Il 2017 è stato sicuramente un anno intenso per quanto concerne il panorama videoludico: l’arrivo di Nintendo Switch, che è riuscito a vendere milioni di unità, ha certamente contribuito in buona parte alla qualità dei titoli pubblicati durante questi 365 giorni. Nonostante ciò, oltre alla portatile ibrida di Nintendo abbiamo avuto modo di provare una quantità impressionante di titoli di pregevole fattura, sia si trattasse di tripla A o che fossero dei bellissimi indie. Quest’anno dunque è stato sicuramente uno dei più memorabili per i videogiocatori di tutto il mondo… ma sicuramente meno per i loro portafogli. Prima di affrontare il 2018 (che già si preannuncia ricco di giochi interessanti) abbiamo deciso di riproporre la nostra canonica lista dei nostri personalissimi Game of the Year, composti da 3 giochi pubblicati durante l’anno che sta per concludersi, con l’aggiunta di un titolo bonus giocato (ma non necessariamente uscito) nell’ultimo anno. Non mancheranno, oltre ai videogiochi, le loro controparti analogiche, scelti dai redattori della nostra sezione tabletop.
Buona lettura!
NieR: Automata
Pochi giochi, come ho già detto nella recensione, mi hanno colpito tanto quanto l’opera di Yoko Taro: il lavoro certosino del designer giapponese scaraventa il giocatore in un mondo post-apocalittico nei panni di una bellissima (e altrettanto pericolosa) androide protagonista di quello che inizialmente sembra il solito “Stylish Action Game” made in Platinum Games, ma che sotto il cofano nasconde ben più di quanto mostrato da una scintillante carrozzeria. Pochi personaggi ma ricchi di carisma, un combat system fluido e divertente e una colonna sonora evocativa che fa da contorno a una trama in questa sede indescrivibile (e credetemi quando dico che vi farei un torto parlandone), sono elementi che a mio parere rendono NieR: Automata il titolo più bello dell’anno. Senza se e senza ma.
Persona 5
Attendevo questo titolo più di molti altri giochi più blasonati e l’attesa è stata ben ripagata: Persona 5 è (e per un bel periodo sarà) il re dei JRPG. Punto. Nessuna discussione.
Il gioco diretto da Katsura Hashino è un esercizio di stile che prende, migliora, spesso esagera molti aspetti del classico design del gioco di ruolo a turni nipponico, a partire dalla migliorie interfaccia grafica, caotica ma allo stesso tempo funzionale e leggibile, così piena di classe da farla trasudare da ogni singolo pixel. A supportare l’esperienza visiva abbiamo un comparto gameplay complesso ma facilmente assimilabile anche da chi i JRPG a turni non li ha mai toccati. Troviamo infine una trama che va ad affrontare temi psicologici e politici molto attuali come la manipolazione dei media, la corruzione, l’insicurezza dei giovani e la loro ricerca di un ruolo nel mondo, il tutto accompagnato dalle note jazz della colonna sonora di Shoji Meguro e interpretato dai personaggi usciti dalla tavoletta grafica di Shigenori Soejima. Se ancora i Phantom Thieves non vi hanno rubato il cuore, dategli una chance, non ne rimarrete delusi.
The Legend of Zelda: Breath of the Wild
Ce ne vuole di coraggio per andare a modificare il comprovato e storico modello di gioco di un mostro sacro come Zelda. Nonostante ciò, Eiji Aonuma e Hidemaro Fujibayashi hanno deciso di provarci con Breath of the Wild e, senza ombra di dubbio, l’esperimento è più che riuscito.
Un VERO open-world, dove tutto, dal semplice mostro che si incontra alla prima ora di gioco al boss finale, può essere affrontato liberamente con l’approccio che più ci sembra opportuno, anche nudi muniti di un ramo rinsecchito, per intenderci. Ma, nonostante il suo spirito innovatore, Breath of the Wild guarda comunque ai passati episodi della saga prendendone spunto, come i dungeon da esplorare o il classico obiettivo finale del “salva la principessa” (seppur alterati anch’essi).
In questa posizione poteva starci anche un Mario Odyssey, altro gioco meritevole di casa Nintendo, ma se quest’ultimo sembra il compitino preciso e perfetto da primo della classe, Zelda mostra l’estro creativo di chi il proprio lavoro lo sa fare ma non meccanicamente, bensì esplorando nuove possibilità e riversandoci dentro tutto l’amore e la passione per il proprio lavoro.
*Bonus* Final Fantasy XIV: Stormblood *Bonus*
Caro Naoki Yoshida, al prossimo Gamescom mi devi una birra (o una PS4 Pro brandizzata, scegli tu): finire per due anni di seguito tra i miei GOTY è un’impresa abbastanza ardua. Vago per Eorzea ormai da due anni filati, con brevi pause di tanto in tanto nell’attesa di una nuova patch e ad ogni update non riesco a non rinnovare la sottoscrizione. Questa seconda espansione ha portato una ventata di aria fresca grazie ai due nuovi job e nuove meccaniche per quelli vecchi, bossfight interessanti e un dungeon design sopra le righe (vogliamo parlare dell’incontro con Hashmal nel raid di Rabanastre?), il tutto accompagnato con novità estetiche quali la performance mode per i bardi.
La mia spasmodica attesa per la patch di fine gennaio è palpabile e il mio conto PayPal trema in vista del prossimo rinnovo. Ho visitato tanti mondi nella mia carriera da giocatore, ma Eorzea rimane sempre quel posto che, quando ci torno, mi ricorda casa.
Nioh
Con l’attuale scarsità di titoli ambientati nel Giappone feudale era per me impossibile non amare Nioh: difficile, cattivo e assolutamente appagante, l’action demoniaco di Tecmo Koei mi ha regalato parecchie ore di divertimento e, assieme ai suoi DLC, ha chiuso il cerchio, confezionando un “soulslike” (per usare un termine tanto di moda) coi fiocchi, consigliatissimo anche per l’interessante modalità multiplayer!
Sonic Mania
La sorpresa più bella dell’anno: il ritorno di SEGA alle sue origini fatte di pixel e velocità! Amo Sonic Mania, è tutto quello che volevo dal riccio blu da almeno 10 anni e che mi posso finalmente godere! Veloce, colorato e impegnativo, Sonic Mania dovrebbe essere giocato da tutti, sia chi come me è cresciuto con la mascotte di casa SEGA, sia dai neofiti, per tornare a un modo di giocare più puro e innocente.
Wipeout Omega Collection
Sono legato a Wipeout fin dalla sua prima iterazione e l’ultima incarnazione del franchise nato con Psygnosis sfreccia ancora una volta sulle console di Sony a velocità impossibili.
