Pubblicato il 21/12/14 da Neko Polpo

Ondama #2: Pinball

Il dialogo tra pinball e videogiochi inizia molto prestonel 1978 Atari propone il Video Pinball (e due anni dopo pubblica un’omonima simulazione videoludica su 2600). Atari aveva contibuito alla causa del flipper già nel 1977, con Airborne Avenger, un tavolo “fisico” da sala giochi. Nel 1984 tocca a Nintendo, che pubblica (per NES, ovviamente) Pinball, basato sul Game & Watch del 1983 (lo stesso anno di 4×4, sempre di Atari. In sala giochi Nintendo arriverà solo nel ’92, con il tavolo dedicato a Super Mario Bros.).

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Il bellissimo Video Pinball per Atari 2600 (1980).

È interessante notare fin da subito la cura riposta nella fisica della pallina, elemento centrale quando si parla di adattamenti digitali di esperienze analogiche: i movimenti (al netto di qualche legnosità comunque accettabile e non troppo fastidiosa) sono fluidi, e i rimbalzi sono integrati alla perfezione. Il tilt non è ovviamente presente, e si perde in qualche modo una delle funzioni caratterizzanti dell’esperienza in sala giochi, ma non se ne sente troppo la mancanza, visto che il connubio tra videogiochi e pinball permette di percorrere strade diverse e di scoprire nuove possibilità d’interazione.

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Ball Saver attivato!

Il videogioco consente di inserire elementi difficilmente integrabili in un tavolo fisico, come la “frammentazione” in due “schermate” diverse, una in alto e una in basso (anche se in Banzai Run, classe 1988 – realizzato a partire dal prototipo Wreck’n Ball del 1987, è possibile apprezzare una fantastica porzione di livello in verticale, come già accaduto nel ’51 con Double Action, prodotto dalla Genco). In questo modo il tavolo non è mai visualizzabile nella sua totalità: si agisce su due campi differenti e non “compresenti”. La “costrizione” videoludica permette di escludere una delle due parti dallo sguardo del giocatore.
Da un certo punto di vista anche l’assenza del tilt potrebbe essere vista come una conseguenza delle costrizioni che la macchina impone al giocatore: quando la pallina decide di infilarsi nei corridoi laterali della schermata inferiore non si può far altro che restare a guardare. L’interazione è negata e si è in qualche modo obbligati ad assistere alla propria morte, senza la possibilità di intervenire (al massimo si può rimandare la fine, guadagnando due “ball saver” laterali dopo aver raccolto tutte le uova collocate poco sopra le alette).

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Ecco i respingenti laterali.

Il digitale permette di ibridare anche mondi apparentemente distanti e differenti, come quelli del pinball e del platform: nella schermata superiore è presente una piattaforma mobile che, a seconda dei casi, può fungere da utile supporto per raggiungere bumper e “hot-spot” vari, ma anche da ostacolo per i rimbalzi della pallina.
Il mezzo videoludico integra poi altre funzioni interessanti (in realtà anche i pinball da sala hanno sperimentato con le possibilità offerte dai giochi elettronici, inserendo schermi e minigiochi all’interno dei tavoli. È questo il caso del buon Motor Show, della bolognese Mr. Game), quali le attività “extra” attivabili prendendo determinati percorsi “segreti”. In Pinball è presente un minigioco chiaramente ispirato a BreakOut (e la “conversazione” tra Atari e Nintendo continua…), in cui il giocatore è chiamato a liberare Pauline dalla “prigione” (farla cadere senza riuscire a  salvarla significa perdere una vita!).

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Mario incontra BreakOut!

Altre “proprietà” che la trasposizione digitale consente di “aggiungere” riguardano, ad esempio, la fisica della pallina: di fatto scegliendo la versione “A” (più “facile”) o la versione “B” (più “difficile”) del gioco si possono riscontrare notevoli differenze nei movimenti della sfera, e questo perché nella seconda modalità la pallina si muove molto più velocemente, innalzando di conseguenza il livello di sfida. Lo stesso tavolo può essere così “vissuto” a due velocità, creando esperienze ludiche sostanzialmente differenti (si veda la parte in verticale del succitato Banzai Run).

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Il menù principale.

Da segnalare anche la presenza di una modalità per due giocatori (ovviamente “alternata” e non “in contemporanea”), che permette di sfidarsi a suon di punteggi. È obbligatorio, a questo punto, un “errata corrige”: nella prima “puntata” di Ondama si parlava di flipper (multiplayer, ma non solo) circolari, e si sottolineava la scarsità di esperimenti in tal senso. Di certo non sono molti i tavoli “a cerchio” in circolazione (!), ma un precedente c’è, eccome: si tratta di Rotation VIII, prodotto dalla Midway nel ’78 e pensato anche per partite in multiplayer (sempre “a rotazione”).

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Rotation VIII, di Midway.

Insomma, Pinball è un titolo da riscoprire. Un capolavoro capace di ibridare in modo interessante e intelligente videogiochi e flipper (due universi, conviene ripeterlo, più vicini di quanto non sembri). Perché in fondo “ridurre all’osso” un gioco significa anche comprendere meglio l’essenza stessa del (video)giocare (con i pinball, ma anche in generale).

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