Pubblicato il 30/11/16 da Barbarossa

Call of Duty: Infinite Warfare – È morto il Capitano. Lunga vita al Capitano.

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È morto il Capitano.” dice Reyes, il nostro alter ego che, seppur stereotipato, riesce a risultare un personaggio discretamente interessante.
“Lunga vita al Capitano!” esclamo io, pad in mano, mentre osservo con vago interesse l’ennesima cinematica che stacca dagli ultimi 20 minuti di lotta nello spazio attorno a Saturno.
Lunga vita al Capitano!” esclama Salter, l’altra protagonista della storia, per poi informarci che, casualmente, essendo il soldato di grado più alto a bordo della UNSA Retribution, siamo diventati i nuovi capitani.
Con estrema calma mi giro verso la persona che mi faceva compagnia durante la sessione di gioco, e noto che mi sta guardando con un ghigno: “Dici che è un caso?” “Naaaah…”

Capitano Nick Reyes, sulla sinistra, e il Colonnello Nora Salter, sulla destra.
Capitano Nick Reyes, sulla sinistra, e il Colonnello Nora Salter, sulla destra.

E invece mi tocca avvertirvi degli spoiler contenuti in questa recensione.

Call of Duty: Infinite Warfare è l’ultimo capitolo della infinita, appunto, IP di Infinity Ward (tutto infinito da quelle parti, a quanto pare) che continua a trovare nuovi spunti da poter sfruttare per rendere sempre più longeva questa immortale dinastia.
Sebbene nei titoli passati della stessa serie Infinity Ward e compagnia ci siano stati evidenti richiami al mondo della fantatecnologia e, soprattutto a livello di storia, di fantapolitica, Infinite Warfare svolta nettamente, andando sulla sci-fi vera e propria.
Se vi state chiedendo la qualità della sci-fi di Infinite Warfare il mio parere è che sia una sci-fi mediocre: non si urla al miracolo ma nemmeno all’obbrobrio. La questione è molto semplice: anche questo Call of Duty fa i suoi “compiti a casa” fornendo una storia basata su un canovaccio di gameplay ormai standard e ultrarodato. Squadra che vince non si cambia, no?
Ci sono giusto un paio di nuovi elementi che mi hanno colpito discretamente: il combattimento sul Jackal, un jet fighter del futuro, ovviamente personalizzabile durante la campagna, che ci vedrà sfrecciare nei cieli a sforacchiare le navi dei nemici, e il combattimento in assenza di gravità, aiutati dall’ormai riciclatissimo rampino che ci permetterà di spostarci e sfruttare la quantità di moto generata per uccidere i nemici con fantasmagorici eventi scriptati.

Mi sa che è esploso qualcosa. Ups!
Mi sa che è esploso qualcosa. Ups!

Come dicevo sopra, la storia della campagna segue un arco narrativo piuttosto definito e già visto, utilizzando un tutorial per fornirci il prologo alla vicenda, con uno spietato Ammiraglio Salen Kotch a capo dei ribelli contro la Terra, ma ovviamente terrestri anche loro, interpretato da Kit Harington e che non fa rimpiangere più di tanto il Kevin Spacey di Advanced Warfare, anche se ovviamente questo è un cattivo molto più integralista e demagogico che sembra parli solo per ultimatum e frasi fatte.

A noi, Capitani Nick Reyes in erba, il compito di inseguire per il sistema solare Kotch e rompergli in maniera costante e ineluttabile le uova nel paniere, con un leit-motiv etico che ci viene riproposto costantemente, caso mai ce lo dimenticassimo: fin dove si può spingere un Capitano per fare in modo che una missione sia portata a buon fine?
Questa domanda non ci lascia per un istante, senza mai in realtà farci decidere quale sia la risposta a questo interrogativo. Per tre quarti della campagna, infatti, continueremo ad anteporre il bene dei nostri uomini a quello delle missioni, anche perchè in realtà tutte le missioni precedenti alle due finali sono sì interessanti a livello di storyline, ma piuttosto tiepide riguardo alla nostra domanda fondamentale.

L'Ammiraglio Kotch mentre probabilmente ci sta ricordando che dobbiamo morire.
L’Ammiraglio Kotch mentre ci sta probabilmente ricordando che dobbiamo morire.