La Omega collection raccoglie i due titoli precedentemente presentati su PS3 (ovvero HD e Fury) ripulendoli ulteriormente e migliorandone texture e effetti di luci, e alzando l’asticella con la versione riveduta e corretta di Wipeout 2048, il titolo nato su PSVita.
Il risultato? Una delle versioni più belle mai create di Wipeout: adrenalinico, bellissimo da vedere e ricchissimo di modalità. L’Omega collection è uno dei migliori racing game uscito quest’anno e con il prezzo che ha privarsene sarebbe davvero da folli.
*Bonus* Killer Instinct *Bonus*
Uscito da svariato tempo su XboxOne ma arrivato da poco su PC, l’ultima incarnazione del picchiaduro di Rare con l’aiuto di Iron Galaxy si è confermato all’altezza del suo nome, creando un gioco visivamente bellissimo e dannatamente tecnico. Che io ami Killer instinct da sempre e che mi sia stato regalato per natale dal mio collega redattore Barbarossa non ha influenzato la scelta del titolo, ve lo assicuro.
Prevedo di passarci svariate ore, anche solo per sentire nuovamente risuonare nella stanza: Ultraaaaa Comboooooo!
NieR: Automata
Quanto mi manca. NieR: Automata è uno di quei giochi che vorresti non finisse mai. È semplicemente la dimostrazione che si può fare un gioco toccante e triste senza dover rinunciare a un gameplay divertente e adrenalinico. E no, a quanto pare non è per niente scontata la cosa… e al finale ho pianto sangue. Poi gente, parliamone: Song of a Broken World vale tranquillamente tutto il gioco da sola. E chi dice che questo titolo è solo un inno al fanservice perché ha visto delle immagini del fondoschiena di 2B… Mi faccia il favore di sparire. Adesso.
“I wish that someway, somehow, that I could save every one of us, but the truth is that I’m only one girl”
Horizon: Zero Dawn
Da amante degli open world non potevo non inserirlo: Horizon: Zero Dawn è un titolo che ti tiene in pugno dall’inizio alla fine. La trama non è qualcosa di eccezionale, sia chiaro, ma ti fa davvero venire voglia di capire cosa sia successo al mondo di gioco. E cosa fa Horizon? Per tutto il dannato gioco non ti dice niente, finché alla fine ti spara tutto in faccia all’improvviso… Ed è magnifico.
Cacciare gli animali meccanici è appagante, siete pieni di munizioni diverse e vi ritroverete a usarle tutte perché ogni nemico ha dei punti deboli diversi e in Horizon: Zero Dawn, senza pianificazione, siete morti.
A parte quanto ho già detto… Siete una rossa a cavallo di un ariete robot che tira frecce esplosive alle bestie meccaniche in mezzo ad ambientazioni da far cadere la mascella, non sto davvero capendo perché siamo ancora qui a discutere.
South Park: Scontri Di-Retti
Col season finale non eccezionale, la ventunesima stagione ha probabilmente perso l’occasione di essere la miglior stagione di South Park di sempre, ma ha comunque inanellato una serie di episodi che… Davvero, ciao.
Scontri Di-Retti invece è assolutamente il mio GOTY. Sto ancora piangendo per NieR, ma questo è davvero quello che, da fan, stavo aspettando da una vita.
*Bonus* Metal Gear Solid V – The Phantom Pain *Bonus*
Ci sto giusto giocando in questi giorni di magra videoludica. Non sono mai stato un grande ammiratore della saga non essendo un amante dei giochi stealth, ma nonostante mi sia fermato al secondo capitolo, mi sono fatto fare un riassuntone e l’ho sono cominciato.
Che dire… a parte che, come prevedibile, sono scarsissimo e faccio una fatica boia a proseguire in modo decente, ma devo anche ammettere che mi sto divertendo davvero tanto. Cioè, per farmi piacere uno stealth game vuol dire che è bello vero, se ve lo siete persi fateci assolutamente un giro.
L’eterna lotta tra bene e male, tra yin e yang, troverà spazio in questo gioco astratto in cui due giocatori prenderanno il controllo rispettivamente del drago bianco e del drago nero, in una battaglia all’ultimo sangue. Lo scopo di ciascun giocatore in Tao Long è quello di sconfiggere il drago avversario, facendogli danni a sufficienza da fargli perdere tutti i “pezzi” del suo corpo. Ogni turno del giocatore si compone di due fasi, quella dello Spirito, in cui si muoveranno i dischetti azione sulla ruota del Ba-gua – di cui ogni spicchio raffigura un simbolo dell’I-ching – e si effettuerà l’azione corrispondente al simbolo su cui è stato posizionato l’ultimo dischetto. La seconda fase, quella della Materia, è quella che ci permette di muovere il nostro drago nella Valle. Le azioni a disposizione sulla ruota del Ba-gua sono Fuoco, Lago, Cielo, Vento, Acqua, Montagna, Terra e Tuono che permettono o di attaccare l’avversario facendogli danni (con Acqua e Fuoco) oppure di muovere il drago (tutte le altre). Ogni turno obbliga i giocatori a ponderare attentamente la mossa da effettuare, perché spostare i dischetti sul Ba-gua può dargli un vantaggio nell’immediato, ma magari favorire l’avversario nel turno successivo.
Tao Long, edito da Thundergryph e distribuito da Gate on Games è in vendita presso lo stand dell’editore lucchese a 24,90€.
Betrayal at Baldur’s Gate
Tratto dall’omonimo videogame RPG del 1998 e basato sul regolamento di Betrayal at the House on the Hill, questo titolo uscito solo pochi mesi fa vi conquisterà come pochi. I giocatori sono avventurieri, assoldati dagli Harpers, un gruppo di ribelli della città di Baldur’s Gate – porto sulla Costa della Spada – impegnato in una lotta senza quartiere contro gli adepti di Bhaal, che da qualche tempo tramano nell’ombra per riportare il dio degli omicidi in auge e con esso il caos nella città. Lo scopo degli avventurieri è quello di esplorare i vicoli e i bassifondi di Baldur’s Gate, per combattere mostri e diventare sempre più forti prima che l’oscurità prenda il sopravvento. Infatti, ad un certo punto nella storia, si verificherà un evento, che trasformerà almeno uno dei personaggi in traditore, assegnandogli un obiettivo diverso da quello del party e competendo per favorire le forze del male. Seppure con una durata ridotta – una partita dura solo un’ora – Betrayal at Baldur’s Gate è un gioco che vi terrà incollati al tavolo man mano che esplorate le vie di Baldur’s Gate e scoprite nuove tessere edificio o strade. Le miniature dipinte – anche se non sono il massimo della definizione – hanno quel quid in più che contribuisce a calarvi nell’atmosfera e in generale le meccaniche sono semplici ma efficaci. I libretti delle infestazioni – con le regole da applicare una volta che entra in gioco il traditore – offrono circa 50 scenari diversi, scelti con un sistema casuale che garantisce un’elevata variabilità e rigiocabilità. Betrayal at Baldur’s Gate è edito da Avalon Hill e Wizard of the Coast e si trova solo in inglese a 49,98€.
