L’umanità si è spinta molto avanti nello spazio e, all’interno di una Space Station, sono molti i lavori degni di nota. Il mio no. Io sono solo un misero bidello spaziale. Avete presente, no? Spazzare per terra, pulire lo sporco e, ogni tanto, cambiare qualche lampadina. Certo, ho il privilegio di poterlo fare su una stazione spaziale, anziché all’interno di un istituto per ragazzini scalmanati, ma il lavoro rimane quello. Sembrava una giornata tranquilla, quella al mio arrivo: prendo confidenza con il mio stanzino, mi approprio dell’ultimo modello del Janitorial Cart, granate pulenti alla cintura, spray anti lerciume alla mano e mi dirigo verso i trascuratissimi corridoi della stazione.
Appena uscito nel corridoio mi ferma il cappellano, che mi consiglia di convertirmi all’ordine del divino Phonom che, a detta sua, è colui che ha creato tutta la tecnologia che vediamo attorno a noi. Ultimo modello di Janitorial Cart compreso. Per fortuna per il corridoio passa il botanico e approfitto della distrazione per fuggire dalla morsa religiosa, lasciando il povero agricoltore idroponico nelle mani del prete. Un messaggio radio del barista mi comunica che il suo locale è pieno di sporcizia e vomito, reduce della festa data la sera prima. Sbuffando mi dirigo, spazzolone alla mano, verso il bar e ne ho la conferma: il pavimento è un disastro. La scimmia ammaestrata del proprietario sta saltellando su macchie che non voglio identificare. È in questi momenti che sono contento di fare il bidello e non il chimico. Finite le pulizie, lo vedo. Come se un raggio di luce lo illuminasse dall’alto, sul palco vi è un violino. Mi avvicino allo strumento con passo deciso e lo impugno, iniziando a suonare. Le note della Moonlight Sonata escono dalle mie mani, sprigionando finalmente il mio potenziale inespresso! Quale magia, quel suono: non più bidello, ma musico e bardo! Persino il barista rimane ammutolito davanti alla scena.
O forse, è rimasto ammutolito ad un’altra scena, della quale non mi ero reso conto: un clown è entrato nel bar e ha appiccato fuoco a me e alla scimmia del barista. Dannati clown. Mi dirigo strisciando verso l’uscita, ma le fiamme sono troppo alte e indovinate un po’? La tuta da lavoro del bidello non è ignifuga. Le forze mi stanno per abbandonare, lo sento. Il buio mi oscura la vista, mentre una figura non meglio identificata si avvicina a me. La morte sopraggiunge, rapida e focosa. Ogni speranza persa con le fiamme che ormai hanno raggiunto il loro scopo. All’improvviso, nell’oblio della non-vita, un’energia si sprigiona dal mio interno. Phonom mi ha salvato? Un’entità divina ha affrancato la mia anima? No: un dottore mi sta clonando.
Finito il processo mi ritrovo steso in terra, privo dei miei indumenti, ma vivo. Lacrime di gioia mi rigano il volto, e non posso far altro che ringraziare in ginocchio il mio salvatore. Ho avuto una seconda possibilità. Non tutti ne hanno una, e sono deciso a non sprecarla: da oggi non sarò più un bidello, un semplice Janitor all’interno di un elenco di dipendenti. Da oggi il mio scopo sarà la vendetta sulle ingiustizie, l’abolizione di ogni abuso! Da oggi, il mio nome sarà JANIVENGER. Il gentilissimo dottore mi aveva tenuto da parte tutti i miei indumenti e la mia attrezzatura, per fortuna. Sia mai che io debba combattere le ingiustizie senza il mio spray pulente.
Mentre esco dall’ospedale vedo un’accetta insanguinata appoggiata su un tavolo. La raccolgo e la aggancio alla cintura: non so la sua provenienza e non mi interessa, ma quando bisogna combattere le ingiustizie un attrezzo del genere fa comodo. Appena fuori mi trovo davanti al bar. Lì è finita la mia prima vita e decido quindi di tornare ad affrontare i miei ricordi. Mi avvicino al bancone e il barista mi riconosce ma lo zittisco presto: quello che lui ha davanti non è più l’uomo di un tempo. Ora sono di nuovo vivo, e non sprecherò questa mia seconda vita. Dando un’occhiata al bar, vedo per terra il violino. Lo raccolgo e decido di suonarlo un’ultima volta prima di iniziare con i miei piani di vendetta.
