degrado urbano e tensione latente.

La componente sonora accompagna e amplifica ogni istante. Le tracce musicali non si limitano a fare da sfondo, ma reagiscono al ritmo dell’incontro, alternando groove elettronici, riff distorti e inserti jazz dal taglio urbano. L’identità musicale è coesa, riconoscibile, e rende ogni stage una variazione tematica del combattimento. Gli effetti sonori, secchi e incisivi, restituiscono la fisicità dei colpi, mentre il doppiaggio, asciutto ma ben interpretato, mantiene un tono coerente con l’atmosfera cruda del gioco.

Insieme, grafica e sonoro costruiscono una cifra stilistica compatta, una visione coerente che fonde modernità e memoria: City of the Wolves è figlio del suo tempo, ma sa perfettamente da dove viene.

Billy, sei tu?

 

Un sistema di combattimento profondo, tecnico e brutale

City of the Wolves punta a essere un nuovo punto fermo del picchiaduro competitivo, con un sistema che bilancia accessibilità e complessità senza concessioni. Il Just Defend è più di un parry: è una filosofia; difendersi all’ultimo istante genera vantaggi reali, incentivando uno stile difensivo attivo che non interrompe il ritmo ma lo cavalca. A questo si aggiunge la REV Gauge, una barra multiuso che si riempie reagendo con aggressività o resistendo sotto pressione. Quando attivata, la modalità REV Up trasforma l’intero arsenale del personaggio: mosse potenziate, hitstun prolungato e nuove opportunità di combo; dura poco e non è cumulabile, rendendo il suo utilizzo una decisione strategica cruciale.

La vera innovazione però risiede nel Potential State, uno stato passivo che si attiva in base allo stile di gioco adottato; alcuni personaggi migliorano la velocità di movimento, altri ottengono frame advantage supplementare sulle loro mosse chiave, spingendo ogni giocatore a personalizzare il proprio approccio e a costruire mind games più complessi.

I Feints, eredità di Garou, permettono la cancellazione immediata di mosse speciali, alimentando un gioco offensivo ossessivo ma leggibile, mentre le Chain Combos offrono accessibilità ai principianti senza mai spezzare l’integrità tecnica del combattimento; la combinazione di questi elementi rende il ritmo degli scontri vibrante, teso, ma sempre intellegibile, premiando sia la reazione istintiva sia la pianificazione a lungo termine. Ho adorato quanto una vittoria richieda il dominio dello spazio, la gestione dei tempi e la capacità di leggere anche solo minimamente l’avversario. City of the Wolves non regala nulla: è il regno di chi osa e comprende, è come tornare in un dojo pieno di polvere, ma l’aria è ricca di insegnamenti e dogmi che solo certi picchiaduro di valore sanno dare.

Il roster di personaggi è iconico e molto vario, capace di accontentare ogni genere di giocatore, e le aggiunte previste per la prima season fanno davvero ben sperare, tra personaggi classici e crossover con Street fighter c’è davvero di che essere entusiasti! Peccato per gli ospiti “speciali” che rovinano un po’ il mood generale dell’opera: va bene avere degli sponsor privati ma Cristiano Ronaldo e Salvatore Ganacci stonano davvero troppo con il resto dei lottatori. Se è vero che il secondo può ricordare un po’ Duck King, storico personaggio della saga, il primo è davvero sbagliato sotto ogni punto di vista… non è neanche divertente in termini di combattimento.

Tante modalità senza compromessi

Fatal Fury: City of the Wolves propone un set di modalità mirato ma robusto:

  • Arcade Mode: storie rapide ma significative per ogni personaggio.
  • Storia Estesa: trame approfondite che esplorano motivazioni, relazioni e conflitti.
  • Training Mode: laboratorio completo con frame data, simulazione situazionale e strumenti avanzati per perfezionare tecnica e strategie.
  • Versus Locale: battaglie offline immediate e fluide.
  • Online Mode: netcode rollback di ultima generazione per una competitività impeccabile, matchmaking classificato e casual.
  • Missioni e Sfide: combo trial, esercizi difensivi e sfide a tempo per affinare le abilità.

SNK punta sull’essenziale, offrendo tutto ciò che serve a chi vuole vivere il picchiaduro come una disciplina, il che mi ha portato ad amare Fatal Fury: City of the Wolves sempre di più dopo ogni scontro, se è vero che negli ultimi anni ci sono giustamente nuovi modi per imparare l’antica arte del menare le mani, è giusto che assorbiti i fondamentali un giocatore sia spronato a cercare una via del combattimento più tecnica, se vuole farlo, e in questo Fatal Fury: City of the Wolves ha un buon equilibrio da entrambe le scelte.

gli effetti speciali sono belli senza essere invasivi

Fatal Fury è finalmente tornato!

Fatal Fury: City of the Wolves non è solo il ritorno di una leggenda: è la rinascita di un ideale. In un mercato che spesso cerca di accontentare tutti, SNK sceglie di parlare a chi ama la lotta vera, senza scorciatoie. Nonostante delle scelte opinabili su i personaggi speciali, ogni pugno, ogni parata, ogni scelta è una dichiarazione di identità sincera. Il gioco danza tra accessibilità e profondità, regalando emozioni genuine senza mai perdere di vista l’onestà competitiva.

Se i vostri pugni fremono, è il momento di tornare a South Town!

  • Ottima scelta grafica
  • Sistema di combattimento solido e divertente
  • Atmosfera da picchiaduro anni 90
  • perfetto da giocare sul divano con gli amici

 

  • Personaggi speciali opinabili
  • sistema di combattimento non per tutti

 

 

 

 

 

Cathoderay - Biografia

Pare che io sia l'entropia videoludica.

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