Dragon Castle
Altro astratto, stavolta prodotto dalla Horrible Games – gli stessi di Pozioni Esplosive – Dragon Castle prende delle meccaniche semplicissime e conosciute a chiunque – quelle del mahjong – e le trasforma in un titolo dall’eleganza unica. In Dragon Castle i giocatori dovranno sfidarsi a costruire il loro personale castello utilizzando le tessere prelevate dal Castello del Drago al centro del tabellone. Ad ogni turno, ogni giocatore avrà a disposizione un’azione tra prelevare dal Castello del Drago due tessere uguali, prelevarne una e prendere un sacrario da aggiungere alla propria riserva, oppure eliminare una tessera dal Castello e prendere un punto vittoria. Ogni tessera prelevata dal Castello dovrà essere posizionata nella propria plancia di gioco, in modo tale da andare a costituire set di almeno quattro tessere dello stesso tipo. Ogni volta che si chiude un set, si prendono i punti corrispondenti e si possono posizionare uno o due sacrari a seconda del tipo di tessere che compongono il set. Alla fine della partita chi ha il maggior numero di punti vittoria sarà il vincitore. Al di là del gameplay – semplice ed elegante – Dragon Castle si distingue anche per le illustrazioni e la qualità dei materiali: le tessere del mahjong sono in bachelite con i simboli incisi e dipinti a mano, una gioia sia per la vista che per il tatto. Dragon Castle è edito da Ghenos Games e viene venduto al prezzo di 49,98€
*Bonus* Mythos – Terrificanti indagini nella Arkham di Lovecraft *Bonus*
Non nascondo una passione smodata per Lovecraft e il suo immaginario fatto di divinità aliene e orrori cosmici. Per cui non posso non consigliare come bonus un altro titolo del 2017, che ha in Cthulhu e i suoi compari il tema portante. Sto parlando di Mythos – Terrificanti indagini nella Arkham di Lovecraft, edito da Magic Store. Il gioco prende senza troppi complimenti le meccaniche di Sherlock Holmes Consulente Investigativo e catapulta i giocatori ad Arkham (Massachussets), dove il professore Armitage, bibliotecario della Miskatonic University, è alle prese con le indagini su casi misteriosi e inquietanti. I giocatori avranno il compito di aiutare il professore nelle indagini, provando a risolvere ciascuno dei dieci casi seguendo piste, interrogando persone, investigando i luoghi di Arkham. Differentemente da Sherlock Holmes, Mythos introduce un tempo limite entro cui bisogna raccogliere gli indizi: ogni luogo visitato, infatti, fa scattare il tempo in avanti di una tacca, avvicinando i giocatori sempre di più al momento in cui dovranno dare la risposta al mistero. Saranno in grado di farlo senza impazzire? Il gioco, che segue le dinamiche di un libro game di gruppo, è fornito di dieci libretti dei casi – da risolvere nell’ordine in cui si trovano nella scatola – una mappa dettagliata di Arkham, dieci copie dell’Eco di Arkham e una Rubrica di Arkham con i nomi e gli indirizzi utili per svolgere le indagini. Il costo è di 42,90€.
Il 2017 è stato un anno folle. Di giochi coi fiocchi ne sembrava spuntare uno ogni settimana, scegliere solo tre GOTY in questo marasma è davvero dura. Quasi ogni genere ha ricevuto un giocone che lo resuscita o lo ridefinisce, ma come si fa? Okay, okay, bando alle ciance, iniziamo da…
Nier: Automata
Cominciamo bene l’annata in allegria con un po’ di sano orrore esistenziale. Nel 2010, con l’originale Nier, Yoko Taro si è divertito a decostruire i JRPG (Kingdom Hearts, in particolare, ha preso due ceffoni mica male) e con Automata si diverte a decostruire l’umanità stessa. Cos’è un essere umano, cosa definisce una persona e cosa ci rende vivi sono domande lerce in cui Nier: Automata affonda le mani e tira fuori risposte non sempre piacevoli.
La combinazione di Platinum Games e Yoko Taro è assolutamente folle ed inconcepibile, ma è accaduta ed il risultato è uno dei migliori Action-JRPG esistenti sul mercato.
Prey
A proposito di combinazioni impensabili, se c’è un tipo di gioco che consideravo impossibile, nel panorama AAA moderno, era un seguito di System Shock. L’altissimo grado di dettaglio ed interazione, unita alle montagne di meccaniche e microgestione, sono contraddittorie con le tendenze attuali di semplificare tutto il semplificabile e fornire esperienze più lineari possibili. Inoltre un budget AAA non potrebbe mai sostenere un progetto così ampio, nessun publisher si arrischierebbe. Invece dal buio arriva Prey, un seguito spirituale di System Shock, sviluppato da Arkane Studios con budget AAA. Una roba da universo alternativo in cui gli “e se…” sono realtà.
Prey mi ha trascinato come uno tsunami. La fusione di idee old-school e modernità è esattamente quello che desideravo da Bioshock e non ho mai avuto. Livelli enormi, tonnellate di segreti, difficoltà alta, strati e strati di meccaniche complesse che permettono di attraversare il mondo come lo si desidera e un’atmosfera horror che rende minacciosi perfino i rotoli di carta igienica ammucchiati nell’angolo della stanza.
Prey è il tipo di gioco di cui il mondo aveva bisogno, ma si è dimenticato di chiedere. Raccomandato senza se e senza ma.
Sonic Mania
La scena del romhacking è un po’… schizofrenica. Non sempre producono lavori degni di nota, tendono ad essere pigri o bizzarri nella maggior parte dei casi, però bisogna ammirare una cosa: la dedizione. Nel mucchio di gente che si diletta con Lunar Magic e simili ci sono anche i veri fan, quelli che comprendono l’essenza del gioco a volte meglio dei designer ufficiali.
Christian Whitehead e Simon Thomley sono tra questi. Hanno lavorato, sia assieme che separatamente, su diversi progetti che miravano a ricreare il feeling degli originali Sonic per Mega Drive con risultati piuttosto notevoli. In un twist del destino imprevedibile vengono assunti da SEGA per lavorare ad una new entry ufficiale del franchise.
Un sogno diventato realtà tanto per loro quanto per noi. Sonic Mania è quello che i fan desideravano da oltre vent’anni, un vero seguito di Sonic 3 & Knuckles che mantiene tutti gli aspetti positivi e ci impila sopra le possibili migliorie portate dalla tecnologia. Sonic Mania è il capitolo per SEGA Saturn che non abbiamo mai avuto e prende a schiaffoni i progetti dei designer ufficiali, che invece continuano a balbettare con… questa roba.
