Front Mission 3: Remake torna in esclusiva su Nintendo Switch con il suo intricato sistema di doppi percorsi narrativi — una delle caratteristiche più amate del titolo originale — e lo fa mantenendo intatto il suo fascino: due storie completamente diverse, ricche di intrighi geopolitici, con scelte morali che influenzano alleati, ambientazioni e finali. Il risultato? Una longevità superiore alla media dei sui predecessori, con ovvi motivi validi per rigiocarlo più volte. E la trama sprizza ancora oggi maturità da ogni pixel .
Combattimenti solidi ma… un po’ mosci
Restano intatti i combattimenti tattici a turni, con personalizzazione dettagliata dei wanzers e scontri che stimolano la mente. L’interfaccia è stata modernizzata, i caricamenti sono più veloci ed è presente il classico toggle tra la colonna sonora originale e quella rielaborata.
Tuttavia, il sistema di targeting è un nodo cruciale: non si può scegliere quale parte del robot avversario colpire, e questo mina profondamente la strategia – soprattutto se il tuo piano era far cadere le gambe o braccia nemiche per rallentare l’avversario. A questo si somma un’intelligenza artificiale che oggi come 25 anni fa, sarebbe da limare: sia quella amica sia quella nemica possono infatti deludere, rendendo gli scontri talvolta frustranti, sia per difficoltà che per assenza della stessa.
Mixtape nostalgico
Il comparto sonoro è un vero punto di forza di questo remake: la colonna sonora rimaneggiata suona epica e coinvolgente, sposata a tracce radicalmente rinnovate. Se volete un tuffo nel passato, potete alternare la colonna sonora originale – è un plus elegante che dimostra rispetto per i fan . Gli effetti audio, però, sono meno curati: il passo dei wanzers e il sound design risultano piatti, meno incisivi sul campo di quanto ci si aspetterebbe.
Grafica & AI: espediente controverso
Ed ecco la spina nel fianco di questo remake: l’utilizzo di algoritmi (o generative IA) per upscalare o ricreare gli asset 2D. I ritratti e le pagine interne (menu “Network”) mostrano arte confusa, sformata e poco fedele all’originale: mani contorte, edifici strani, elementi chiaramente rivisti male. Questa scelta, discutibile, ha diviso l’opinione pubblica tra quelli che la trovano trascurabile e quelli che la considerano un’autentica mancanza di cura .
Rinnovamenti tecnici
Sul fronte tecnico, Front Mission 3: Remake mostra diversi passi avanti rispetto al titolo originale, pur non essendo esente da inciampi. L’interfaccia è stata ridisegnata con maggiore pulizia e chiarezza, rendendo la navigazione nei menu più agevole, mentre i caricamenti — spesso interminabili nel gioco del 2000 — ora scorrono con una velocità decisamente più moderna. Anche il passaggio tra schermate e battaglie avviene con fluidità, contribuendo a un ritmo generale più snello e apprezzabile.
Tuttavia, non tutto fila liscio: nei filmati di intermezzo, si notano cali di frame-rate e scatti evidenti che spezzano l’immersività. Nulla che rovini l’esperienza in modo drastico, ma abbastanza da ricordare che ci troviamo di fronte a un remake che, tecnicamente, non osa fino in fondo.
A livello di performance, la stabilità generale è buona ma non impeccabile quindi: qualche incertezza qua e là rende chiaro che una maggiore ottimizzazione non avrebbe guastato. Ma nel complesso, i miglioramenti ci sono, si sentono e rendono questa nuova versione più comoda, accessibile e al passo coi tempi — anche se il salto qualitativo non è così clamoroso come si potrebbe sperare da un remake moderno.
Se come me amate le trame stratificate, i mecha e le scelte morali, qui c’è tanto da amare. Ma se siete attenti ai dettagli visivi e al feeling meccanico (il peso, il colpo), potreste rimanere delusi. È un rifacimento ambizioso, con una cornice moderna e tanta nostalgia spruzzata qua e là, ma alcune scelte tecniche lo rendono… imperfetto. Vale comunque la pena per gli appassionati di tattica JRPG, con la speranza che un paio di patch possano correggere IA e framerate.
Un ritorno gradito quindi, che però paga il prezzo di una realizzazione azzardata che si è forse appoggiata troppo all’IA. In confronto all’originale, offre modernità e scelte musicali raffinate, ma tradisce l’estetica e il peso storico (per quanto di nicchia) del gioco. Rimane, comunque, un’interessante rilettura – forse imperfetta ma mai noiosa.
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