Oggi vi propongo un’intervista ad **Antonio Amato**, un game designer di **giochi di ruolo analogici indipendenti** in erba, che tuttavia è riuscito a distinguersi con una menzione d’onore durante il **Game Chef Pummarola Ediscion 2015**.
Conobbi **Antonio** attorno al 2013, quando muoveva i suoi primi passi nella community di Google+ dei giocatori italiani di **giochi di ruolo indie**. Da allora, nonostante il relativamente poco tempo trascorso, ne è passata di acqua sotto i ponti, e **Antonio** è riuscito a suscitare l’attenzione di tutta quella community per le sue idee avvincenti e dal potenziale immaginifico straordinario.
**Antonio** ha creato la sua etichetta di game design, **Mammut RPG**, e uno degli ultimi progetti ai quali sta lavorando è proprio questo **Fear**, un **mondo di avventure per Fate** nel quale i personaggi dei giocatori vestiranno i panni di soldati americani che, durante la **guerra del Vietnam**, saranno presi tra due fuochi: gli orrori della guerra vera e propria e gli orrori soprannaturali, che entreranno a far parte delle loro vite, sconvolgendole per sempre. **Attualmente, Fear si trova in fase di playtest**.
Di **Fate** va detto che è un sistema generico, sviluppato da **Evil Hat**, casa editrice americana di **giochi di ruolo dal design moderno**, e finanziato nel 2013 tramite una campagna su **Kickstarter**. **Fate** è stato portato in Italia l’anno dopo da **Dreamlord Press** – dietro alla quale si nasconde **Nicola Urbinati**, volto fresco ed energetico del **panorama italiano dei giochi di ruolo** – anche qui tramite una campagna di crowdfunding, su **Ulule**.
Come ultima precisazione, quando si parla di “**mondo di avventure per Fate**” si intende semplicemente un gioco di ruolo basato sul sistema **Fate**: si tratta di coniugare un set di regole speciali – composto sia dalle regole generali presentate in **Fate** sia da nuove regole studiate ad hoc – a una particolare ambientazione, per far sì che l’esperienza ludica risultante veicoli il più possibile i temi e l’immaginario che costituiscono il cuore del gioco.
Ma bando alle ciance: veniamo all’intervista!
[NdR: tutte le immagini che compaiono in questo articolo, a parte quella soprastante, sono state fornite da **Antonio Amato**, che ringrazio.]
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**Ciao, Antonio! Questa è la prima volta che abbiamo l’onore di ospitarti su Pixel Flood. La prima domanda che ti voglio fare è: se dovessi descrivere Fear a un giocatore di ruolo casuale, cosa gli diresti?**
Ciao. Spero non sia anche l’ultima, allora!
Nelle ultime settimane, mi sono ritrovato più volte nella condizione di dover spiegare cosa fosse **Fear**, ma soprattutto cosa non fosse.
Al giocatore di ruolo, direi che, in **Fear**, guerra e horror non sono altro che strumenti nelle sue mani per sviluppare e portare in gioco il tema principale di questo mondo di **Fate**: l’orrore insito nel superamento dei propri limiti.
Gli direi di non usare **Fear** per giocare la classica storia di guerra, o il tipico survival horror, poiché quelli sono solamente mezzi per mettere alle strette i personaggi.
**E come mai, secondo te, c’è questo bisogno di spiegare cosa non sia Fear?**
Per evitare che ci si accosti al gioco nel modo sbagliato, magari pensando si tratti di un gioco di guerra e/o horror.
Credo sia corretto mettere subito in chiaro cosa puoi fare con un gioco, cosa potresti riuscire a fare (magari con un po’ di sforzo) e cosa assolutamente non puoi fare.
**Di sicuro, ci sono due parole che mi vengono in mente quando penso a Fear: “Vietnam” e “horror”. Come ti è venuto in mente di scrivere un gioco horror ambientato durante la guerra in Vietnam?**
Innanzitutto, meglio specificare subito che sono un grande appassionato di storia, soprattutto di storie di guerra.