Una volta lo sapevo suonare ma ora, con una clonazione forse frettolosa, le note che escono sono stridenti. Rappresentano forse il mio animo turbato da bidello vendicatore? In ogni caso, le note infastidiscono il libraio che è appena entrato, che mi insulta. Afferma che sono un pessimo suonatore e mi intima di tornare a fare il bidello. Mi intima. Non ha capito chi ha davanti, evidentemente, e glielo dico. Per tutta risposta mi insulta. Dice che sono un ubriacone e di uscire dal locale. Afferro l’accetta, e lo guardo dritto negli occhi. Provaci, se hai il coraggio. Così mi ha detto. Gli salto addosso con l’accetta, colpendolo al torace, ma la sua rapidità è impressionante. Non faccio in tempo a colpirlo una seconda volta che mi colpisce agli occhi e al viso con un forchettone raccolto dal bancone. La lotta è furiosa, ma la mia vista degenera rapidamente. E forse questa la mia fine? JANIVENGER non può essere sconfitto così! oppure sì? Cado a terra e, per la seconda volta, il buio si stringe attorno a me. Questa volta è davvero la fine.
Mentre vivo i miei ultimi istanti, faccio appena in tempo a notare che sto venendo trascinato dal libraio. Si dirige verso il tubo dello smaltimento rifiuti. Dopo la morte per combustione da parte di un clown pensavo non ci potesse essere una fine peggiore e invece eccola qui: dipartito da colpi di forchetta e sminuzzato nel tritarifiuti. Il libraio si avvicina al pertugio di smaltimento, ma lo sorpassa. E poi il buio.
Non so perché. Non so quale progetti avesse, ma mi trovo ancora una volta nel settore medico, all’interno di una camera di clonazione per la seconda volta. Il libraio ha deciso di risparmiarmi? Perché? All’interno della capsula i suoni sono ovattati e non posso parlare, ma una cosa la sto sentendo: è il CentComm che annuncia l’imminente arrivo dello shuttle di emergenza. Non so cosa sia successo durante la mia seconda morte, ma la stazione è a pezzi: muri sfondati e vetri rotti ovunque sono la norma. Il processo di clonazione termina senza la presenza del dottore, che è sparito dalla zona. Questa volta non vi sono vestiti e attrezzature per me: lo shuttle ha richiamato l’attenzione di tutti i viventi. Nell’angolo della stanza, una pila di cadaveri. Mi intristisce un po’ pensare che io sia l’ultimo essere vivente ad essere stato clonato prima dell’abbandono della stazione. Comunque, non c’è tempo da perdere: ancora nudo mi dirigo correndo verso l’attracco dello shuttle di emergenza, ma la mia corsa viene fermata quasi subito: dei vetri rotti mi lacerano i piedi. Cado a terra, una figura si avvicina a me: il libraio è tornato. Senza dire niente, mi lancia un paio di scarpe. Io gli dico che l’ho già visto, che mi ricordo di lui. Idiota, mi dice, e se ne va. Indosso in fretta e furia le scarpe per non incorrere in altri vetri rotti e mi inserisco il primo indumento che trovo: un camice da dottore.
Corro per i corridoi, seguendo le strisce di sangue che portano all’uscita della zona medica e arrivo alla zona d’attracco, pochi secondi prima dell’arrivo della nostra salvezza. Sono sano e salvo, per la terza volta. Durante il viaggio, inizio a pensare a quanto successo in quest’ultimo periodo. JANIVENGER. Che stupido sono stato a pensare di poter risolvere i problemi con la vendetta. Non so dove stiamo andando ora, ma una cosa è certa: da qualche parte nello spazio, c’è un’altra stazione a cui serve un bidello. Sono in tanti ad attraccare a questi baluardi di civiltà in cerca di lavoro, potresti essere persino tu il prossimo, ma il mio lavoro non finisce qui. Finché ci sarà spazzatura da rimuovere o macchie da levare io sarò lì, sulla Space Station 13.