Pubblicato il 19/04/18 da Neko Polpo

Razerwire: Nanowars

Synthwave, luci psichedeliche e laseroni anni '80
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Curiosamente il genere degli indie è passato rapidamente da giochi fatti in poco tempo, magari nell’arco di qualche Jam o Competition, a titoli dall’estrema complessità visiva e meccanica, arrivando quasi a sfiorare la qualità di produzioni tripla-A, come dimostra ad esempio il recente Hellblade: Senua’s sacrifice (qui la nostra recensione).

Ciò che sfugge ai più, però, è che il termine indie in realtà è solo un altro modo, più moderno e più “giusto” se vogliamo, per descrivere un semplice prodotto: Homebrew. Il tanto amato genere spesso attribuito alla nascita in uno scantinato che ci ha regalato non poche perle in passato, diventando il vero punto cardine della scena underground del gaming degli anni ’80 e ’90, con un relativo boom di modeste proporzioni in Asia.

Come potremmo definire Razerwire:Nanowars, dunque? Secondo il mio parere, per rendergli veramente l’onore e la gloria che merita, direi senza dubbio un “homebrew”. Di quelli che ti portano indietro a quegli anni, quando scaricare shoot’em’up per Windows 3.1 o 95 partoriti dal talentuoso giapponese di turno era uno dei miei passatempi preferiti.

Creato dallo sviluppatore italiano Emiliano Hogan Pastorelli come un progetto “da trenta minuti al giorno, nelle pause pranzo, qualcosa di estremamente veloce, efficace e divertente” (come recita la pagina di Steam), il gioco si presenta senza grandi spessori o pretese, semplice nel suo gameplay e con una buona dose di rigiocabilità, al limite della dipendenza da high-score.

 Razerwire:Nanowars offre una discreta selezione di opzioni, dove probabilmente l’unica degna di nota è la scelta del “filtro”, o shader, che una volta applicato va a simulare tre tipologie di schermi: ’80, Arcade e vecchio CRT. Sono aggiunte che non cambiano niente in termini di gameplay, ma strappano un sorriso in più di qualche occasione quando si vede passare la linea di scansione dall’alto verso il basso, tra un mostro e un’esplosione.

Uno degli effetti selezionabili dal menu delle opzioni, che prevede il classico alone dei vecchi crt e la geometria tipica di quegli schermi. Efficace.

L’obiettivo del gioco, nella sua semplicità, è resistere. Potremmo definire l’intero prodotto come una grande modalità sopravvivenza, dove l’unica meta è il punteggio più alto: per fare questo, si manovra un POD collegato a un piccolo generatore – chiamato Wiredriver – tramite un raggio laser (forse il titolo è un gioco di parole che deriva proprio da laser, perché è il materiale con il quale è fatto il raggio e razor, rasoio).
Per distruggere i cattivi di turno bisognerà orientare il POD che tende il cavo dal Wiredriver alle spalle di quest’ultimi o in ogni altra direzione, purché a toccare i minacciosi mostri sia solo ed esclusivamente il fascio della morte a nostra disposizione.

Colpire i nemici con il POD chiaramente porta a un danno di diversa entità, fino a distruggere gli scudi del Wiredriver e innescare la procedura di pericolo, che potrebbe portare alla fine prematura di una partita.

Se questa schermata vi sembra confusionaria, aspettate di vedere quanto l’azione si scaldi nelle ondate superiori!

L’abilità del giocatore, quindi, sta nell’orientare il laser in modo da includere più nemici possibili nel suo raggio d’azione, che può essere determinato semplicemente allungando o accorciando la distanza tra il POD e il generatore usando il mouse; più nemici si distruggono insieme, più punti si fanno, più sale il moltiplicatore delle combo. Questa meccanica potrebbe riportare alla luce memorie di infinite partite a Quix o Gals Panic, dove si doveva “inglobare” i nemici, appunto, delimitando un’area specifica e racchiudendoli in essa.

Continuando ad accumulare punti si passa all’ondata successiva e così via, fin quando l’inevitabile morte a causa dello sciame di nano-bagarozzi avrà la meglio. È a quel punto che le cose si fanno interessanti: tramite un menu, a metà via tra un online-shopping e un distributore automatico dai sapori cyberpunk, si possono acquistare svariati potenziamenti, i quali renderanno la nostra vita infinitamente più semplice, aiutandoci ad avere la meglio in situazioni altrimenti ingestibili.

“Bzz…Bzzz… inserire upgrade point… effettuare una scelta… bzzz… ritirare il prodotto dallo sportello… bzzz… grazie e arrivederci! Bzz…”

Troviamo ad esempio le nova bombe, che puliscono l’area e che si ricaricano con una certa velocità, risultando così mai troppo potenti (in modo da non abusarne), potenziamenti alla rigenerazione del cavo e degli scudi, armi automatiche e via dicendo, tutti oggetti acquistabili tramite un sistema di punti che si maturano proseguendo tra le varie ondate. L’utilizzo di alcuni upgrade è direttamente connesso ai pulsanti sinistro e destro del mouse.

Come se non bastasse, a testimonianza dell’amore riposto in un titolo che vuole soltanto divertire, un sistema di checkpoint ci aiuterà a riprendere esattamente dall’ultima ondata affrontata, così da non perdere i progressi. In questo frangente si accede anche al succitato negozio dei potenziamenti.

Tra tutti questi lati positivi, c’è da spendere due parole sulla soundtrack: semplicemente sublime. Acquistabile anche come DLC, cosa che vi consiglio di fare (forse ancor prima di provare il gioco), è un viaggio che va dal genere synthwave all’elettronica-dance, con richiami palesemente ispirati alla scena amatoriale 8 bit, che include (a largo respiro) opere eseguite tramite chiptunes o sid. La colonna sonora non risulta mai scontata né fastidiosa, la varietà delle tracce, che si mischiano sapientemente con transizioni e cambi di fase in base alla scena, ha il potere di renderla meno banale e più cucita a quanto si vede su schermo.

Con tre slot per salvataggi, in modo da coinvolgere più di un giocatore (in famiglia o tra amici è veramente uno spasso, si creano divertenti e stimolanti sessioni di gioco), una grafica colorata, pixellosa e chiaramente ispirata a quelle gemme arcade immortali come Defender, Galaga, Asteroids, Quix o Galaxian, RazerWire:Nanowars diventa un gioco imperdibile, che proprio non può mancare nella vostra collezione.

Ma ciò che mi ha colpito di più è come un titolo, nato da una premessa semplice e dai ritagli di tempo, riesca ad essere così giusto e coinvolgente dimostrando, costantemente, l’amore per il genere e la voglia dell’autore nel creare qualcosa dal sapore retrò che sappia “soltanto” far divertire.

E considerando il trend di questi ultimi anni, nel panorama indie o meno, non sono molti i titoli che possono fregiarsi di tali qualità. Il titolo potete acquistarlo su Steam al prezzo di un caffè con il quale, neanche a farlo di proposito, condivide una sorta di induzione alla dipendenza, come detto in apertura di recensione. Consigliatissimo!

Tanto amore e tanto sterminio

Il comparto audio è sublime

Potrebbe risultare ripetitivo

NekoPolpo - Biografia

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