Intendiamoci, non sono il primo ad aver accostato quelle due parole, “Vietnam” e “horror”.
Un po’ di tempo fa, stavo leggendo un libro sulla storia della guerra in Vietnam e, poco prima di finirlo, mi imbattei in un fumetto **Bonelli**, **La pattuglia** di **Fabrizio Accattino** e **Giampiero Casertano**, pubblicato nella collana **Le Storie**. Narra le vicende di un gruppo di soldati americani che si reca in missione nella giungla, alla ricerca di una pattuglia dispersa, ma troverà solo l’orrore più puro.
C’era una tale quantità di eventi horror in quella storia da spingermi a leggerla in chiave ludica. E così ho fatto.
La guerra in Vietnam è stato forse il conflitto più “horror” (se mi passate il termine) agli occhi dell’opinione pubblica: il nemico invisibile, le trappole e i cunicoli, la sensazione che ogni passo in avanti corrispondesse a una discesa ulteriore nell’inferno della guerra.
**Questa è cattiva. Stai scrivendo un gioco che attinge a due immaginari molto potenti e, al contempo, molto abusati, e tuttavia non vuoi che degeneri nel trash. Quanto ti vuoi male da 1 a 10?**
Parecchio, direi.
Ovviamente, non sono in grado di prevedere “come” verrà usato **Fear** da chi lo giocherà. Tuttavia, sto cercando di scrivere alcune note di ambientazione, in maniera tale che si riesca a cogliere il tipo di gioco che vorrei veicolare. E, più in generale, sto evitando il gergo “militaresco” che più volte vediamo associato ai film e ai libri ambientati in Vietnam.
Inoltre, sto cercando di mettere in guardia sul tipo di horror che meglio si adatta alle atmosfere di **Fear**. Per dire, io non inserirei mai le orde di zombie in una partita di **Fear**, ma qui mettiamo piede nel periglioso campo del gusto.
**Come hai scoperto e ti sei avvicinato a Fate? Quali sono gli aspetti che ti piacciono maggiormente di questo sistema di gioco?**
Se non ricordo male, **Fate** è stata una scoperta quasi casuale. Sgambettavo su Internet alla ricerca di giochi di ruolo gratuiti e mi imbattei nell’SRD [NdR: il *system reference document*: in poche parole, il solo testo delle regole] di **Fate**. Era in italiano, aveva un indice piuttosto chiaro e ricordo di aver pensato “Questo me lo leggo fino in fondo”. E così è stato.
Di **Fate** apprezzo la facilità con cui puoi “piegarlo”, per creare qualcosa che soddisfi le tue esigenze ma, soprattutto – come dico sempre – le molteplici vie che ti offre per fare la stessa cosa. Non è da tutti: non tutti i sistemi “generici” riescono a darti un ampio ventaglio di possibilità (dal _crunch_ [NdR: la parte squisitamente meccanica di un gioco, quella delle regole e delle regolette] alla narrazione, per esempio).
**Parliamo un po’ di meccaniche. Di solito, quando si parla di Fate, ci sono due luoghi comuni in agguato: il primo è che sia un sistema generico e il secondo è che sia un sistema inadatto al genere horror. Sei d’accordo con questi luoghi comuni? E come mai hai deciso di utilizzare Fate per il tuo Fear?**
Inizio rispondendo alla tua ultima domanda, perché la risposta, di fatto, abbraccia anche la questione dei luoghi comuni su **Fate**.
Ho deciso di utilizzare Fate per due motivi ben precisi: la dimestichezza nel fare design su **Fate**, acquisita in quest’ultimo anno, e la sfida nel creare un gioco con elementi horror basato su **Fate**. E tutto ciò proprio per sfatare quei due luoghi comuni.