Personalmente spero presto nell’annuncio di Mania 2 composto interamente di zone originali.
*Bonus*A Hat In Time*Bonus*
Restando nell’ambito di progetti dei fan per rivitalizzare generi morti, parliamo un secondo di A Hat In Time. Ho scritto la mia recensione circa due settimane prima dell’uscita di Super Mario Odyssey e la mia opinione è leggermente cambiata, ora che il genere dei collect-a-thon ha una new entry dal nome imponente.
Nonostante ciò, continuo a sostenere che A Hat In Time non andrebbe dimenticato. Giocando ad Odyssey mi sono trovato spesso a rimpiangere la perfezione dei controlli che Gears For Breakfast ha raggiunto, nonché la varietà di obiettivi aldilà del raccogliere mille “aggeggini colorati”. La colonna sonora, la raffinatezza e lo charme di A Hat In Time sono sublimi e meritano la vostra attenzione.
Non sarà materiale da GOTY, ma lo raccomando caldamente a chiunque voglia un platform 3D con fiocchi e controfiocchi. Non vi deluderà.
Incredibile ma vero, in quest’anno che sta per concludersi ho avuto modo di ampliare le mie vedute videoludiche, evitando di fossilizzarmi, come al mio solito, sul mio genere preferito: gli RPG occidentali. A dimostrazione di ciò, nella lista dei Giochi dell’Anno non ci sono RPG!
Lo so che non mi credete, ma è la verità, perlomeno per quanto riguarda i titoli usciti nel 2017. Non ho potuto fare a meno di inserirne uno come titolo bonus…
XCOM 2: War of the Chosen
Avrebbero potuto chiamarlo XCOM 3 e nessuno, me compreso, se ne sarebbe accorto. War of the Chosen è un’espansione talmente ampia da rivoluzionare completamente il modo di approcciare una run di XCOM 2: nuovi nemici, nuove meccaniche, nuovi sistemi di crescita, nuove tecnologie, nuove armi, e altro ancora: praticamente del titolo vanilla non è rimasto quasi nulla. Grazie a tutte queste migliorie, ogni run di War of the Chosen è una sfida, una corsa contro il tempo, una disperata rincorsa verso la salvezza dall’occupazione aliena.
Dimenticate pure le risatine sarcastiche quando vedevate il contatore del progetto AVATAR aumentare, sapendo perfettamente che potevate farlo riabbassare a vostro piacimento, perché War of the Chosen vi riempirà di tanti di quei problemi da risolvere (principalmente nella forma di supersoldati alieni che vogliono farvi la pelle) che non avrete il tempo per passeggiare sul ponte della Avenger a braccia conserte, ricercando tecnologie. Se volete vedere gli invasori sconfitti dovrete essere veloci, decisi, spietati.
Per chiunque ami i giochi strategici a turni, XCOM 2: War of the Chosen rappresenta l’esperienza di gioco definitiva.
“At long last, I hear their voice, unobstructed. They, they are so near. They are everywhere! They come for me.”
The Warlock
Darkest Dungeon: The Crimson Curse
The Crimson Curse altro non è se non un’eccellente espansione a quello che reputo il miglior titolo indie del 2016: nuove aree esplorabili, nuove unità alleate e nemiche, nuove meccaniche… Vi suona familiare quanto sto scrivendo? Ebbene sì: The Crimson Curse è praticamente il War of the Chosen di Darkest Dungeon, se sostituite gli alieni con gli orrori innominabili che questo gioco vi farà conoscere. Di conseguenza, quanto ho affermato poc’anzi per l’espansione di XCOM 2 vale anche per The Crimson Curse: è, a mio avviso, l’esperienza di gioco roguelite a turni definitiva.
Un’ultima piccola considerazione: se nel 2016 nominai fra i miei giochi dell’anno Darkest Dungeon e quest’anno la sua espansione, mi chiedo proprio quale titolo nominerò nei GOTY dell’anno prossimo…
“Remember that overconfidence is a slow and insidous killer.”
Narrator
Hollow Knight
Per la categoria “sottovalutati” abbiamo Hollow Knight, meraviglioso metroidvania sviluppato con l’irrisorio budget di poco più di 40.000 € dall’australiano Team Cherry. Nonostante ciò, per quanto concerne gameplay, colonna sonora e atmosfera generale ci sono molti studi “tripla A” che, dinnanzi a Hollow Knight, dovrebbero prendere il blocco degli appunti e farsi un ripassino di level design. Questa piccola gemma è uno dei pochi titoli che riesce a brillare fra un mare di cloni di Ori and the Blind Forest.
Se apprezzate i metroidvania acquistatelo a occhi chiusi.
“A wonderful thing to have, a face. Not a thing with which we all are blessed.“
The Mask Maker
*Bonus*The Witcher 3: Wild Hunt*Bonus*
C’era una volta un videogiocatore con un backlog senza fine. Questa misteriosa persona necessitava di tornare a immergersi in un’esperienza videoludica profonda e immersiva in quanto, nel 2017, non aveva giocato nessun RPG, di conseguenza, come un tossicodipendente senza la sua dose, era in piena crisi d’astinenza. Questo sconosciuto videogiocatore aveva un amico che, molto gentilmente, gli disse: “Gioca The Witcher 3 e basta.” In realtà la sua espressione fu molto più colorita, ma preferisco risparmiarvi i dettagli.
Questo ancora sconosciuto videogiocatore avviò dunque il gioco, e riscoprì la magia che gli fece divorare i primi due capitoli anni or sono: nonostante le varie problematiche di cui soffre il titolo made in CD Projekt RED, il personaggio di Geralt ha avuto in passato, e sempre avrà, un fascino irresistibile (come metà delle donne dei Regni del Nord possono confermarvi); l’ambientazione rispecchia perfettamente l’ideale del fantasy medioevale, e la realizzazione delle quest secondarie è sublime, in particolar modo quelle di caccia ai mostri. Quindi che dire, lo sconosciutissimo videogiocatore probabilmente dovrebbe ringraziare il suo amico… E ho come il sentore che lo farà a breve.
…
Grazie Danié.
“Two things only the greatest of fools do: throw stones at hornet nests… And threaten a Witcher.”
Geralt of Rivia
Persona 5
Si, l’ha già inserito Mike e probabilmente lo troverete in molte altre classifiche stilate dalla concorrenza, ma non posso fare a meno di nominarlo a mia volta: ho amato profondamente Persona 5, tanto da ricominciarlo più e più volte senza saltare la valanga di dialoghi che ormai conosco a memoria, solo per apprezzare ciò che mi ero perso nella run precedente e nel mentre godermi il magnifico acid jazz di Shoji Meguro.
Un titolo che funziona in ogni sua parte, diverte a lungo ed eccelle nel suo stravagante modo di mostrare al giocatore le crepe di una società nipponica che di granitico ha solo la facciata.
