Pubblicato il 19/12/14 da Neko Polpo

Appunti di Viaggio: Ampu-Tea

Quando ho letto la recensione del buon Gabriele di questo gioco mi son detta “Sì, proviamolo, chissà che strana esperienza“, pensando che mi fosse utile per capire come si vive con una protesi o con un braccio in meno (avevo appena letto un libro sulla rieducazione dei disabili, capite le mie turbe mentali).
In realtà non è un gioco a sfondo “sociale”, e neanche la più fantasiosa interpretazione lo rende tale: bisogna semplicemente fare il tè con una mano sola che funziona male, evitando di rompere le cose e sopravvivendo alle risate. Oh sì, si ride, e non si dovrebbe, perché una minima distrazione ci farà perdere del tutto lo già scarso controllo che abbiamo sul nostro braccio meccanico e ci farà buttar giù dal tavolo tutti i nostri ingredienti e utensili. Per lo stesso motivo non si dovrebbe gioire dei piccoli successi, come il fatto di riuscire a prendere una tazza dallo scaffale e poggiarla sul tavolo intera e dalla parte giusta, perché poi ci sono le bustine di tè da sistemare, ci son da mettere l’acqua, il latte e lo zucchero, tutto nella giusta successione suggerita dalla ricetta.

PixelFlood.it - Ampu-tea (3)
I mille tasti necessari per muovere (male) la nostra mano robotica.

Non sono mai riuscita a concludere il procedimento con successo né a giocare a lungo, forse perché non ho mai preso sul serio la missione. Il fatto di avere un braccio meccanico che si rifiuta di assecondarci per partito preso abitua all’idea del fallimento e lo rende inevitabile. Si può provare e riprovare, ma è come rinchiudere il mare in un bicchiere: non ci sta, è un’impresa vana. Ampu-Tea è l’impresa vana della funzionalità motoria, e si possono anche elaborare le più astute strategie per fare questo benedetto tè inglese, ma non sarà fisicamente possibile. Si può anche, gradualmente, muovere il braccio sino allo scaffale delle tazze, modulare l’altezza e l’inclinazione del polso, provare a muovere pian piano le dita (c’è un tasto per ogni dito)… Niente, non va. Si tira un sospiro di sollievo per non aver fatto danno, e intanto il braccio vaga in giro imbizzarrito. “Press F5 to reset!”.
Tutto questo può essere divertente o ironicamente indisponente, ma non mi è mai risultato frustrante. Devo ammettere però che ho giocato solo quando stavo di buonumore e ho accuratamente evitato di avviarlo in giorni in cui ero preoccupata o giù di morale per il ritorno. Magari con quell’umore avrei giocato nello stesso modo, penso, ma mi sarei infastidita se avessi perso la tazza (son brava a prendere le tazze PRIMA che cada lo scaffalino, dopo tutti gli esercizi che ho fatto. Ma so fare solo quello.), e non avrei neanche tentato, così per sport, di prendere le bustine di tè o di spingere il pulsante del deposito del latte.

PixelFlood.it - Ampu-tea (4)
Fai attenzione! Devi fare il tè, non spargere pezzi di protesi in giro! (facile, vero?)

Trovo buffo, poi, l’archievement “RAGE QUIT” (sgombera il tavolo da ogni oggetto), che ho tentato inutilmente di raggiungere più volte, rompendomi la mano, o che solo il 14% di tutti i giocatori su Steam sia riuscito a fare un tè e “servirlo”. Si deve davvero essere un appassionato del genere per arrivare a tanto, e io ero solo curiosa. Oppure si deve avere una disciplina e una costanza formidabili, che io non ho voluto dedicare a questo gioco dispettoso.
Vi consiglio di provarlo, e ricordate: press F5 to reset!

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