Da quando ho iniziato a leggere **Fate**, l’ho catalogato come il sistema generico meno generico tra tutti i sistemi generici perché, per sua natura, ti spinge a personalizzarlo, a creare il “tuo” **Fate**. Ed era quasi scontato che, prima o poi, qualcuno decidesse di usare **Fate** per una storia con elementi horror, in cui i personaggi arrancano e procedono a tentoni, immersi in una giungla di minacce reali e visioni frutto di immaginazione.
**Quali sono gli elementi presenti in Fate che più ti stanno aiutando a raggiungere l’obiettivo di Fear?**
Probabilmente è banale dirlo, ma sono abbastanza sicuro del fatto che si tratti degli **aspetti** [NdR: gli aspetti sono la regola-mattone basilare di **Fate**]. In **Fear**, gli aspetti che emergono durante la creazione dei personaggi sono più tematici rispetto a **Fate**, ed è proprio per questo che mi stanno aiutando a sostenere il tipo di gioco che ho in mente.
Ho mantenuto (pur “colorandoli”) il **concetto base** [NdR: ossia l’aspetto che descrive il personaggio a grandi linee] e il **problema** [NdR: ossia l’aspetto che descrive la maggior fonte di guai del personaggio] ma, per gli altri 3 aspetti, mi sono concentrato su ciò che volevo emergesse dai personaggi: l’istinto dell’animale uomo o del soldato, la relazione con un altro commilitone e, infine, il talismano, ossia un modo personalissimo di affrontare la paura.
**Quali sono gli elementi presenti in Fate che più ti stanno dando difficoltà, o che hanno richiesto delle modifiche, per raggiungere l’obiettivo di Fear?**
L’elemento più difficile da maneggiare è stato sicuramente il sistema degli **approcci** [NdR: ossia i valori numerici che definiscono il personaggio], che in **Fear** si chiamano **attitudini**.
Volevo che le attitudini fossero in grado di coprire le sensazioni provate dai soldati al fronte, ma non è stato facile trovare le attitudini giuste. Allo stesso tempo, non volevo un numero troppo elevato di “approcci”, poiché ritengo che 5 approcci siano sufficienti, nella maggior parte dei casi.
La conferma di essere sulla strada giusta me l’ha data la campagna di _playtest_ che sto gestendo in queste settimane. Non ci siamo mai trovati in difficoltà nella scelta dell’attitudine da utilizzare, a seconda della situazione, e questo mi ha rincuorato: significa che probabilmente ho fatto un buon lavoro.
**Ti va di spiegarci brevemente una o due meccaniche specifiche di Fear, che secondo te ne catturano particolarmente lo spirito? Di cosa si tratta? Come ti sono venute in mente? A quale obiettivo di design mirano?**
Sicuramente i punti paura e la creazione dello scenario [NdR: lo scenario è l’avventura di **Fate**]. Si tratta, in entrambi i casi, di strumenti nelle mani del GM [NdR: il **game master**, l’arbitro di gioco], per permettergli di spingere sul pedale del binomio guerra/horror. Cercherò di essere breve.
I punti paura sono una moneta di gioco, della quale il GM entra in possesso, in caso un personaggio ottenga un successo con un costo. Tale moneta viene spesa dal GM per invocare gratuitamente [NdR: le **invocazioni gratuite** sono una delle regole basilari di **Fate** e consentono l’uso di un aspetto senza la consueta spesa di **punti fato**] qualsiasi aspetto, a patto che lo si faccia in chiave horror. Proprio perché si tratta di invocazioni gratuite, il GM può spendere più di un punto paura per invocare lo stesso aspetto [NdR: questa è un’altra regola di **Fate**].
L’idea dei punti paura non è mia, ma di **Richard Bellingham** (**The Fate Codex**, vol. 2, n. 6, pp. 10-11). Ho solo fatto qualche modifica, per fare in modo che questa meccanica si adattasse al mio gioco poiché, in **Fear**, l’horror si può trovare ovunque.
