Mi piace immaginare di essere una persona che non impazzisce per i videogiochi difficili, che preferisce che gli sviluppatori si concentrino più sulla narrazione o sulle sensazioni trasmesse che sul senso di sfida. Poi, ogni tanto, una parte di me solitamente negletta emerge, e mi ritrovo ad incaponirmi nel Trial of the Fool necessario a completare al 100% Hollow Knight, nei complicati duelli di Furi, nelle folli sparatorie di Enter the Gungeon. D’accordo, non sono tra le sfide più ambiziose del mondo videoludico contemporaneo, ma, per uno con una filosofia come la mia, sono certamente qualcosa che esula dalla routine.
Evidentemente era sotto il controllo di quella parte del cervello che, qualche tempo fa, mi annotavo il titolo Fall of Light. Dico questo perché il primo lavoro sviluppato da RuneHeads, neonato studio formato solo dai navigati Matteo Sciutteri (game designer ) e Cristian Marastoni (programmatore), è un gioco che, come gli stessi creatori affermano, prende ispirazione dal famosissimo titolo di Hidetaka Miyazaki, Dark Souls: un gioco, come sapete, noto anche e soprattutto per il suo livello di difficoltà e per un design che lascia quasi tutto in mano al giocatore. E, fin dai primi momenti, si capisce subito come il gioco di RuneHeads possa, senza troppi dubbi, essere inserito nella schiera dei cosiddetti “souls-like”, giochi che fanno propria la visione hardcore alla base del titolo giapponese.

Fall of Light, infatti, decide deliberatamente di comunicarci – con spiegazioni piuttosto laconiche – il minimo indispensabile per comprendere le meccaniche di base del gioco, senza raccontarci quasi nulla del misterioso universo in cui il titolo è ambientato e delle creature che lo abitano. Sarà compito nostro comprendere il mondo che circonda i due protagonisti della vicenda e ricostruire l’immaginario su cui si sviluppano gli eventi narrati. E niente e nessuno ci verrà incontro in questa impresa. Non ci sarà una mappa da consultare, né un diario a rendere palese quello che accade o a indirizzarci verso particolari quest o verso qualche specifico obiettivo: dovremo esplorare attentamente ogni anfratto, seguendo indicazioni inserite in dialoghi che spesso non potremo rileggere, trovandoci ad avanzare verso una meta spesso ignota in un mondo ostile e immerso nelle tenebre.
Proprio così! Il denominatore comune di ogni ambientazione di Fall of Light è l’assenza di fonti luminose naturali. In una costante notte senza luna, in una terra in cui la luce è stata portata via, il guerriero Nyx si aggira con la figlia Aether, affrontando innumerevoli pericoli e terribili nemici, nel tentativo di portare la fanciulla nell’ultimo posto ancora toccato dalla luce del sole. Aether, infatti, è una ragazza speciale, la ragazza Indaco, che emana luce squarciando la perenne oscurità, e, anche se all’inizio della vicenda non sappiamo perché, lei è l’unica speranza contro la fitta tenebra che avvolge il mondo.

Come accadeva nel suo illustre predecessore, in Fall of Light l’esplorazione costituisce sì una fonte di conoscenza e spesso di benefici concreti (soprattutto armi migliori con cui farci strada tra i nemici), ma è anche un costate rischio, dal momento che ogni angolo della mappa ospita trappole mortali o avversari letali pronti a farci fuori senza lasciarci il tempo per realizzare quello che sta accadendo. Ma è proprio in questo che sta la filosofia souls-like del gioco: morire tante, tante volte è il primo gradino verso il successo, dal momento che ogni tentativo ci fornirà un briciolo in più di conoscenza dei pericoli che affollano le buie terre e, soprattutto, del modo più adatto ad affrontarli.
Infatti, i combattimenti del titolo di RuneHeads sono tutti piuttosto impegnativi. Oltre a essere in generale sconveniente concentrarci su più di un nemico alla volta, sarà importantissimo osservare i pattern di attacco di tutte le temibili creature che incontreremo, in modo da organizzare una strategia peculiare per ogni singolo avversario. Questo implica che dovremo scegliere con cura quali armi portare con noi, visto che a ognuna di esse si accompagna un diverso stile di combattimento. Ad esempio, le alabarde e le asce avranno un raggio d’azione molto più ampio delle armi a una mano, ma occorrerà un tempo prolungato per portare a termine un attacco efficace (soprattutto se decideremo di sfruttare l’attacco più poderoso); d’altro canto, invece, armi a una mano come le spade ci permetteranno, oltre che di attaccare più rapidamente, di utilizzare uno scudo per difenderci, o di equipaggiare una seconda arma, quale un pugnale. Potremo anche cercare di sentirci più al sicuro utilizzando armi a distanza, come le balestre, ma dovremo accontentarci di recare un danno più contenuto e, soprattutto, saremo obbligati a ricaricare l’arma dopo aver scagliato pochi dardi, fermi sul posto ed esposti a tutte le mazzate che i nostri nemici riusciranno a tirarci. Del vasto arsenale in cui ci imbatteremo, inoltre, potremo portare con noi solo due armi (nel caso di armi a una mano, l’accoppiata di due armi o dell’arma e lo scudo): non comprendere il miglior utilizzo delle diverse armi o scegliere una combinazione sbagliata delle stesse per avventurarci in determinate aree può avere pessime conseguenze per il nostro povero Nyx e la sua sventurata figliola!

