Quando ho avviato la mia “carriera” (immaginate le virgolette costruite in enormi blocchi di formaggio, scolpiti dall’uomo più sarcastico del mondo) nel magico mondo del giornalismo videoludico, non mi aspettavo di ritrovarmi così spesso in questa posizione. Recensire l’ultimo prodotto di un autore o serie che ho ammirato in gioventù è allo stesso tempo onorevole ed imbarazzante, come aggiungere una tacca, sulla testata del letto, per la figlia di Mick Jagger.
A dispetto dei patemi mentali che portano ad orribili analogie, il gioco du jour mi incuriosiva troppo per lasciarmelo sgusciare tra le dita.

Ho sempre trovato molto azzeccata la combinazione di elementi roguelike ed horror, ma raramente sono incappato in un prodotto che li fonda adeguatamente. Se ci pensate un attimo i pezzi si incastrano praticamente da soli: quando l’intero gioco si basa sul vedere le nostre risorse ticchettare lentamente verso lo zero, esplorando territori sconosciuti e pericolosi, non serve neanche incollarci una faccia spaventosa per incutere terrore. La sola coscienza di essere soli in un mondo indifferente ed ostile, la nostra vita schiava dell’eterno ticchettio entropia, la nostra morte alla meglio irrilevante ed alla peggio catastrofica, è più che sufficiente a portare un uomo alla follia. Un tipo di orrore profondo, psicologico, che scuote la percezione del cosmo e della scala che occupiamo, effettivamente, in esso. Lo stesso orrore popolarizzato da Howard Philips Lovecraft.

The Consuming Shadow è un roguelite con elementi avventurosi creato quasi interamente dalle sole mani di Ben “Yahtzee” Croshaw, perlopiù noto per la sua serie di video-recensioni settimanali, ma più noto a me come sviluppatore indipendente. Come ho già accennato in Albedo, da giovane avevo una certa passione per gli indie freeware, un campo in cui Yahtzee non è esattamente di primo pelo, già autore, tra le altre cose, di alcune avventure horror, collettivamente raccolte sotto l’etichetta di Chzo Mythos. Lasciato il campo dei punta e clicca, sembra aver deciso di portare la sua esperienza con l’orrore cosmico nei mondi generati casualmente.

La premessa è molto semplice: un ricercatore del Ministero dell’Occultismo si è accorto che l’Ombra sta rapidamente diffondendosi per tutta l’Inghilterra, a causa di un dio Antico che preme sulla nostra dimensione. Con sole 60 ore a disposizione, l’unica soluzione è eseguire un rituale nel luogo in cui l’Antico si manifesterà, nei luridi sotterranei di Stonehenge, con l’effimera speranza di prevenire l’invasione.

Se c’è un elemento che The Consuming Shadow esegue con grande maestria è rendere tangibile il peso della minaccia ed oberante il misero limite di tempo che ci rimane da vivere. L’Ombra del dio Antico si espande inesorabile, serpeggia tra le strade dell’Inghilterra e le corrompe in modo permanente. Possiamo tentare di ripulirle, distruggendo un nido di mostruosità inconcepibili o chiudendo uno strappo dimensionale con magie che i mortali non dovrebbero mai pronunciare, ma è solo un cerotto su una gamba rotta. Non c’è vittoria contro l’Ombra, la speranza meno catastrofica è un pareggio.

La follia è applicata sia tematicamente che meccanicamente, in quest’ultimo caso come statistica del nostro personaggio da tenere sott’occhio, assieme alla sua salute, in modo non differente dal piccolo capolavoro per Gamecube, Eternal Darkness. Gli effetti di una bassa quantità di senno sono molto più pericolosi in The Consuming Shadow: come se le allucinazioni inquietanti ed i controlli invertiti non fossero abbastanza, la pazzia può trasformare, casualmente, un tasto nel comando per suicidarsi, portando ad un game over istantaneo a meno di riuscire a resistere alla tentazione di premere il grilletto. Decisamente brutale, ma senza dubbio un ottimo incentivo a conservare la propria salute mentale. Perdere una tacca di sanità è estremamente facile, per giunta, come risultato di numerose azioni, dall’assistere ad un suicidio durante un evento casuale al semplice abbandonare una stanza con un mostro ancora vivo presente.

Quest’ultimo, in particolare, è un dilemma costante in tutto il gioco. Il personaggio giocabile non è esattamente Arnold Schwarzenegger, l’intero sistema di combattimento è rigido, spesso completamente a nostro sfavore, i proiettili sono pochissimi e prendere a pugni un orrore celestiale è tanto efficace quanto potete immaginare. Cosa fare, sprecare preziose munizioni, rischiare la salute per risolvere la questione a cazzotti o rischiare la nostra sanità mentale e fuggire nell’oscurità, coscienti che la mostruosità da cui siamo fuggiti potrebbe essere ancora dietro di noi, nascosta dal buio?
Qualunque azione intraprendiamo, le nostre risorse sono in costante diminuzione. Se non è la salute, sono i soldi ed anche nell’assoluta sicurezza di una città ancora libera, il timer che scandisce il gioco ticchetta inesorabile, in tempo reale. Come già detto in apertura, la fusione di generi è perfetta e l’atmosfera resa splendidamente, grazie tanto alle meccaniche quanto all’ottima scrittura.