Where have you been? Been searching all along…
Dead Cells
Qualora foste amanti dei metroidvania e dei roguelite, Dead Cells è il miglior acquisto che possiate fare su Steam.
Ottima pixel art, livelli che sembrano frutto di un certosino level design piuttosto che di un algoritmo, un combat system dal feedback appagante e tanti, tanti sbloccabili sono la formula vincente che vi terrà incollati allo schermo per ore.
È ancora in Early Access, ma viene costantemente aggiornato con contenuti e migliorie, valendo appieno il suo prezzo.
Ever Oasis
Personalmente non investo molto tempo nel mio 3DS: gran parte del parco titoli annuale destinato alla portatile Nintendo, finisce inevitabilmente per tediarmi a poche ore dalla schermata iniziale e per questo riponevo ben poche speranze in Ever Oasis, nonostante lo seguissi sin dal primo annuncio.
Con mio immenso stupore, l’eccellente miscuglio tra gestionale e Zelda-like a opera di Grezzo, ha saputo sbaragliare ogni aspettativa e divenire il titolo che più mi ha occupato durante la caldissima estate del 2017.
Sconsigliato a chi non vuole perdere la vita sociale.
*Bonus* Odin Sphere: Leifthrasir *Bonus*
Da molti ritenuta l’opera maestra dei Vanillaware, l’originale Odin Sphere trova in questo remake il suo culmine qualitativo, poiché sprovvisto di tutte quelle magagne che in primis affliggevano il vecchio, legnosissimo combat system, rendendo ora l’esperienza molto meno macchinosa e più fruibile per i neofiti.
Un pizzico ripetitivo sul lungo andare, ma la magnifica direzione artistica del buon George Kamitani dovrebbe lasciarvi smascellati e indifferenti riguardo l’evidente riciclo di ambientazioni che si sussegue nelle circa quaranta ore necessarie a portare a termine l’avventura.
L’apocalisse non è mai stata così bella.
South Park: Scontri Di-Retti
Per quanto mi riguarda Scontri Di-Retti è il gioco confezionato meglio dell’anno: divertente, pieno di cose belle, ma soprattutto riesce a migliorarsi rispetto al capitolo precedente, dimostrando che South Park riesce sempre ad essere più attuale di moltissime altre produzioni contemporanee.
Lo consiglio caldamente a chi è fan della serie, ma fan per davvero, perché sa regalare ore di puro divertimento.
Destiny 2
Il primo capitolo mi ha intrattenuto per moltissime ore e questo altrettanto, inoltre la possibilità inoltre di poterci giocare su PC ha allargato le sue possibilità. Pur avendo svariate migliorie rispetto al primo, Destiny 2 non è privo di difetti, ma per come sta agendo Bungie nell’ultimo periodo, e vedendo anche cosa è diventata la prima installazione della serie dopo tre lunghi anni, si può dire che il futuro di questo nuovo capitolo non può che essere roseo.
Ghost Recon Wildlands
Wildlands per quanto possa essere passato sottotraccia, presenta davvero tanti contenuti di pregevole fattura, la sua natura co-op inoltre dona un alto tasso di rigiocabilità e divertimento con gli amici, in quello che è un pacchetto complessivo davvero “croccante”.
Un gioco sicuramente consigliato, fatevi ‘sto giro in Bolivia!
*Bonus*Bang Dream! Girls Band Party!*Bonus*
Entry Bonus abbastanza inusuale su tutti i fronti, ma il rhythm game di Bushimo e Craft Egg rimane il miglior gioco di genere su cellulare, almeno a mio avviso. Ci sono dei però in tutto questo: il gioco non è presente negli store italiani, e dunque richiede l’utilizzo di applicazioni come QooApp. Non solo: al momento è solo in lingua giapponese, ma non disperate, perché tutto questo cambierà, infatti la versione in inglese, sarà disponibile questa primavera.
Final Fantasy XIV: Stormblood
La terza grande espansione di FFXIV: A Realm Reborn non introduce grosse novità a livello di gameplay, ma riesce a fare quello che in casa Square Enix sanno fare meglio: propone un continuo della storia coinvolgente e invoglia i giocatori, vecchi e nuovi, a visitare Eorzea, continente che si arricchisce di più a ogni espansione. Nuovi Job, nuovi dungeon, level cap innalzato, una grafica e un’ambientazione di altissimo livello completano il quadro di un gioco che, seppur uscito ormai quattro anni fa, non smette di appassionare e di offrire contenuti di ottima qualità. Non posso che ribadire quanto già espresso per la precedente espansione: FFXIV si conferma, sotto molti punti di vista, il miglior MMO attualmente in circolazione.
Ys VIII: Lacrimosa of Dana
Lacrimosa of Dana, ottavo capitolo della saga di Ys, è un vero must per gli appassionati di JRPG. Gli ingredienti principali di questo videogame sono una storia lunga e coinvolgente, un gameplay agile e divertente e una grafica in stile anime coloratissima. I tanti personaggi utilizzabili, ognuno con la propria arma e il proprio stile di combattimento, sapranno soddisfare le esigenze di tutti i giocatori. Una lunga serie di missioni secondarie potrà allungare la durata del gioco e farvi ottenere statistiche ed equipaggiamenti migliori. E la vostra esperienza di gioco sarà condita da una leggerezza e da uno spirito scanzonato e avventuriero che vi accompagneranno per tutta la durata della storia!
AER: Memories of Old
Una piccola perla indie che, pur senza eccellere nel gameplay o nella trama, si conquista un posto nel mio GOTY per la sua qualità artistica: uno stile grafico che unisce forme d’ispirazione cubista e colori dell’impressionismo, e una colonna sonora di sola musica – ma che musica! AER è il gioco che vorrete giocare per rilassarvi e per godervi pura bellezza di pixel, volando nel cielo infinito di un mondo antico e misterioso.
*Bonus* Final Fantasy XV *Bonus*
Non sono una fan dei day-one videoludici, e mi sono presa il mio tempo per giocare e godermi appieno l’ultimo capitolo di questa saga di cui sono profondamente innamorata. È passato più di un anno, ma sembra ieri: Final Fantasy XV è stato uno dei giochi più attesi degli ultimi anni. È perfetto? No. È all’altezza dei suoi illustri predecessori? Assolutamente sì. Pur con tutti i suoi difetti, non si può dire che il gioco mi abbia deluso. Un must assoluto se siete fan della saga e dei JRPG in generale.
Middle-earth: Shadow of War
Essendo un amante della saga tolkieniana, non ho potuto non apprezzare particolarmente il nuovo recente lavoro di Monolith, che va ad ampliare la formula del suo predecessore, aggiungendo una trama più divertente da seguire e numerose nuove opzioni nelle fasi di gameplay, che vanno ad esaltare quella meccanica interessante e caratteristica del titolo che è il Nemesis System.