In ogni caso, come vi dicevo, il giocatore medio (tipo il sottoscritto) in Fall of Light morirà di continuo. Ogni volta che il nostro viaggio sarà interrotto a causa di un’inattesa randellata, dovremo ripartire dall’ultimo Santuario del Potere raggiunto: si tratta di punti di controllo che, una volta attivati, ci cureranno e, se abbiamo eliminato abbastanza nemici senza morire, aumenteranno i nostri punti vita. Peccato (o per fortuna?) che, morendo o attivando un Santuario del Potere, praticamente tutti i nemici uccisi con fatica durante il tentativo precedente respawneranno sulla mappa, in salute tanto quanto noi!
Per attivare i Santuari, inoltre, avremo necessariamente bisogno di Aether, dal momento che solo lei, e non Nyx, può consacrare l’area del Santuario, permettendoci di trasformarlo in un checkpoint. Poco male, tanto Aether è sempre con noi, no? Sì, Aether ci seguirà, a meno che non le venga ordinato di fermarsi ad attendere… Cosa raccomandabile solo in presenza di un falò, dal momento che lasciare la piccola da sola equivale a condannarla a morte, nel caso in cui un nemico armato la colpisca, o a essere rapita da misteriose e inquietanti creature d’ombra e rinchiusa in una gabbia situata in una specifica parte di ogni singola area. Nel caso in cui Aether muoia (e questo accadrà anche ogni volta che moriremo noi), Nyx dovrà raggiungere il posto in cui si trovava e resuscitarla dalle sue ceneri; se invece sarà imprigionata, dovremo trovare la gabbia in cui la ragazza è rinchiusa, e aprirla con un’apposita leva.

In questo sistema di regole, probabilmente non originale ma sicuramente ben costruito, dovremo ripetutamente decidere se attivare un Santuario del Potere, ottenendo cura e un punto di controllo, o se proseguire il nostro viaggio, lasciando le aree già attraversate libere dai nemici. Sopravvivere non sarà mai un lavoro facile, e dovremo cercare di avere sempre un briciolo di oculatezza nello scegliere come agire in ogni situazione: Fall of Light non premia gli impulsivi, prediligendo piuttosto il giocatore che apprende le regole del gioco e a esse si adegua, ponderando le proprie decisioni.
Saggiamente, al fine di evitare un’eccessiva frustrazione in un gameplay già al limite del punitivo, gli sviluppatori hanno deciso di inserire due aspetti che sicuramente ci vengono incontro in alcuni dei punti più critici del gioco. Innanzitutto, non dovremo sforzarci di ricordare dove è deceduta o dove è stata trasportata la povera Aether, dal momento che, con la semplice pressione di un tasto, un po’ come accadeva in Dead Space, una linea luminosa ci indirizzerà verso la sua ubicazione. Inoltre, e questa è stata davvero una decisione vincente, mentre i nostri nemici ricompariranno a ogni nostra sconfitta, le modifiche che abbiamo apportato al mondo (porte aperte, scorciatoie sbloccate, etc.) rimarranno a prescindere dalla riuscita o mancata attivazione di un Santuario del Potere (e, di conseguenza, a prescindere dallo stato di Aether): questo invita il giocatore a esplorare, accettando la morte con una miglior disposizione d’animo, dal momento che ogni piccolo risultato ottenuto sarà permanente.
Aether, comunque, non va considerata solo un peso, né Fall of Light si gioca come una lunga escort mission, dato che la piccola ci sarà utile per superare alcuni ostacoli e risolvere alcuni enigmi ambientali, ma anche perché, nel corso dell’avventura, potrà apprendere alcuni poteri che Nyx potrà sfruttare nei combattimenti. Consapevoli di questo, la perdonerete ogni volta che, dopo averla presa per mano e averla trascinata nella corsa per tragitti per lei troppo lunghi, stramazzerà al suolo boccheggiante, rendendosi facile preda di tutte le fiere dei boschi o delle paludi.
Inoltre, nel corso del nostro pellegrinaggio, avremo occasione di scoprire di più sul rapporto tra Aether e Nyx, approfondendo la conoscenza del loro legame (ovviamente, sempre nello stile criptico e laconico che contraddistingue il titolo).