Passando al gameplay nudo e crudo, il gioco si divide tra l’auto, in cui pianificare la nostra prossima destinazione e riposare, e l’esplorazione dei numerosi dungeon generati casualmente. Poichè l’identità del dio Antico invasore ci è sconosciuta è nostro dovere raccogliere indizi sparsi per tutta l’Inghilterra per identificare e bandire la deformità cosmica corretta. Gli indizi vengono convenientemente archiviati nel nostro quaderno, assieme ad una comoda tabella da riempire in base ai frammenti di informazioni che abbiamo raccolto. La struttura è sempre la stessa, il dio invasore ha un alleato ed un nemico, ognuno associato ad un colore, una runa ed un aspetto. Le note sparse per il gioco offrono piccoli indizi con cui identificare gli dei corretti, dai più diretti, come “X è il dio del dolore”, ai più ambigui, come “X è nemico del dio associato al giallo”.

L’investigazione è un elemento fondamentale del gameplay: un buon indizio è tanto prezioso quanto una manciata di proiettili, portando il giocatore a voler esplorare ogni angolo dei dungeon. Fortunatamente se in una stanza è presente un indizio, il gioco provvederà ad avvisarci con un piccolo suono, molto familiare ai veterani di L.A. Noire. Oltre ad importanti informazioni è anche possibile rinvenire pezzi del rituale per bandire l’Antico ed altri incantesimi da lanciare a spese della nostra salute mentale.
Quando il gioco si sente particolarmente generoso è perfino possibile trovare oggetti equipaggiabili o soldi con cui comprare preziosi rifornimenti. Nelle città non corrotte ci è permesso visitare liberamente gli ospedali, in cui si possono anche acquistare droghe per risanare (temporaneamente) il nostro squilibrio mentale, uno dei pochissimi metodi che permettono di riempire la preziosa barretta verde. L’ambientazione non è particolarmente propensa agli eventi positivi, recuperare anche solo pochi punti di sanità è praticamente una conquista.
Un altro ottimo investimento per le nostre sterline sono le munizioni e gli oggetti venduti da loschi figuri in strade buie.

Il punto più debole dell’intero pacco, lo avrete notato già dalle immagini, è la presentazione. La scelta dei font e delle loro dimensioni è discutibile, i menù puramente funzionali e la grafica essenziale non sono esattamente punti a favore. In generale il livello è quello di un gioco in flash dritto dal 2002. Davvero un gran peccato che la production value sia così bassa, questo è il tipo di progetto che meriterebbe una cura artistica maggiore. Certo, è interamente creato da una singola persona, ma lo stesso è vero anche di Hydorah.
Il comparto audio è, anch’esso, molto essenziale, con l’eccezione delle musiche di Mark J. Hadley, abbastanza ispirate e di grande atmosfera.

Un ultimo punto da toccare è il curioso sistema di progresso di The Consuming Shadow. I personaggi possono essere potenziati posizionando, nel firmamento, le stelle sotto cui sono nati. Salire di livello sblocca nuove stelle ed i bonus così ottenuti per salute, sanità mentale ed altre statistiche sono cumulativi, causando quella che chiamo “Sindrome di Rogue Legacy“. I punti esperienza sono ottenuti automaticamente alla fine di ogni playthrough, sia in caso di morte orrenda che di vittoria. Si crea così un doppio effetto: quello positivo è una grossa facilitazione per le prime partite, per rendere più permissive le meccaniche, quello negativo è rendere più che efficace la tattica di lanciarsi di testa contro gli dei cosmici, accumulare livelli e diventare sempre più forti fino a vincere per puro attrito. The Weaponographist soffriva dello stesso problema.

In generale, mi sentirei di consigliare comunque The Consuming Shadow. La fusione di horror ed elementi roguelike è splendidamente riuscita, l’atmosfera è sempre tesa, senza il bisogno ne la presenza di un singolo jump-scare da due soldi, ed una volta superato il cattivo impatto iniziale causato dalla presentazione povera, riesce a donare momenti davvero intensi. I quattro personaggi (tre dei quali sbloccabili) dallo stile di gioco differente e gli elementi casuali garantiscono un’alta dose di rigiocabilità. Per i maniaci del 100% ci sono anche oggetti collezionabili e pagine di enciclopedia mostruosa da completare attraverso numerosi playthrough.
Potete mettere i viscidi tentacoli cosmici su The Consuming Shadow tramite Humble Store per 7,49€ (15,49€ per la Special Edition) e, prossimamente, su Steam, Greenlight permettendo.