La **creazione dello scenario**, in **Fear**, differisce profondamente da quella regolamentata da **Fate Sistema Base**, poiché si basa sulla regola di bronzo di **Fate** (il cosiddetto “frattale di **Fate**”) [NdR: è una regola spiegata nel manuale]: consiste nel considerare qualsiasi cosa nel mondo di gioco come se fosse un personaggio.
In più, lo scenario, in **Fear**, segue pedissequamente la struttura delle missioni militari: una serie di ostacoli potrebbero frapporsi tra i soldati e l’obiettivo finale della missione. L’idea alla base di questa modifica era proprio quella di fornire una struttura lineare per il GM, permettendogli quasi di identificarsi con il comandante che assegna una missione difficile ai propri uomini, valutandone i rischi e le possibilità di successo.
Probabilmente, alcune mie scelte di design si riallacciano strettamente al mio modo di vedere il gioco di ruolo e il ruolo del GM: fare il GM non dev’essere faticoso, ma solo estremamente divertente. L’obiettivo è quello di spingere il lettore a esclamare “Cavolo, ma io voglio fare il GM in questo gioco!”.
**Mi sembra un obiettivo di design molto sensato.**
**Ecco, per esempio, io di guerra in Vietnam non so quasi nulla. Quanto è necessario che i giocatori (compreso il GM) conoscano bene la storia della guerra in Vietnam, e il mondo militare ad esso connessa, per giocare a Fear e apprezzarlo?**
Non serve conoscere la storia della guerra in Vietnam per giocare a **Fear**. Certo, conoscere le situazioni in cui potevano trovarsi i soldati potrebbe essere d’aiuto.
In ogni caso, sappi che, per giocare a **Fear** con cognizione di causa, ti basterà leggere le note di ambientazione sul manuale (si tratta di poche pagine che spiegano per sommi capi la situazione militare e le possibili missioni che ci si trovava ad affrontare) e guardare qualche film sull’argomento (**Apocalypse Now** e **Platoon** tanto per citarne alcuni).
Se decidi di fare da GM e ti appassionano le storie di guerra, puoi anche spendere qualche giorno e leggere **Matterhorn** di **Karl Marlantes**: ti assicurerà una vagonata di idee.
**Uh, già che ci siamo, a parte quelle che hai già citato, quali sono le altre fonti d’ispirazione che hai usato per Fear? Sentiti pure libero di spaziare tra i media.**
Inizio dal libro che mi ha fatto interessare maggiormente alla guerra in Vietnam. Si tratta di un volume di **Stanley Karnow** edito dalla BUR, il cui titolo è **Storia della guerra del Vietnam** (lo trovate a poco meno di 9 euro su Amazon).
La lista dei film è infinita, ma non posso non citare **R-Point** di **Kong Su-chang** e **Hamburger Hill: collina 937** di **John Irvin**. Il primo è un vero e proprio horror movie ambientato durante la guerra del Vietnam, il secondo rappresenta in maniera piuttosto chiara l’inutilità di quella guerra o, meglio, l’insensatezza di ogni guerra.
Poi ci sono le canzoni (**In the Year 2525** e **All Along the Watchtower**) e i fumetti (oltre a **La pattuglia**, che ho già citato, degno di nota è **The Cape: 1969** di **Joe Hill**, **Jason Ciaramella** e **Nelson Daniel**).
Infine, i giochi (ne cito solo alcuni): **3:16 – Massacro tra le stelle** di **Gregor Hutton**, **Non cedere al sonno** di **Fred Hicks** e **Night Witches** di **Jason Morningstar**.
**Wow! Il mio (ristretto) campo di competenza sono i giochi di ruolo e tu hai citato tre giochi che conosco bene e che amo.**
**In questo periodo, so che stai playtestando Fear [NdR: sono uno dei playtester] e so anche che un sacco di persone ti hanno già richiesto di partecipare ai playtest futuri. Quanti ne hai già in programma? Se qualcuno volesse playtestare Fear, come dovrebbe fare? Infine, vuoi dirci qualcosa di come sta andando questo primo playtest, dal tuo punto di vista di autore?**
Vado in controtendenza e ti dico che mi aspettavo tutto questo interesse. Un po’ perché la guerra in Vietnam ha da sempre suscitato attenzione, anche per il tipo di storie che possono emergere da quel conflitto, un po’ perché, ultimamente, c’è una certa sensibilità nei confronti dell’horror.
