Pubblicato il 13/02/16 da Neko Polpo

That’s Amore

Appena uscito Dragon’s Dogma su PC ci sono ricascato a bomba. Non sono riuscito a resistere, era più forte di me, ci ho pure scritto non uno, ma due articoli. A posteriori mi sono fermato un attimo a chiedermi perché: non è un gioco perfetto, non è un nuovo traguardo tecnologico, non è neanche un gioco nuovo, è un solo port da console che, per giunta, avevo già giocato. Ma nonostante ciò mi ha totalmente stregato di nuovo.

Per quanto possa apprezzare i suoi pregi, c’è di più della somma delle sue parti, c’è una scintilla nascosta, 21 grammi di dati indefinibili che lo rendono davvero speciale.
Ancora più intrigante quando succede con giochi imperfetti: The Witcher è il primo esempio che mi salta in mente, criticato allo sfinimento per “pessimo sistema di combattimento”, “menu confusionari”, “troppe quest inutili”, ma sapete cosa? Sono pronto a difenderlo, a spada tratta, come uno dei migliori RPG per PC di sempre, a mani basse, nonostante tutti i suoi problemi. La sceneggiatura è sopraffina, i personaggi sono memorabili, l’atmosfera assorbe più di uno Scottex. Sommati tutti i fattori, il risultato finale dell’equazione è misteriosamente positivo. È come se ci fosse qualcosa di imprevisto, un… fattore X che altera la nostra percezione.

Voi direte, ma guarda questo, come si fa a difendere 'sta roba?
Voi direte, ma guarda questo, come si fa a difendere ‘sta roba?

Non è forse la stessa cosa che succede quando ci prendiamo una di quelle cotte pazzesche, del tipo che arriva a schiaffo nei denti? Per carità, magari è una persona carina e gentile, che ti sostiene e ti apprezza, ma che fastidio quando parla troppo o si butta in una delle sue tirate su quanto disprezzi quella merendina che da piccolino ti piaceva un sacco. Ti rompe le palle e a volte ti fa sgarbare duro. Però tra voi funziona comunque.
Il nostro cervello non funziona in modo lineare: nell’equazione dei pregi e difetti ficca sempre questa benedetta X di troppo che sballa tutto, rende la tua passione irrazionale, inspiegabile e cominci a dire fregnacce per giustificarla in qualunque modo, perché spiegarla a parole proprio non si può. Si dice che non ci si innamora dei pregi, ma dei difetti, ed è molto vero: i difetti sono ciò che ci rende umani e comprensibili, sono cazzate che possiamo fare tutti ed in una relazione si impara ad apprezzarli. Ci rendono inconfondibili, ci danno uno charme prettamente umano e generano, in parte, il misterioso fattore X.

"We come together, 'cause opposites attract!"
We come together, ‘cause opposites attract!

I videogiochi non sono da meno. Ricordate che, quando non colano dagli orifizi di una mega-corporazione senz’anima, i videogiochi sono costruiti da esseri umani, che, come tali, possono sbagliare. Sono errori che, a posteriori, possono sembrare molto ingenui o hanno senso solo nel contesto del gioco, ma finiscono per donargli quello strato di fascino che lo distingue da un prodotto tecnicamente ben fatto e per niente rimarchevole.
Mi viene in mente, ad esempio, Metal Gear Solid 3, con il suo sistema di controllo strampalato, figlio non solo di un era diversa, ma anche di un modo differente di concepire i videogiochi, alieno alla mentalità di design occidentale. Se ci pensate bene è un errore perfettamente umano, un game designer giapponese, immerso nella sua cultura, pensa soprattutto nei canoni che conosce bene. È un errore culturale, lost in translation, che rende il gioco anomalo ed affascinante.
Tornando a bomba su Dragon’s Dogma, uno dei meccanismi apparentemente odiati dai più è proprio uno dei motivi per cui l’ho trovato particolarmente affascinante. Lo so, sapete di cosa sto parlando: le maledette quest che falliscono e diventano irrecuperabili fino alla fine del playthrough. Mi sono incazzato anch’io la prima volta che è successo, “come si permettono?”, mi sono detto. A posteriori, però, è diventato un difetto che adoro. Viviamo nell’era del checkpoint e dell’achievement, in cui un gioco, specie un RPG, non deve osare farci pagare i nostri errori. Rendere una porzione di mondo o trama inaccessibile è un sacrilegio, dio ci scampi dal rischio di perdere per sempre un trofeo.
Lo adoro perché è una risposta alla piattezza di uno Skyrim o Fallout 3, dal mondo congelato, in eterna attesa del nostro passaggio, in cui sbagliare è impossibile. Il difetto è, ancora una volta, figlio di una concezione differente dei videogiochi.

Vedete? Ci sono ricascato. Eccomi qui a sproloquiare scuse per giustificare i difetti di qualcosa per cui provo affetto. Vi sembrano assurde? Irrazionali? Isteriche, perfino? Ecco, il punto è proprio quello.

Alla fine, difetti o meno, gli perdonate tutto. Quando giocate a Dark Souls e vi riempie di mazzate, quando tirate una parolaccia ai controlli di Silent Hill 2, quando in Dragon’s Dogma vi scade una quest all’improvviso, quando Snake ha deciso che gli va di strisciare invece di alzarsi e in The Witcher vi chiedono di portargli cinque fiorellini, quando vi parte lo sgarbo, dopo un minutino il fattore X entra in circolo, vi passa tutto e pensate “Cristo santo, ma che bel gioco che è”.

That’s Amore.

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