Tokyo Xanadu eX+
Versione rimasterizzata del gioco uscito su PSVITA nel 2015 (e solo nello scorso giugno arrivato in occidente) che ci mette nei panni di Kou Tokisaka questa volta con un comparto tecnico rinnovato, forte delle prestazioni della sorella maggiore (PS4) che consente al gioco di girare stabilmente a 60 frame al secondo , e una maggior longevità grazie all’introduzione di nuovi contenuti come un side chapter automaticamente avviato alla chiusura di ogni capitolo principale e nuove missioni disponibili una volta conclusa la modalità storia. Se siete amanti dei JRPG (in particolare della serie Persona) e non avete mai messo le mani su un titolo Nihon Falcom, questo rappresenta un ottimo punto di inizio. La recensione è in uscita a giorni.
Fire Emblem Echoes: Shadow Of Valentia
Se escludiamo il capitolo uscito su smartphone, questo è stato il primo titolo della saga che ho approcciato e ne sono rimasto colpito positivamente. Si tratta in realtà di un vecchio capitolo riproposto sulla portatile Nintendo 3DS con una nuova veste grafica e gli splendidi artwork curati da Hidari. Un titolo che fa del posizionamento delle proprie unità e della gestione dei loro punti vitali il principale focus strategico e tattico, garantendo un buon livello di sfida mai frustrante. A questo si aggiunge una rosa di personaggi utilizzabili enorme e sarà impossibile non trovare il proprio (o propri) preferito/i.
*Bonus* Crimzone Clover: World Ignition *Bonus*
E poteva mancare una sh’mup? Recuperato recentemente per puro caso, il titolo si è dimostrato fin da subito degno di nota e probabilmente uno dei migliori che abbia mai giocato (Mushihimesama resta sempre il mio preferito però), un titolo che trae ispirazione dai titoli Cave, con livelli estremamente colorati, ognuno con un feeling diverso dall’altro e un’ottima cura per il gameplay. Sorpresa dell’anno, e se siete amanti di questo genere ormai, purtroppo, per pochi, give it a try che lo trovate su Steam a meno di 2 euro.
The Legend of Zelda: Breath of the Wild
Lo so, lo so. “Ma come, un banalissimo Breath of the Wild come GOTY?”
Ebbene sì. E non solo perché è stato letteralmente il gioco che ha occupato la maggior parte del mio 2017 (iniziato all’uscita, il 6 marzo, l’ho portato a termine solo ora, durante le ferie di Natale), ma è anche uno dei giochi più incredibili che abbia mai giocato in 30 anni di carriera videoludica. Da sempre tantissimi sviluppatori hanno colto a piene mani dalle lezioni impartite da Nintendo con la sua serie fantasy principale. Senza un gioco come Ocarina of Time infatti non avremmo mai avuto capolavori come Shadow of the Colossus o Dark Souls, o ancora Skyrim o The Witcher. Ecco, con Breath of the Wild Nintendo si è ripresa con gli interessi tutte le lezioni prestate ai suoi esimi colleghi, alzando di molto l’asticella della qualità per quel che riguarda gli open world fantasy d’azione in generale.
Il mondo più vasto e denso di cose da fare mai creato, TUTTO interamente generato manualmente con una cura certosina. Un aspetto grafico conscio dei limiti della piattaforma sulla quale gira (sia su WiiU che su Switch) e che quindi non punta al fotorealismo, bensì si lancia sull’estro e lo stile anime che richiama i migliori film dello Studio Ghibli grazie ad un cell shading meraviglioso.
Una colonna sonora minimalista che accompagna l’esplorazione con eleganza e senza risultare invadente, ma ricca di momenti emozionanti. Un engine di gioco innovativo, che nella sua semplicità rende tutta l’ultima avventura di Link un parco giochi in cui sperimentare con qualsiasi oggetto, nemico, potere presente.
Ed è vero, nel 2017 ci sono stati tanti altri titoli immensi (penso ad Horizon: Zero Dawn, a Mass Effect Andromeda, a Nier: Automata o ad Assassin’s Creed Origins) ma il lancio di Switch non poteva essere migliore di così: una rivoluzione in grado di settare nuovi standard per l’intero mercato.
Metroid: Samus Returns
La trilogia di Metroid Prime, su GameCube e Wii, ha rivoluzionato il franchise più serio(so) di Nintendo portandolo nella terza dimensione e mettendo i giocatori letteralmente nei panni di Samus grazie alla visuale in prima persona. Solo Other M, qualche anno dopo, cercò di strizzare l’occhio alla vecchia formula bidimensionale, ma ci volle Axiom Verge o il remake non ufficiale AM2R per far capire a Nintendo quanto i fan volessero tornare ai vecchi fasti.
E così, come antipasto precedente a Metroid Prime 4 su Switch previsto nel 2018, la grande N affida a Mercury Steam il remake ufficiale del secondo capitolo della saga, originariamente pubblicato sul primo GameBoy. E nonostante i pronostici poco favorevoli, Samus Returns si è rivelato un capolavoro, nonché un acquisto obbligato per tutti i possessori di 3DS.
Gameplay perfetto, ambientazione riproposta in maniera magistrale (giocateci con il 3D attivato!) e un’atmosfera pazzesca ne fanno uno dei giochi migliori che il 2017 ci ha portato, anche grazie alle tante novità apportate alla formula di gioco originale. Cacciare gli ultimi esemplari di Metroid non è mai stato così divertente, tant’è che di solito non è mia abitudine completare i giochi al 100%, ma questa volta ho fatto un’eccezione: non avevo nessuna voglia di abbandonare il pianeta SR388!
Wonderboy: The Dragon’s Trap
Altro remake in top 3 per me, quest’anno, grazie ai ragazzi di LizardCube, che hanno preso il capitolo forse più amato della saga di Wonder Boy e l’hanno trasformato per le nuove generazioni con il minimo sforzo necessario, ma con tanto, tantissimo gusto.
Davvero, a parte aver aggiunto un tasto per l’utilizzo degli oggetti speciali, The Dragon’s Trap è lo stesso identico gioco del 1989, e la cosa è sbalorditiva. È pazzesco come, se voleste rimuovere la nuova spettacolare grafica stile bande dessinée (i ragazzi sono francesi) e giocare con la vecchia colonna sonora in chiptune potete farlo in qualsiasi momento per constatare quanto fosse perfetto già allora questo piccolo metroidvania.
Insomma, che siate dei veterani e conosciate a memoria l’originale oppure stiate scoprendo per la prima volta questo capolavoro di provenienza SEGA a 8 bit, rimarrete a bocca aperta da come amore incondizionato e rispetto per l’originale abbiano valso al team il pieno supporto di Ryuichi Nishizawa in persona.