Ho già circa una dozzina di playtester in lista d’attesa. Per essere inseriti, è sufficiente scrivermi qui.
La mia intenzione, prima di tutto, è quella di ultimare questo primo playtest che, come già sai, serve a me, per capire se la direzione intrapresa è anche solo vagamente quella giusta. Pertanto, ultimato questo playtest, mi dedicherò alla stesura del _playtest kit_ e, subito dopo, inizierò alcune mini-campagne (di 1 o 2 missioni) o _one-shot_ con gli altri playtester.
Per quanto riguarda invece il primo playtest, posso dire di essere abbastanza soddisfatto. Ho la fortuna di giocare con tre persone che conoscono molto bene **Fate** (a vario titolo), e devo dire che tutti i consigli e le riflessioni che sto ricevendo da loro si stanno dimostrando fondamentali per rafforzare le fondamenta del gioco. I primi playtester sapevano fin dall’inizio che avremmo giocato una versione embrionale di **Fear**, pertanto si sono adattati a un ritmo più lento e alle ovvie interruzioni del gioco, necessarie per sistemare alcune questioni ancora in sospeso.
**In effetti, posso confermare ai nostri lettori che l’esperienza da playtester di Fear è particolarmente piacevole, nonostante il gioco non sia ancora ultimato.**
**Insomma, ci hai messo addosso tutta questa voglia di giocare a Fear… ora permettimi un’altra domanda un po’ infame: quando, se mai, lo vedremo pubblicato?**
Non è una domanda infame, diciamo che è un po’ prematura. Attualmente, ti direi che possiamo aggiornarci dopo questa tornata di playtest: a quel punto, si capirà se vale la pena pubblicarlo o no. Posso solo dirti che, in ogni caso, continuerò a lavorarci.
**Questo ti fa onore. Spesso, nel mondo dei giochi di ruolo, vediamo la nascita di piccole iniziative che sembrano mirare più alla pubblicazione fine a se stessa che a un obiettivo di game design coerente con le sue premesse. Il fatto che ti prema di finire il tuo gioco, indipendentemente dalla sua pubblicazione, a mio modo di vedere, è un gesto encomiabile.**
**Ma ho aggiunto anche fin troppo di mio. Ho quasi finito, promesso. Lascia solo che ti faccia un ultimo paio di domande di rito.**
**Devi convincermi a giocare Fear e puoi scegliere un solo aspetto del gioco sul quale fare leva. Quale sceglieresti?**
Hai la possibilità di giocare un soldato americano che, per combattere la paura dell’ignoto e l’orrore della guerra, dispone solo di un fucile e di un “talismano”. Hai davvero bisogno di essere convinto?
**Con me non vale: mi hai conquistato non appena hai postato la prima immagine di anteprima.**
**“And last but not least”, vuoi dire qualcosa ai nostri affezionati lettori o a chi non era ancora a conoscenza dell’esistenza di Fear?**
Sì, c’è una cosa che voglio dire.
Ho bisogno anche di te, affezionato lettore o ignaro passante che non conosce ancora **Fear**. Ho bisogno di voi, perché **Fear** è nato (e sta crescendo) grazie ai commenti e alle riflessioni di alcuni appassionati.
Qui potete trovare tutti i post che ho scritto finora sul mio blog. Leggeteli, commentateli, fatemi domande: è l’unico modo per essere certi di creare qualcosa di godibile e interessante.
**A questo punto non mi resta che salutarti e ringraziarti, a nome di tutta la redazione di Pixel Flood. Grazie per averci concesso questa possibilità di vedere il tuo gioco un po’ più da vicino e in bocca al lupo per Fear!**
Crepi! E grazie a voi per l’intervista.
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