Ed è proprio quando una missione “fallisce” (tra virgolette in quanto è una cinematica che costruisce l’antefatto) per via della “bontà d’animo” del nostro Capitano, cioè noi, che Reyes e l’intera storia virano bruscamente verso il nero. Le ultime due missioni si trasformano insieme al Capitano, che diventa improvvisamente estremamente calcolatore tanto da ordinare a un soldato di schiantarsi con il proprio Jackal per distruggere un punto strategico in mano nemica.
Tutto ciò accompagnato dalla morte di tutte le figure chiave della storia, una dopo l’altra, come se all’improvviso si fossero accorti che: “Ohi, ma questo è un gioco di guerra sci-fi e non è ancora morto nessuno!” “Aspetta, aspetta! Abbiamo ancora due missioni… Possiamo recuperare.”
Potrebbe sembrare che la campagna non mi sia piaciuta, ma in realtà non è propriamente così: non è la storia che avrei voluto giocare, è vero, ma è sicuramente la storia perfetta per tutti coloro a cui Call of Duty: Infinite Warfare si rivolge. Preme i giusti tasti, espone delle tematiche che sono sì semplici, ma non definirei banali e, soprattutto, si sposa al 100% con il gameplay. Gli elementi di gameplay, infatti, si mescolano alla perfezione con la storia, introdotti in ottimo modo e senza che ci sia quell’effetto tanto sgradevole che fa dire: “Eh, vabbè, ma questo è messo qui apposta…”
L’unico vero appunto che posso fare sulla storia è il pacing: Infinite Warfare è un rollercoaster di emozioni, purtroppo mal bilanciato: 0-100-0-100-0-100… non esiste la via di mezzo. O sei in mezzo all’azione nemica per 20 minuti oppure sei bloccato in una cutscene o una cinematica di 15 minuti che rompe completamente la tensione, aggiungendo solo informazioni. Questo è ciò che veramente mi ha lasciato perplesso. Dall’altro lato, invece, la regia è stato veramente il fiore all’occhiello di questo titolo. Direzione ottima.

La UNSA Retribution, su cui ci troveremo a passare una buona parte del tempo della campagna.
La UNSA Retribution, su cui ci troveremo a passare una buona parte del tempo della campagna.

Ritornando prettamente al gameplay, invece, Infinite Warfare mi ha soddisfatto al 100%. Varietà di armi pressochè infinita, tanto che a volte mi è sembrato quasi assurdo il numero enorme di differenze tra le armi che potevo raccogliere dai nemici uccisi senza quasi accorgermi delle sottili diversità che le contraddistinguevano, possibilità di creare un loadout personalizzato per affrontare le missioni e poter customizzare perfino il Jackal, il nostro jet, per le missioni nello spazio. La varietà di nemici contro cui ci possiamo scontrare è sufficientemente buona da tenerci sempre sul bordo della sedia e tutti gli strumenti a nostra disposizione ci daranno la possibilità di decidere al meglio con quale strategia affrontare uno scontro.
Dal punto di vista dell’IA mi sono ritenuto soddisfatto dalle capacità adattive dimostrate dai nemici che reagivano ai miei maldestri tentativi di aggiramento dividendo i fronti di attacco per preparare una difesa.
Queste features, unitamente alla possibilità di scegliere se proseguire con le missioni principali o dilungarmi con quelle secondarie, contestualizzandomele, mi ha appagato decisamente sull’aspetto del gameplay.

Quale missione intraprendere?
Quale missione intraprendere?

Venendo al multiplayer, probabilmente il vero motivo per cui moltissimi giocatori hanno già acquistato questo gioco, non ci si può non complimentare per il lavoro svolto dai team di sviluppo. Il sistema classico di Call of Duty è presentato e rimaneggiato in tutta la sua gloria, con un numero di personalizzazioni che ovviamente tende a infinito per poter dare ai giocatori sempre un motivo valido per giocare e poter sbloccare contenuti. Il gioco presenta un sistema “a classi”, similmente a quanto già fatto in Black Ops III, ma aggiungendo il proprio twist.
La varietà delle mappe presenti nel multiplayer è ampia e si vede palesemente tutto lo sforzo per far sì che Infinite Warfare finisca nella lista degli e-Sports. Le mappe sono molto spettacolari e le zone di ogni mappa hanno dei nomi che le contraddistinguono in modo che, una volta entrati in uso quei nomi, chiunque possa riferirsi a essi con facilità. Chiaramente è stato aggiunto un sistema di monetizzazione con l’acquisto di casse ma non è una cosa di cui scandalizzarsi particolarmente, essendo ormai diventata di rito in questa tipologia di giochi.
La chicca finale è la modalità Zombie che, in questa versione, è stata rivisitata e tematizzata in stile nerd anni ’80 e ’90. Ambientazione un po’ inflazionata, ultimamente, no?

Classi personalizzabili ne abbiamo? A iosa.
Classi personalizzabili ne abbiamo? A iosa.

Amanti del multiplayer o curiosi della campagna in single player, il mio consiglio rimane quello di dare una chance a questo Call of Duty, quantomeno per godersi lo spettacolo tecnico di cui è capace.

See you, game cowboys!

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premi-cod

  • Grande regia
  • Multiplayer strutturatissimo
  • Gameplay fluido

 

  • Storia da migliorare
  • Campagna corta
  • Zombie a tema nerd

Barbarossa - Biografia

Game designer, ha un pallino per il gaming in tutte le sue forme: analogica e digitale. Non volendosi permettere di prediligere una tipologia sull'altra, accumula board games sugli scaffali di casa e video games negli hard disk.

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