*Bonus* Sonic Mania *Bonus*
Il 2017 è stato il ritorno di moltissimi franchise amati da tantissimi giocatori di tutto il mondo. Oltre a Zelda, Metroid e Wonder Boy, anche Sonic ha fatto il suo ritorno sulle piattaforme di tutto il mondo con ben due titoli! Ma se il più recente Sonic Forces ha continuato una tradizione di titoli tridimensionali del porcospino blu (non certo caratterizzata da gloriosi successi), in agosto SEGA ha pubblicato anche Sonic Mania.
Un gioco realizzato da fan della serie (Christian Whitehead vi dice nulla?) per i fan dei primi capitoli bidimensionali della saga del blue blur. Sonic Mania è una vera e propria lettera d’amore: tra riproposizioni e rivisitazioni di molti dei livelli classici e stage realizzati ex novo, presenta un mix competentissimo di level design e una conoscenza del materiale originale che SEGA stessa pare aver dimenticato.
Se ci aggiungiamo due tipologie di bonus stage, la possibilità di giocare nei panni di Sonic, Tails e Knuckles, una modalità Time Attack davvero coinvolgente e un ritmo praticamente perfetto, capirete perché, dalla sua tardiva release su PC, in settembre, nonostante l’abbia già finito più volte non abbia nessuna voglia di disinstallarlo dalla mia libreria Steam, ben 4 mesi dopo.
Speriamo solo che SEGA impari da questa lezione e la smetta di voler inseguire a tutti i costi Nintendo, per lasciar invece correre Sonic solo su strade che gli portano bene!
Riccardo Trillocco
Nex Machina
La prima partita a Nex Machina mi ha totalmente sconvolto, e pensare che mi ero iscritto alla beta per pura curiosità, senza neanche essere convinto di acquistare poi il gioco completo. Avevo sì giocato i vari Super Stardust, Dead Nation, Resogun, Alienation, apprezzandoli anche parecchio, e ho sempre considerato i finlandesi Housemarque molto bravi nello sviluppare shoot’em up arcade di ottimo livello, ma con Nex Machina è stato amore a prima vista.
L’intro cyberpunk, il primo sparo, la prima esplosione di voxel, la colonna sonora. L’uso attivo e non solo passivo della schivata, i potenziamenti, le aree segrete, i pattern dei nemici, i boss di fine livello. Tutto è dove sarebbe sempre dovuto essere. La mia prima partita è stata una vera e propria scarica di endorfine, una madeleine che mi ha riportato ai pomeriggi della mia infanzia, trascorsi in fumose sale giochi, osservando i più grandi macinare record su record in cabinati per me inaccessibili. Credo che neanche Eugene Jarvis, che ha partecipato come consulante allo sviluppo, osasse sperare in un titolo più riuscito.
Il viaggio iniziato con Robotron: 2084 nel 1982 è finalmente giunto al termine, il dual stick shooter perfetto è stato creato. Nex Machina è una vera e propria droga, che attraverso una giocabilità sopraffina esprime il concetto di sinestesia come nessun videogioco ha mai fatto, neanche gli psichedelici parti della mente di Tetsuya Mizuguchi sono mai arrivati a tanto. Giocatelo, ma non dite che non vi avevo avvertito: una volta provato il gioco perfetto non c’è rehab che tenga, non si torna indietro.
Hellblade: Senua’s Sacrifice
Recensione
Ho sempre considerato Ninja Theory, fin dai (bei) tempi di Kung Fu Chaos sulla prima Xbox, un team estremamente talentuoso. Heavenly Sword, uno dei titoli di lancio di Playstation 3, mi colpì moltissimo, soprattutto dal punto di vista narrativo. Poi sono seguiti Enslaved: Odissey to the West, che riprendeva il celebre classico cinese Viaggio in Occidente (da cui attinse anche Akira Toriyama nel processo creativo che ha portato poi a Dragon Ball), e il reboot di Devil May Cry, famoso più per il restyling in chiave Emo del protagonista Dante, che per i suoi indubbi meriti.
È però con Hellblade: Senua’s Sacrifice che la software house diretta da Tameem Antoniades ha toccato vertici creativi mai raggiunti prima. La genesi dell’opera ha molti punti in comune con quella che è la vera e propria trama del titolo: come Senua decide di abbandonare il suo amato Dillion per addentrarsi nelle terre selvagge, e combattere la sua personale battaglia contro l’oscurità di cui è preda la sua psiche, così Ninja Theory ha abbandonato il comfort dei grandi publisher e dei giochi su commissione per realizzare un’opera matura, coraggiosa, che spinge lo storytelling nei videogiochi un passo più in là, grazie anche alla prova attoriale incredibile fornita da Melina Juergens. Quello di Senua è un viaggio che qualunque appassionato di questo medium dovrebbe intraprendere, sia per l’eccellente commistione tra enigmi, narrazione e fasi action, che per l’incredibile carica emotiva che questo titolo sa trasmettere.
Hellblade mi ha emozionato come pochissime altre opere hanno saputo fare, e non mi riferisco solamente al settore videoludico. Giocatelo, la storia della fragile Senua merita di essere ascoltata.
Uncharted: L’eredità perduta
Nato come semplice DLC di Uncharted 4, nel corso dello sviluppo L’eredità perduta è diventato molto di più: un gioco stand alone con una personalità propria, due protagoniste estremamente carismatiche, alcuni tra gli enigmi più riusciti dell’intera serie, e un lato tecnico/artistico totalmente fuori parametro.
La relazione tra Chloe e Nadine è sviluppata in maniera eccellente, attraverso dialoghi esilaranti e momenti drammatici mai banali. Chiunque abbia provato un titolo Naughty Dog lo sa, i loro giochi sono curati all’inverosimile, non c’è un singolo elemento fuori posto ne L’eredità perduta. Il ritmo di gioco è dosato in maniera eccezionale, tra sparatorie, scazzottate, fasi di guida, enigmi e intermezzi narrativi. Puro intrattenimento, ma di qualità altissima, tanto da avermelo fatto preferire al già eccellente predecessore. Arrivati alla fine vi ritroverete a sorridere, con la gioia nel cuore, un retrogusto dolce in bocca, e la voglia di tornare a far visita alle vostre nuove amiche di tanto in tanto. Sensazioni che solo i migliori videogiochi sanno trasmettere.
*Bonus* Psychonauts in the Rhombus of Ruin *Bonus*
Premetto che Psychonauts è uno dei miei giochi preferiti di sempre, di conseguenza questo spin-off in realtà virtuale partiva avvantaggiato nel tentativo di scalare le mie gerarchie di gradimento ma, visore in testa e pad alla mano, si è rivelato molto più ispirato di quanto avessi osato sperare. Già l’escamotage con cui gli sviluppatori hanno aggirato il rischio motion sickness dimostra quanto abbiano compreso e fatto loro le dinamiche del mezzo espressivo, realizzando un titolo estremamente riuscito, interamente basato sulle peculiarità della realtà virtuale.
