Pubblicato il 11/04/16 da Neko Polpo

Deep Flare Explorer – Intervista a BTSeven (parte 1)

Pochi giorni fa BTSeven, uno studio di sviluppo con base a Siena, ha lanciato in contemporanea la campagna Kickstarter e Greenlight di Deep Flare Explorer, il loro ambizioso titolo di esplorazione spaziale. Per festeggiare l’avvenimento ci hanno concesso un sostanziosa intervista per conoscerli meglio. Vi lascio alla prima parte.

Com’è nato il progetto?

Matteo (Game Designer): Io, Michele e Simone ci conoscevamo già da tempo. Per ragioni universitarie ci siamo ritrovati a lavorare a dei piccoli giochi mobile (ad oggi irreperibili Ndr) e, vista la nostra comune passione, abbiamo pensato di allargare i nostri orizzonti provando a buttarci in un progetto a più largo respiro. Tutti gli altri membri del team si sono aggregati progressivamente, mano a mano che scoprivamo nuove lacune nelle nostre competenze. Sin da subito l’idea era quella di creare un gioco di esplorazione spaziale, lasciando da parte la proceduralità e le meccaniche roguelike per abbracciare un approccio di sviluppo più classico, che ci permettesse di plasmare al meglio le misteriose atmosfere dei nostri pianeti di gioco.

Come mai proprio questo genere? Siete appassionati di fantascienza?

Matteo: Tutto il gruppo ama il genere. Io in particolare sono un avido consumatore di fantascienza, di ogni tipo: da 2001 Odissea nello Spazio ad Interstellar, dai romanzi di Asimov al Ciclo di Hyperion.

Cosa ha pesato di più nella decisione iniziale: la consapevolezza di poter portare a termine – con le vostre competenze – un progetto di questo tipo oppure l’ambizione di creare un qualcosa che soddisfasse il vostro palato di videogiocatori?

Matteo: Decisamente la seconda.

Michele (Programmer): Non ci siamo resi immediatamente conto di poter fare una cosa di questo tipo. Prima di uscire allo scoperto, prima di aver capito di essere pronti, abbiamo dovuto sfornare una serie innumerevole di prototipi.

Simone Bonucci (Composer and Drawer): Il problema è sempre stato il come, non il cosa. L’idea alla base di Deep Flare Explorer era chiara sin da subito.

Che priorità ha assunto lo sviluppo del gioco nella vostra quotidianità? Come vi siete organizzati per il lavoro? È difficile gestire un gruppo formato da così tante persone?

Michele: Massima.

Matteo: Sì confermo, anche se prima abbiamo avuto un periodo in cui è stato necessario abbattere alcune barriere logistiche. Essendo un team così numeroso per noi è stato importante cercare uno spazio lavorativo comune, così da limitare al massimo i ritardi dovuti ad una comunicazione a distanza e avere subito il feedback immediato di tutti gli altri membri ogni volta in cui ci siamo ritrovati a dover prendere delle decisioni importanti.

Andrea Filippi (Graphic Designer): Lavorare in gruppo è sempre più difficile, però fortunatamente prima di partire abbiamo messo in chiaro quella che doveva essere la nostra linea di pensiero.

Simone: Considera che anche il modo in cui siamo assortiti aiuta parecchio, ognuno ha i suoi compiti e decisamente non va a pestare i piedi di qualcun altro. Per esempio il comparto grafico è gestito da me ed Andrea, però mentre lui è forte nella fase di digitalizzazione io mi trovo più a mio agio con matite ed acquarelli. Matteo è colui che si occupa di coordinarci e, in alcuni casi, di calmare i bollenti spiriti.

Matteo: Comunque, tornando alla questione priorità, fai conto che quando avevamo lo studio eravamo lì a lavorare tutti i giorni della settimana.

E come mai non avete più lo studio?

Tutti: Perché ci pioveva dentro!

Potete raccontarmi qualcosa della trama e del gameplay?

Matteo: La storia narra del viaggio spaziale di William Scott Anderson, un astronauta mandato in missione solitaria per conto di una misteriosa agenzia spaziale interessata sia a mettere alla prova le proprie tecnologie per ricavarne profitti commerciali sia ad investigare su un misterioso fenomeno spaziale chiamato, appunto, Deep Flare. Viaggiando tra i pianeti del sistema solare, il giocatore dovrà mettere alla prova la propria capacità di gestire le poche risorse a disposizione e, al contempo, affrontare ambienti dalle atmosfere decisamente ostili.

Andrea: Si tratta di un uomo solo nello spazio. L’ansia, le paure e la solitudine avranno un ruolo principale nel nostro gioco, andando ad influenzare direttamente quelle che sono le leggi di gameplay.

Il pilota quindi reagirà alle situazioni di gioco in cui ci ritroveremo?

Matteo: Sì, sarà possibile “vedere” il morale del pilota. Tutta l’esperienza è concentrata nello trasmettere la tensione che si proverebbe ad intraprendere un viaggio di quella portata in solitaria; ogni minimo errore può portare, oltre che al fallimento della missione, ad una morte quasi certa.

Michele: Parte del codice è dedicata proprio a simulare lo stato d’animo di William, facendolo reagire – verbalmente ed espressivamente – in maniera credibile ad ogni situazione che ci ritroveremo ad affrontare. Nello stato attuale di sviluppo questa feature è meramente estetica, ma stiamo pensando di implementarla al punto da renderla capace di influenzare direttamente la giocabilità, magari rendendo meno responsivi i comandi dell’astronave nei momenti di maggiore tensione.

Simone: Stiamo anche cercando di concepire una colonna sonora procedurale per aumentare ancora di più l’immersione, ma per adesso si tratta ancora di un’idea.

Rimanete sulle pagine di Pixel Flood per, l’imminente, seconda parte dell’intervista.

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