Tutto ciò che Sebastian ha perduto, tutto ciò che cerca disperatamente, è ancora una volta legato a sua figlia, vittima meschina di macchinazioni più grandi di loro.
Il dramma familiare è uno dei punti cardine del gioco, e trova la sua naturale conclusione proprio con il finale, attraverso una narrazione molto densa, che travolge il giocatore e lo trascina via, lasciandolo con il fiato corto per tutta la durata di questo titolo; a interrompere gli incubi del giocatore per qualche momento ci pensano invece le sezioni all’aperto, che si rivelano essere meno riuscite rispetto alla storia principale.

La città fittizia di Union in cui è ambientato The Evil Within 2, oltre ad avere un certo fascino malvagio, contiene diverse missioni secondarie e fetch quest, non necessariamente indispensabili per finire il gioco ma molto consigliate per avere una vita più semplice.
Intendiamoci: queste sopracitate missioni non sono una passeggiata e richiedono un minimo di cervello per essere superate, anche perché se per completarle sprecate più munizioni di quelle che potreste guadagnare come premio…beh non ha molto senso, no? Certo, recarsi all’esterno e intercettare trasmissioni radio dai sopravvissuti per svolgere delle missioni anche abbastanza ripetitive non è il massimo del divertimento per il giocatore, ma le ricompense sono praticamente indispensabili per poter sbloccare potenziamenti e avere una vita più facile all’interno del gioco.

Indubbiamente le sezioni esterne potevano essere realizzate meglio, visto che sembrano quasi un esperimento di variazione del gameplay rispetto al primo capitolo, ma è negli interni che il titolo di Tango Gameworks dà il meglio di sé , con le sue scene di “arte macabra”, salti dimensionali e cambi di scenario spiazzanti, e personaggi e nemici che non fanno altro che minare la vostra già labile sanità mentale, e credetemi, questi ultimi sono davvero al di fuori di ogni umana comprensione.
Il fattore stealth in questo secondo incubo è decisamente molto più importante che in passato per Sebastian: se si vuole sopravvivere bisogna mettere da parte l’istinto di crivellare mostri a tutto spiano e scegliere quando è meglio sparare e sopratutto con che arma e quando invece preferire nascondersi e aspettare il momento migliore per passare oltre o per piantare una coltellata alla gola di un nemico (e alcuni di questi ne richiedono più di una!). Pertanto, il sapersi nascondere e sfruttare il momento giusto diventa davvero vitale, quasi come lo scegliere l’arma con l’approccio più funzionale, cosi da uccidere quello che ci si para davanti senza sprecare munizioni.

Graficamente, The Evil Within 2 ha fatto passi avanti, con un frame rate piuttosto solido che ha qualche incertezza solo appena ricaricata una partita o negli scenari all’aperto, ma niente che una patch non possa sistemare a breve; al contrario i modelli dei personaggi e dei mostri, sopratutto quelli delle boss battle sono molto accurati e trasmettono bene il senso di terrore che accompagna tutto il gioco.
Forse si poteva fare di meglio con i movimenti del protagonista, poco aggraziati e a tratti scomposti, ma niente di particolarmente fastidioso nel quadro generale, che anzi risulta di alto livello soprattutto se accompagnato dalle musiche del gioco, sempre evocative e inserite nei momenti giusti, perfetta sottolineatura delle situazioni più intense.
In definitiva, The Evil Within 2 è un ottimo titolo, capace di appassionare il giocatore veterano come quello che si approccia la prima volta a questo tipo di incubo, e a tenerlo legato a se fino alla fine.
Nonostante le piccole sbavature presenti, per i più coraggiosi il buon Shinji Mikami (che, per quelli di voi non lo sapessero, è il papà di Resident Evil e di altri giochi storici ) ha addirittura lasciato il meglio per ultimo: una modalità sbloccabile solo dopo aver finito il gioco, che vi permette di rigiocare l’avventura con pochissimi salvataggi e niente potenziamenti… Cosa volere di più?
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