Tutto il gioco si svolge durante un volo di linea, con il protagonista, Raz, costretto a passare dalla mente di un passeggero all’altra, per risolvere il mistero dietro al rapimento del leader degli Psychonauts, Truman Zanotto. Nel suo rimbalzare tra una cervello e l’altro il nostro (ormai ex) cadetto psichico si troverà a fronteggiare situazioni assurde, una più esilarante dell’altra. Anche gli enigmi hanno spesso soluzioni geniali, e l’uso della VR è in assoluto il più innovativo che abbia testato finora. Dopo aver provato Rhombus of Ruin sono fermamente convinto che le avventure grafiche vivranno una seconda giovinezza grazie alla realtà virtuale, e non poteva essere che uno dei loro padri putativi a garantirgliela, quel Tim Schafer che ha contribuito a realizzare molti tra i miglori esponenti del genere.
Se uno dei traguardi della vostra vita è passare un rotolo di carta igienica attraverso la telecinesi, per poi dargli fuoco con la sola imposizione della mente, date una chance a Psychonauts in the Rhombus of Ruin, non vi deluderà.
Prey
I primi video di Prey hanno lasciato un po’ tutti interdetti: dove sono le buone idee del primo? Cos’è questo setting à la Alien? Dove vuole andare a parare il gioco, effettivamente? A tutte queste domande Arkane risponde con un level design eccezionale, una sceneggiatura di prim’ordine e un gameplay che non si limita a usare il problem solving come gimmick ma come fondamenta del design del gioco. Il titolo non inventa assolutamente nulla in un genere già “pionerizzato” da titoli come System Shock o Deus Ex, ma piuttosto fortifica e migliora quelle basi, inserendo una quantità abnorme di miglioramenti di quality of life che renderà difficile tornare indietro ai giochi sopracitati.
NieR: Automata
NieR: Automata è uno di quegli esempi dove non ci sarebbe stato nessun’altro momento o luogo più propenso per fare un titolo degno del nome che porta: Square Enix vuole sfruttare i brand che possiede, Taro vuole lavorare su NieR e Platinum Games è formata da fan che vanno fuori di testa quando vedono il lavoro di quel game designer giapponese. Il fascino del mistico setting post-apocalittico che fa da background alle tragedie di NieR dona quel gusto bittersweet all’atmosfera che è sin dal precedente gioco il marchio di fabbrica del lavoro di Taro, oltre a ovviamente altri dettagli non secondari: il primo, uno spintissimo character design che non dispiace affatto, e il secondo, l’inserimento della meta-narrativa in un modo estremamente naturale, piacevole, non forzato e pregno di significato. Una pietra miliare del videogioco.
Figlio delle mani ormai esperte di Team Ninja, Nioh è riuscito a recuperare una sua identità, fuggendo dal development hell in cui si ritrovò anni dopo l’annuncio della versione PS3 in un ormai archeologico E3, ritrovando nella serie di Dark Souls l’ispirazione: alcune meccaniche punitive proprie della serie di Miyazaki non inficiano un gameplay che, a differenza della serie From Software, fa della velocità d’esecuzione e reazione una delle parti più utili dello skillset richiesto al giocatore. Una release su PC sorprendentemente riuscita lo ha reso, senza troppi dubbi, uno dei migliori action recenti, anche grazie a una quantità di contenuti da non sottovalutare.
*Bonus* Guilty Gear Xrd Rev2 *Bonus*
Non sono pochi i giochi che hanno una iperbolica (e terrificante) curva d’apprendimento all’esatto avvio del titolo, e che non esitano affatto a lasciarvi innumerevoli lividi in ogni parte del vostro corpo: tra questi compaiono serie come WipEout, X-COM, S.T.A.L.K.E.R., e solo recentemente mi sono sentito in diritto di aggiungere Guilty Gear a questa mia lista di esperienze fortificanti. Partire con un picchiaduro così tecnico anche nella sola esecuzione come primo effettivo assaggio del genere non è solo stato, personalmente, un’esperienza formativa, ma ha sopratutto recuperato qualcosa che era per me ormai mitologico: il divertimento della competizione tra amici mentre si condivide lo stesso schermo. Imparare combo o anche solo i più semplici input d’esecuzione dopo innumerevoli tentativi richiede sicuramente impegno (e pazienza) magistrali, che vengono però ricompensate al 100% se si conferisce un minimo di valore ad ogni proprio progresso. Un po’ come nella vita.
GT Sport
Criticato, osteggiato… ma soprattutto amato. GT Sport ha premuto sui tasti della nostalgia. È rimasto indietro su molte cose, è vero, ma a un vecchio amico si perdonano più volentieri gli errori, no? E poi GT Sport è un inno alla passione per le auto: guidale, corrici ma soprattutto… ammirale. E per farlo ti offre tutti gli strumenti possibili. GT Sport è un buon vino di cui si gode nel vederne il colore e assaporarne la fragranza, una pipa che sbuffa mentre si guarda il mare.
Cuphead
Non è il Dark Souls dei run’n’gun. Cuphead è il Cuphead dei run’n’gun. Una produzione che non ha nulla da invidiare a nessuno e che grazie a una direzione artistica illuminata e un gameplay solido ed efficace, regala divertimento, un sacco di parolacce e lascia la voglia di tornare, di fare meglio, di superarci.
Ultimamente di giochi così ce ne sono pochi… quindi perché lasciarsi sfuggire una perla del genere?
Wolfenstein II The New Colossus
Il capitano William J. Blazkowicz è tornato. E il coraggio di chi l’ha fatto tornare ancora è stato enorme: nessun multiplayer. E quindi? Quindi Wolfenstein si riconferma come una delle storie meglio scritte per un FPS, avendomi preso a schiaffi con la sua sceneggiatura sempre in tensione, il suo sparaspara frenetico e i suoi personaggi che guadagnano sempre più spessore. E poi quando vi ricapita di giocare praticamente “The Man in the High Castle” di Philip K. Dick?
*Bonus* Sonic Mania *Bonus*
Recensione
Sono l’uomo della nostalgia, s’era capito? Sonic mi ha da sempre regalato infinite ore di divertimento grazie al suo gameplay unico e frenetico. Quando ho saputo di questo remake, unitamente al fatto che sarebbe uscito anche su Nintendo Switch, non ho più capito nulla: dovevo averlo. Sonic quando voglio, come voglio? Si, grazie!
La ricetta funziona, è buona, non è allungata con acqua e, soprattutto, il rapporto qualità/prezzo è superlativo. Io una stella Michelin a questo piccola gioia gliel’ho appioppata. Sperando che non sia l’ultima per quanto riguarda il nostro porcospino blu. Gotta go fast!