Sotto il profilo tecnico, pur non essendo superlativo, Fall of Light è un gioco che non sembra affatto sviluppato da un paio di persone. Sul lato grafico le ambientazioni, dal gusto low-poly, puntano prevalentemente su effetti di luce e di particelle molto piacevoli, andando a rimarcare con molto garbo l’ambivalenza “luce-buio”, che diventa così centrale anche nello stile artistico. Il design del mondo è piuttosto curioso e ispirato, dal momento che, pur trovandoci a vagare per terre molto diverse tra loro, come la città-fortezza di Yersinia (pestis? Nomen omen!), fitti boschi, villaggi sul mare, cime elevate e anche paludi mefitiche, l’oscurità perenne sarà la nostra impietosa compagna, e ci concederà solo di intravedere e immaginare la bellezza di quei luoghi, ora divenuti così lugubri. I personaggi, invece, utilizzano uno stile più cartoonesco, ma senza eccedere, e presentano una buona varietà di animazioni. In ogni caso, lo stile complessivo è in linea con il gameplay di un gioco che non è né propriamente old-school, né veramente legato a un gusto contemporaneo, ma che piuttosto definirei come “fuori dal tempo”, in grado di rimandare a diversi stili e a diversi periodi della storia videoludica.
L’audio, invece, non ha nulla di particolare da offrire, dal momento che gli effetti sonori, complice probabilmente anche il genere dark fantasy e i suoi cliché, non sono ispirati né creativi. Ho invece apprezzato l’utilizzo molto sparuto, ma a effetto, dei temi musicali, che riuscivano a squarciare quel costante, inquietante mormorio ambientale, suscitando in me diverse emozioni: ogni volta che attivavo un Santuario il motivo musicale mi riempiva di gioia e speranza, ogni volta che le musiche preannunciavano un’imboscata volta a portar via la mia Aether il terrore mi colmava il cuore.
Un paio di note dolenti, infine, riguardano una hitbox a volte piuttosto misteriosa (che sostanzialmente renderà ogni colpo sferrato da Nyx o dai suoi nemici una vera incognita) e un bug per il quale, dopo aver salvato Aether da un agguato delle inquietanti ombre, la poveretta è rimasta inchiodata al suolo, senza possibilità di farla uscire da quell’area della mappa. In ogni caso, si tratta di grossolanità che una bella patch potrà tranquillamente risolvere.

Fall of Light è quindi un titolo che costituisce una sfida continua, lento ed esigente, che richiede ponderatezza e una certa dose di pazienza. In ogni caso, non è solo una mera copia italiana di Dark Souls, quanto piuttosto un progetto che, pur prendendo ispirazione dal succitato titolo, riesce comunque a rimescolare le carte, creando un open world di dimensioni contenute ma che invoglia all’esplorazione, una dinamica di coppia piuttosto peculiare (che, come è già stato ripetutamente osservato altrove, ricorda alla lontana il poetico ICO), una storia con un presupposto forse non innovativo, ma con una narrazione spezzettata e mescolata all’universo di gioco capace di invogliare a scoprire sempre un po’ di più, sconfitta dopo sconfitta.
Non si tratta certamente di un gioco per tutti. L’esordio di RuneHeads, a causa soprattutto di un backtracking spesso inevitabile e a tratti massacrante, ha un approccio piuttosto duro, che farà perdere le staffe a molti giocatori in cerca di un’esperienza più rilassante. È a chi cerca una sfida e non teme la difficoltà, a chi ritiene che il videogioco sia un prodotto da fruire in modo “attivo” che questo titolo strizza l’occhio: questo tipo di giocatore, superata qualche incertezza tecnica e alcune acerbità, in Fall of Light troverà sicuramente pane per i suoi denti.
sfida
level design
combattimenti
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